Castelvetrano sia ricordata per il filosofo Giovanni Gentile non per Matteo Messina Denaro

Conte a Castelvetrano: "La città sia ricordata per il filosofo Gentile non per Matteo Messina Denaro. Alfano ha fatto tanto nonostante il dissesto”. 31/05/2024 - “La città deve essere ricordata per le cose belle non per quelle brutte, deve essere riconosciuta per il filosofo Giovanni Gentile, originario di Castelvetrano, e non per Matteo Messina Denaro”. Lo ha detto il presidente del M5S Giuseppe Conte oggi a Castelvetrano, una delle sue otto tappe siciliane, al fianco di Giuseppe Antoci, capolista Isole alle europee per il M5S, e degli altri candidati Cinque alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Di Enzo Alfano, il sindaco 5 Stelle di Castelvetrano uscente, Conte ha evidenziato: “Sono stai anni difficili per lui. Quando c'è un dissesto finanziario un sindaco ha le mani legate e bisogna tenerne conto, altrimenti non si riesce a capire i miracoli i che ha fatto avendo le mani legate. Qui c'è stata un'amministrazione che ha contrastato il malaffare, qualsia

PRECARI A SCUOLA, LE INTENZIONI DEL NUOVO MINISTRO ANCORA NEBULOSE

In una scuola dove il precariato ha ancora dimensioni abnormi, le modalità del reclutamento del personale appaiono nelle intenzioni del nuovo ministro ancora nebulose
Palermo, 20/03/2014 - Quali sono le effettive intenzioni del ministro del MIUR in materia di reclutamento del personale del comparto scuola rimane a tutt’oggi un mistero.


Dalle sue dichiarazioni alla stampa risulta la sua contrarietà ai concorsi che a suo dire avrebbero provocato più problemi e conflittualità che vantaggi. Sembra quindi alla ricerca di nuove modalità e di nuove procedure per l’assunzione del nuovo personale: quali sarebbero tali nuove modalità e procedure oggi non è ancora dato sapere. Si sono però già scatenate roventi polemiche sull’ipotesi che possano essere direttamente le scuole, secondo un criterio privatistico e attraverso la valutazione del curricolo personale, a fare le nuove assunzioni.

Nell’agone sono riscesi anche folkloristici e pittoreschi “esperti” padani di cose scolastiche che colgono l’occasione per tornare a riproporre “le riserve indiane” per il personale della scuola con tesi riassumibili in slogan del tipo: “sei nato a Canicattì? potrai insegnare solo lì”. La scuola non ha bisogno di facezie, bensì di provvedimenti seri. Il ministro ha fatto cenno all’ipotesi di “tirocini formativi nell’ottica, anche di un ringiovanimento del personale docente”. Viene da chiedersi: ringiovanimento anagrafico e/o culturale? Dei precari con i capelli bianchi che ne sarà? Intende il ministro pensare ad un aggiustamento dei TFA e degli imminenti corsi PAS per il conseguimento dell’abilitazione, e poi? È certo che, dopo vari tentativi fatti negli scorsi decenni di riportare ad un numero fisiologico ed accettabile il numero dei docenti e del personale ATA precario, ci troviamo intanto in una situazione patologica: attualmente i precari della scuola sono circa 160.000. Costituiscono un esercito di riserva che la scuola utilizza quando servono e che lascia a casa in occasione di modifiche in diminuzione agli organici: modifiche a volte realizzate attraverso artifici dettati esclusivamente dall’esigenza di tagliare la spesa.

Il fenomeno del precariato nella scuola italiana è sempre esistito, pur con alcune fasi alterne di riacutizzazione e di remissione. Forse lo si potrebbe definire un vizio antico: nella seconda metà dell’800 i maestri venivano ogni sette anni licenziati per poi essere riassunti, in modo da impedire così la loro immissione in ruolo. Anche durante i primi decenni del ‘900 il precariato nella scuola ha assunto proporzioni notevoli: nel periodo 1932-1940 i precari nella scuola secondaria e all’università oscillavano tra il 56,1 % e il 69,7% con punte del 78% rispetto al personale in servizio. Il fenomeno continuò ad essere rilevante con il 50% sino all’inizio degli anni settanta. L’istituzione della nuova scuola media (1962) e l’inizio della scolarizzazione di massa, mantennero alto il livello del precariato.

A prescindere dalla volontà politica, si dimostrarono inadeguati i vecchi strumenti dei concorsi abilitanti e di quelli finalizzati al conseguimento dell’idoneità e all’immissione in ruolo. Sotto la spinta dei sindacati il Ministero della P.I. con la legge 1074/1971 istituì l’incarico a tempo indeterminato e su tutto il territorio nazionale attivò dei corsi abilitanti. La legge 474 del 1973 consentì l’immissione in ruolo di circa 200.000 docenti riducendo il precariato dal 52% al 28%. La legge 463/78 e successivamente la 270/82 diedero un’altra forte spinta alla soluzione del problema con l’immissione in ruolo di altre decine di migliaia di docenti. La legge 326/1984 e la 246/1988 costituirono delle appendici ai precedenti provvedimenti. La legge 417 del 1989 introdusse il meccanismo del doppio canale (50% dei posti attribuiti ai vincitori dei concorsi e 50% ai precari inseriti nelle graduatorie in possesso di abilitazione e di almeno 360 giorni di servizio).

La legge 417 riuscì a ridurre notevolmente il precariato avendo fatto registrare negli anni immediatamente successivi una forte riduzione degli incarichi annuali. Negli anni ‘90 i governi cominciarono a frenare le assunzioni in ruolo ed esaurite le graduatorie del concorso conclusosi nel ‘92 non furono attivati nuovi concorsi cosicché nel ‘99 i docenti precari aumentarono nuovamente raggiungendo la soglia del 20%. La legge 124 del 1999 istituì le graduatorie permanenti divise in fasce in relazione all’origine dei titoli d’accesso (idonei ai concorsi, abilitati con i corsi brevi, abilitati con la frequenza e il superamento degli esami alle SSIS).

Negli ultimi anni il blocco delle assunzioni, eccezion fatta per quelle che hanno consentito l’esaurimento delle graduatorie dei concorsi antecedenti il 2000, ha portato ad un nuovo notevole aumento dell’esercito dei precari. L’iniziativa del ministro Profumo di reintrodurre la procedura concorsuale, con evidente danno di chi da anni è inserito in graduatoria ad esaurimento con punteggi che in alcuni casi rispecchiano carriere precarie quasi ventennali, non ha sortito e non poteva sortire di fatto risultati risolutivi del fenomeno in un contesto dove tra l’altro prevale ormai “l’incertezza del diritto”. I concorsi, come dimostrano anche le vicende concorsuali dei dirigenti scolastici, vengono regolarmente contestati, bloccati e a volte annullati in sede giudiziaria per irregolarità procedurali vere o presunte.

Il percorso del conseguimento delle abilitazioni con tirocinio e successivo inserimento in graduatorie, può ancora essere una soluzione di cui verificare ed apprezzare la bontà in itinere con azioni di tutoraggio meglio organizzate e più qualificate rispetto a quelle che attualmente si realizzano per i docenti in prova. Intanto occorrerà verificare se gli impegni presi dal ministro Maria Chiara Carrozza si tramuteranno in reali assunzioni. Secondo quanto precedentemente deciso dovrebbero essere assunti nei prossimi mesi in vista del nuovo anno scolastico 2014/2015, attingendo per il 50% alle graduatorie e per il 50% ai concorsi del 2012, 18.546 unità di personale tra docenti e ATA per un totale nel triennio di 82.055 persone. Se ciò sarà confermato, non sarà la soluzione del precariato, ma certamente uno sfoltimento considerevole della schiera degli aspiranti ad un lavoro stabile nella scuola.

Giovan Battista Puglisi
Direttore Editoriale della “Letterina”

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