Palermo, 02/06/2011 - "Per ricordarmi che non siamo papere a cui è attaccata un'etichetta...", scrive Massimo Ghetti sul suo "weblog dai sobborghi", proprio nel giorno in cui a Palermo una muta di cani randagi fa strage della colonia di papere del Giardino Inglese, chiassosamente soggiornanti al fresco della bella fontana.
L'ispettore cinofilo della Polizia municipale non ha potuto fare altro che recuperare le carcasse dei poveri volatili. Nell'isolotto al centro del laghetto del Giardino Inglese, solo 4 delle 7 papere sono state trovate morte mentre delle altre 3 nemmeno l'ombra: scomparse.
Tutto ciò non ha niente in comune con la storia che racconta Massimo Ghetti nel suo blog, se non il fatto che protagoniste sono ancora le papere e "un paesino sui monti Nebrodi, dove era cresciuto mio nonno", scrive Ghetti che - però - non rivela il nome del paesino: peccato!
In tutto questo troviamo alcuni elementi che colpiscono, tra cui il massacro delle anatre del Giardino Inglese ad opera dei cani. L'aspetto positivo - invece - è da leggere nel racconto di Ghetti, testimone della natura semplice e incontaminata dei Nebrodi, dove gli animali vivono in simbiosi con l'uomo, senza etichette alle zampe. Perché alla Zia Filippa non riesce difficile riconoscere le sue anatre e non ha bisogno di censirle con l'etichetta alla zampa.
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Etichette per papere
Da piccolo, quando arrivava l’estate, mia nonna portava me e i miei fratelli in un paesino sui monti Nebrodi dove era cresciuto mio nonno. Lì, a casa di una zia che era solita ospitarci, trascorrevamo alcune settimane in attesa di trasferirci al mare con i nostri genitori.
La zia Filippa aveva tanti animali, tra i quali delle papere che se ne stavano tutto il giorno a starnazzare in giro per il cortile. Una sera io e mio fratello entrammo nel pollaio e ci divertimmo a ‘segnare’ tutte le papere mettendo una strisca di nastro adesivo intorno al collo delle loro zampe.
La mattina dopo la zia Filippa corse da mia nonna e le disse:
- zia Maria, si purtàrunu i pàpiri
- comu si purtàrunu? - replicò mia nonna
- li scanciàrunu, si purtàrunu i mei e mi lassàrunu chill’àvutre signate.
Vedendo le papere con quelle targhette ai piedi, Zia Filippa non le riconobbe e pensò che le sue fossero sparite e che quelle fossero di qualcun’altro.
Ogni tanto ripenso a questa storia per ricordarmi che non siamo papere a cui è attaccata un'etichetta.
Il weblog dai sobborghi di Massimo Ghetti: http://ghetti.myblog.it
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Foto: http://www.cartacollafantasia.it/QUADRI/quadri.htm
Il paesino di cui parlo, ed al quale sono legati molti miei ricordi d'infanzia, è Floresta.
RispondiEliminaCiao e grazie della citazione.
Massimo Ghetti