Castelvetrano sia ricordata per il filosofo Giovanni Gentile non per Matteo Messina Denaro

Conte a Castelvetrano: "La città sia ricordata per il filosofo Gentile non per Matteo Messina Denaro. Alfano ha fatto tanto nonostante il dissesto”. 31/05/2024 - “La città deve essere ricordata per le cose belle non per quelle brutte, deve essere riconosciuta per il filosofo Giovanni Gentile, originario di Castelvetrano, e non per Matteo Messina Denaro”. Lo ha detto il presidente del M5S Giuseppe Conte oggi a Castelvetrano, una delle sue otto tappe siciliane, al fianco di Giuseppe Antoci, capolista Isole alle europee per il M5S, e degli altri candidati Cinque alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Di Enzo Alfano, il sindaco 5 Stelle di Castelvetrano uscente, Conte ha evidenziato: “Sono stai anni difficili per lui. Quando c'è un dissesto finanziario un sindaco ha le mani legate e bisogna tenerne conto, altrimenti non si riesce a capire i miracoli i che ha fatto avendo le mani legate. Qui c'è stata un'amministrazione che ha contrastato il malaffare, qualsia

TINDARI, EDIPO E ANTIGONE: BISOGNA SMETTERLA DI INCHIODARE I PIEDI ALLE PERSONE

Tindari (Me), 17/08/2012 - La prima questione è che bisognerebbe una volta per tutte, su questa terra, smettere di inchiodare i piedi alle persone. Prima o poi bisognerà proibire simili turpitudini e non saranno le leggi, purtroppo, a sconfiggere tanta barbarie. E quest'altra tirannide, di condurre sui monti i condannati a morte, sul Calvario o sul monte Citerone, è un'altezzosa prepotenza che non si sopporterebbe più, se tiranni e ingiustizia non fossero di questo mondo, a contendere pure al Cielo il potere. Ieri come oggi la colpa e la verità sono ambedue inchiodate dalla stessa bestiale violenza, dalla stessa pochezza, dalla stessa pavidità che impedisce al potere di inchiodare se stesso, semmai. L'altrui dolore è per il vigliacco la sola maniera di redimersi.
Se Laio, re di Tebe, avesse accettato e accolto la predizione dell'oracolo, che un eventuale figlio nato dalle nozze con Giocasta, lo avrebbe ucciso, non avrebbe deciso di sbarazzarsene inchiodando i piedi del povero bambino (suo figlio) col fil di ferro, per poi darlo in consegna ad un pastore perché lo abbandonasse sul monte Citerone;

e se il pastore tebano avesse eseguito la 'condanna' anziché affidarlo a un pastore di Corinto cosa ne sarebbe stato della storia dell'umanità o della leggenda, del mito, di Edipo e di Antigone con tutta la loro settima generazione? Sarebbe mai, il bambino, arrivato a re Polibo, che non avendo figli decise di adottarlo? Sarebbe mai diventato Edipo, come re Polipo chiamò il piccolo dai piedi divorati dalla cancrena?

E Edipo avrebbe mai seguito la predizione dell'oracolo, uccidendo il proprio padre e sposando la sua stessa madre?
Vorrà dire che la leggenda (e l'uomo) tiriamo fuori l'oracolo ogni qualvolta conviene dare ad esso la colpa delle nostre magagne, per non farci carico delle nostre indecisioni, dei nostri gesti, della nostra bestialità?

Vorrà dire che l'uomo può avere un destino felice, potente o prepotente pure avendo avuto i piedi inchiodati, destino dal quale a volte si resuscita, dal quale a volte ci si libera o si viene liberati?

Vorrà dire che pure dopo avere avuto i piedi 'inchiodati' si potranno correre i 200 metri piani e, come Oscar Pistorius, mettersi con onore ai blocchi di partenza ai Giochi di Londra 2012 per concorrere al pari dei campioni olimpici?
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Vorrà dire che i piedi sono nella mente e nel cuore, nella coscienza e nell'anima? Se Laio ferisce i piedi di Edipo vorrà dire che per “l'oracolo” reichiano, che pone i piedi al 7° livello, Edipo deciderà di accecarsi, pure se gli occhi fanno parte del 1° livello?
Vorrà dire che al pari della mancanza dei piedi pure senza gli occhi, pure senza la vista l'uomo è arbitro di vincere la pochezza, la pavidità, l'inganno della castrazione per divenire geniale più di un vedente?
Non sappiamo, a dire il vero, qua si tratterebbe di teatro... Si tratterebbe di teatro e musica, di recitazione e suggestione. Ma è Tindari che scioglie i suoi piedi e aguzza l'ingegno ogni qual volta riapre la cavea del suo teatro antico alle rappresentazioni classiche. O se preferiamo al buon teatro. Come fece il regista barcellonese Michele Stilo nel 1956, riaprendo quel teatro antico alle rappresentazioni classiche con la follia dell'Aiace di Sofocle, dopo 2000 anni di oblio.

Lo scorso 14 agosto il teatro antico di Tindari ha portato in scena Edipo/Antigone con Vanessa Gravina ed Edoardo Siravo, con le musiche composte ed eseguite dal vivo dal violoncellista Luca Pincini, con la regia di Antonio Silvia e la notevole drammaturgia del prof. Filippo Amoroso.

Buon teatro, appunto! Finalmente!

m.m.
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