Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

Cambiare lo sciopero, contestare il Congresso della CGIL

05/03/2010 - di Pietro Ancona - La questione dell'art.18 di fatto abolito è già scomparsa dai giornali. Un silenzio mortale è seguito alle scarne, ambigue e per certi versi anche rivelatrici, interviste rilasciate ieri da tre leaders delle Confederazioni che da sole rappresentano dodici milioni di persone e che non vengono chiamate
alla lotta contro un vulnus che li rinvia all'era pre-civile dei senza diritti. Solo Bonanni è riintervenuto sulla questione per confessare di avere partecipato alla stesura del provvedimento e per difenderlo affermando il falso e cioè che l'arbitrato non sostituirebbe il giudice. Epifani si è limitato a dire che, se ce ne saranno le condizioni, ricorrerà alla Corte Costituzionale. Forse tra quattro o cinque anni quando il mercato del lavoro avrà registrato milioni di vittime. Il PD ha votato contro ma si tratta di una formalità per mettersi le carte in regola con i propri elettori e per non tagliare i ponti con la cultura giuslavorista che ha protestato scandalizzata con un documento sottoscritto dai suoi massimi esponenti.
Oggi si parla d'altro. Il tormentone delle liste di Formigoni e della Polverini tiene banco e si vorrebbe
un decreto che faccia strame del diritto. Anche la questione della patata continua a tenere banco. Del fatto che venti milioni di cittadini vengono privati del diritto di ricorrere ad un giudice e della tutela del loro posto di lavoro alla grande stampa controllata dalla borghesia italiana che vive di evasioni fiscali, truffe, lavoro nero e che si sente impastoiata dai contratti e dai diritti non importa.
Soltanto Paolo Ferrero e Roberta Fantozzi di Rifondazione Comunista hanno deciso di reagire con uno sciopero della fame che rischia però di restare isolato o un fatto confinato in Internet se non ci sarà un sostegno più ampio e non si costruirà un movimento di vera opposizione. Uso l'aggettivo "vera" dal momento che la simulazione di gesti e di sentimenti di solidarietà è purtroppo più diffusa di quanto si creda.
Intanto bisognerebbe con un tam tam immediato preparare la trasformazione dello sciopero della CGIL che, come è noto, si limita a chiedere l'elemosina di una mancia fiscale di 500 euro, in sciopero per il pieno ripristino dell'art.18. Bisognerebbe preparare migliaia e migliaia di cartelloni per questo da portare nei cortei e nei comizi il 12 marzo. A questo fine bisognerebbe propagandare subito in assemblea quanto è successo, preparare un volantino da fare arrivare dappertutto, chiedere aiuto alle radio popolari, usare alla grande internet e Facebook.
Inoltre, bisogna contestare alla radice il Congresso della CGIL che si svolgerà, dopo un dibattito
e votazioni assai discutibili, in un clima surreale che prescinde dalla gravità della condizione dei lavoratori. La legge approvata dal Senato è una legge di precarizzazione di tutto il lavoro. Finalmente Monti e quanti altri si sono lamentati dei privilegi dei genitori tutelati rispetto ai figli precari potranno dichiararsi soddisfatti. Ora siamo tutti precari, tutti licenziabili, tutti esposti agli appetiti anche i più osceni del padronato.
Rifondazione Comunista ed il Manifesto debbono smetterla di vedere la CGIL di oggi come una grande organizzazione democratica al servizio dei lavoratori. La CGIL è controllata, attraverso il suo apparato, dal PD che privilegia il rapporto con la Confindustria e che, anche con i suoi Governi, ha contribuito a demolire i diritti dei lavoratori. Bisognerebbe ricordare che è stato il governo D'Alema a mettere in discussione l'art.18 respinto dalla grande manifestazione di Roma organizzata dalla CGIL di allora e la raccolta di oltre cinque milioni di firme. Oggi la CGIL non mette in discussione il suo rapporto unitario con CISL ed UIL, la sua discriminazione dei sindacati di base, la sua simpatia per l'UGL di area di destra come peraltro si è visto con la candidatura della Polverini a Roma. Questa CGIL deve essere cambiata radicalmente. Ma questo non è previsto da nessuna delle due mozioni.
La contraddizione di una popolazione di iscritti combattiva, democratica, progressista, schierata per i diritti e una politica espressione degli interessi moderati del PD interpretati da una burocrazia sindacale che ha la prospettiva soltanto nella sussidiarietà e negli enti bilaterali deve essere sciolta.

Pietro Ancona
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