Castelvetrano sia ricordata per il filosofo Giovanni Gentile non per Matteo Messina Denaro

Conte a Castelvetrano: "La città sia ricordata per il filosofo Gentile non per Matteo Messina Denaro. Alfano ha fatto tanto nonostante il dissesto”. 31/05/2024 - “La città deve essere ricordata per le cose belle non per quelle brutte, deve essere riconosciuta per il filosofo Giovanni Gentile, originario di Castelvetrano, e non per Matteo Messina Denaro”. Lo ha detto il presidente del M5S Giuseppe Conte oggi a Castelvetrano, una delle sue otto tappe siciliane, al fianco di Giuseppe Antoci, capolista Isole alle europee per il M5S, e degli altri candidati Cinque alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Di Enzo Alfano, il sindaco 5 Stelle di Castelvetrano uscente, Conte ha evidenziato: “Sono stai anni difficili per lui. Quando c'è un dissesto finanziario un sindaco ha le mani legate e bisogna tenerne conto, altrimenti non si riesce a capire i miracoli i che ha fatto avendo le mani legate. Qui c'è stata un'amministrazione che ha contrastato il malaffare, qualsia

"Giornata della Fede": Pirandello donò il Nobel alla patria e divenne P. Randello

Oggi 18 dicembre ricordiamo la "Giornata della Fede: il 18 dicembre 1935, 87 anni fa, gli italiani erano chiamati a consegnare le fedi nuziali alla Patria, ricevendo in cambio anelli di metallo senza alcun valore affettivo nè intrinseco. Un matrimonio simbolico con la patria fascista: sacerdoti e vescovi benedissero quelle fedi ricevute in cambio, nell’Italia riconciliata con il cattolicesimo. Con la colletta si cercava di fare fronte alle sanzioni imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni per l’aggressione all’Etiopia.

18/12/2022 - Il 18 dicembre 1935 viene ricordato come la "Giornata della Fede": gli italiani furono costretti a ‘donare’ le loro fedi nuziali in cambio di anelli senza senso e senza valore alla Patria Fascista in guerra. Sacerdoti e vescovi benedissero quelle fedi in metallo ricevute in cambio, nell’Italia riconciliata con il cattolicesimo. Già dai primi giorni di ottobre gli italiani avevano conferito gioielli di famiglia, orologi, medaglie, argenteria da tavolo, coppe ricordo e quant’altro. La cosiddetta “donazione collettiva” fece incetta di oro, argento e delle fedi nuziali senza remore né scampo.

La «Giornata della Fede», messa in scena dal regime, elevò la campagna di propaganda al rango dell’eroismo patriottico e lo sforzo dei media fu certamente forte: la radio e i giornali non furono i soli strumenti di propaganda. L'Istituto Luce, infatti, realizzò dei cortometraggi che venivano proiettati prima dei film nelle sale cinematografiche.
Ai manifesti murali si aggiunsero le cartoline postali e la stampa illustrata: la «Domenica del Corriere» e il «Popolo d’Italia», lasciarono sufficiente spazio a illustratori famosi e poco noti, che contribuirono a dare corpo al ‘virile’ apparato propagandistico.
In tutto il Paese furono raccolti 33.622 chili d’oro e 93.473 d’argento.

L’arcivescovo di Messina  

La Chiesa cattolica fu adeguatamente coinvolta, così come le istituzioni e i notabili, intellettuali e personalità di fama. L’arcivescovo di Messina, monsignor Angelo Paino, testimoniò come nessuna famiglia, neppure la più povera, si fosse sottratta al ‘dovere’ di donare alla patria «qualche monile, qualche oggetto prezioso, anche caro ricordo». 
L’Oro alla patria vide tra i donatori eccellenti pure Benedetto Croce e Luigi Albertini tra gli intellettuali più influenti.

Da Pirandello a P. Randello

Luigi Pirandello decise di donare alla patria la medaglia del Premio Nobel: l'8 novembre 1934 l'Accademia di Svezia aveva conferito al geniale scrittore e commediografo siciliano il Premio Nobel per la letteratura “Per il suo ardito e ingegnoso rinnovamento dell'arte drammatica e teatrale”.
Pirandello descriverà poi la sua decisione di aderire al fascismo in «Il fu Mattia Pascal», ma non solo: nel 1924, infatti, lo scrittore di Girgenti, il 17 settembre 1924, aveva chiesto l’iscrizione al Partito Fascista. con cerimonia pubblica e solenne, pochi giorni dopo l’uccisione di un deputato fascista, Armando Casalini. 

Riviste come “Il becco giallo” lo chiamarono P. Randello: un disegno del 1924 mostrava Luigi Pirandello in corteo mentre sfilava sotto le finestre del Senato dove si affacciavano Mussolini & C., tra cui Puccini e Leoncavallo. 
Ma l’entusiasmo di Pirandello per il fascismo fu di breve durata: il suo rapporto con il Regime non durò a lungo.

Commenti