Castelvetrano sia ricordata per il filosofo Giovanni Gentile non per Matteo Messina Denaro

Conte a Castelvetrano: "La città sia ricordata per il filosofo Gentile non per Matteo Messina Denaro. Alfano ha fatto tanto nonostante il dissesto”. 31/05/2024 - “La città deve essere ricordata per le cose belle non per quelle brutte, deve essere riconosciuta per il filosofo Giovanni Gentile, originario di Castelvetrano, e non per Matteo Messina Denaro”. Lo ha detto il presidente del M5S Giuseppe Conte oggi a Castelvetrano, una delle sue otto tappe siciliane, al fianco di Giuseppe Antoci, capolista Isole alle europee per il M5S, e degli altri candidati Cinque alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Di Enzo Alfano, il sindaco 5 Stelle di Castelvetrano uscente, Conte ha evidenziato: “Sono stai anni difficili per lui. Quando c'è un dissesto finanziario un sindaco ha le mani legate e bisogna tenerne conto, altrimenti non si riesce a capire i miracoli i che ha fatto avendo le mani legate. Qui c'è stata un'amministrazione che ha contrastato il malaffare, qualsia

"Comu si li cugghièru li beddi pira?”: chiarito il giallo delle pere

Tra i misteri italiani più trascurati e inesplorati del secolo ce n’è uno che da decenni rimane sotto gli occhi di tutti o, meglio, sotto le orecchie di tutti, senza che le ‘autorità’ competenti se ne facciano carico per chiarirne gli aspetti tutt’oggi oscuri e mai adeguatamente indagati. Tra i tanti che negli anni lo hanno raccontato, pubblicato e citato, il merito di un serio tentativo di dipanare le trame del mistero va attribuito ad un gruppo di ‘Mammasantissima’ di Agrigento: Aldo Zannelli, Titino Italia, Roberto Fiore, Mario Ferrara, Umberto Brotto, Francesco Moscuzza, Pino Filippelli. 

05/08/2023 – I ‘Mammasantissima’ decisero di farsi carico del 'pobbrema', con l'intento di girarci un film giallo. Il problema era scoprire “comu si li cugghieru li beddi pira”. L’unica cosa chiara nella vicenda era il furto di certe pere dall’albero, in circostanze mai chiarite, col dubbio che il furto fosse stato perpetrato 'affettivamente' senza scala.

- Senza scala?
- Senza scala!
- E comu s'i cugghieru?
- Intanto s’i cugghieru!

Altra certezza: i malfattori erano stati fortunati nel salire, ma non altrettanto fortunati nello scendere, poiché scendendo si ruppe un ramo. A farne le spese è una povera ragazza che, in seguito al furto delle pere, è costretta a rinunciare al sogno d’amore. Andando avanti nel racconto si scopre che, probabilmente, non solo di pere si trattò ma pure di ciliegie:
E non mi maritu no,
e non mi maritu no,
schetta mi stai
tirollalà.

Il trallalà lascerebbe intendere che non c’è dolore nella prospettiva di non sposarsi. Ma sarà così o è solo per dispetto? Il canto - infatti - appartiene al genere delle canzoni di sdegno ("si voi canzuni ti nni cantu un pugnu / d'amuri, gelosia, spartenza e sdegnu")

Non dello stesso avviso è il padre della ragazza, che l’ammonisce:

E cu doti e senza doti,
E cu doti e senza doti,
t’hâ maritari
tirollallà.

Se vi dovesse capitare di imbattervi in qualcuna delle versioni pubblicate nel web, di questa canzoncina popolare siciliana (Comu si li cugghieru li beddi pira), vi consigliamo di non prendere troppo sul serio alcune delle versioni più facilmente rintracciabili.
Certune di queste versioni, ad esempio, nella seconda parte così fanno:

Cchiù ti taliu e cchiu addiventu siccu
tirollallà tirollallallà,
mi sentu cu' la testa d'intra un saccu
tirò tirollallà.

Pi' jiri appressu a tia persi la testa
tirollallà tirollallallà
e ora lu me cori è sempre in testa.

Mettendo da parte l’ironia - infatti - è giusto considerare che ogni cosa debba avere un limite. Pure se si tratta di una canzoncina costruita sostanzialmente per ‘giocare’ attorno al dramma dell’eterno contendere tra l’uomo e la donna, laddove il furto delle pere o delle ciliegie simboleggia il frutto (e il furto) dell’amore (carpito). E la rottura del ramo, la perdita della verginità, come incidente di percorso, assai 'pregiudizievole' per una donna nubile…

Nel repertorio partenopeo, ad esempio, in Sia maledetta l'acqua, ricorre:

Pe' pruvare acqua doce de' piscina
me so' spaccata la cicinnatella.
Me s'è rotta la langella
marammé che pozzo fare,
vicini miei sapitela sanare.

Ma pure:

Boccuccia de 'no pierzeco apreturo,
mussillo de 'na fica lattarola,
s'io t'aggio sola 'nt'a chess'uorto
'nce resto muorto
si tutte 'sse cerase nun te furo.

Il primo dei due esempi allude all’acqua pura “de piscina” e simboleggia la perdita della purezza (o verginità) con la rottura della 'cicinnatella': mi si è rotta la langella / amara me, come potrò fare / vicini miei sappiatela risanare

Nel secondo esempio il maschio blandisce la fanciulla definendola “boccuccia di una pesca matura / musetto di un fico lattarolo (1)’, ma è disposto a sfidare la morte pur di riuscire a rubarle ‘tutte quelle ciliegie” (cerase): per dritto o per storto ottenere il frutto dell'amore o del desiderio...

I ‘Mammasantissima’, un glorioso e quotato gruppo musicale e di cabaret di Agrigento ne fecero una versione decisamente dissacratoria, interpretandola a tempo di tango e inserendovi dei dialoghi ironici ed esilaranti. Nel testo eseguito dai ‘Mammasantissima’ non sono presenti gli improbabili versi di cui sopra (“Cchiù ti taliu e cchiu addiventu siccu, etc”); versi che – peraltro – si riscontrano in decine di altre canzonette siciliane appiccicaticce, con l’unico scopo di allungare un brodo fatto senza sapienza, con avventatezza e improvvisazione.

Ma niente paura per le sorti della ragazza, perché, in simili circostanze, il proverbio siciliano è ottimista e prevede che: “Bucca baciata non perdi vintura” (Bocca baciata non perde ventura). 
Una accettabile e canonica versione della canzoncina è quella seguente:

COMMU SI LI CUGGHIERU LI BEDDI PIRA

Comu si li cugghièru li beddi pira
e comu ci acchianàru senza scala?
A lu ‘cchianàri èbbiru furtùna
a la scinnùta si rumpìu ‘na rama.

E non mi marìtu no
e non mi marìtu no
e non mi marìtu no
schetta mi stai tirollallà.

E cu doti e senza doti
e cu doti e senza doti
e cu doti e senza doti
t’ha maritàri, tirollallà.

Comu si li cugghièru li beddi pira
e comu ci acchianàru senza scala?
.....................

Nun chìanciu li pirìdda e li giràsi
chiànciu la cunfidenza chi ti desi.
.....................

E non mi marìtu no
etc. etc.
...................


E cu doti e senza doti
e cu doti e senza doti
..............................

La ragazza non rimpiange tanto le pere nè le ciliegie, quanto la confidenza data al maschietto malfattore.
Diffidate dalle imitazioni!
___________
(1) Fico “Lattarola”: Varietà unìfera presente nel Nord Salento, buona per l’essiccazione.
Il nome deriva dalla notevole quantità di latice che sgorga al distacco dei siconi; questi sono sferici o a trottola ed elegantemente costoluti. Matura nella seconda decade di agosto.
http://www.masseriaficazzana.it
http://grano.leonardo.it/blog/vitti_na_crozza_2.html

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