Castelvetrano sia ricordata per il filosofo Giovanni Gentile non per Matteo Messina Denaro

Conte a Castelvetrano: "La città sia ricordata per il filosofo Gentile non per Matteo Messina Denaro. Alfano ha fatto tanto nonostante il dissesto”. 31/05/2024 - “La città deve essere ricordata per le cose belle non per quelle brutte, deve essere riconosciuta per il filosofo Giovanni Gentile, originario di Castelvetrano, e non per Matteo Messina Denaro”. Lo ha detto il presidente del M5S Giuseppe Conte oggi a Castelvetrano, una delle sue otto tappe siciliane, al fianco di Giuseppe Antoci, capolista Isole alle europee per il M5S, e degli altri candidati Cinque alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Di Enzo Alfano, il sindaco 5 Stelle di Castelvetrano uscente, Conte ha evidenziato: “Sono stai anni difficili per lui. Quando c'è un dissesto finanziario un sindaco ha le mani legate e bisogna tenerne conto, altrimenti non si riesce a capire i miracoli i che ha fatto avendo le mani legate. Qui c'è stata un'amministrazione che ha contrastato il malaffare, qualsia

LA MARGINALITÁ DELLA FOLLIA IN "ACQUASANTA" DI EMMA DANTE ALLA LAUDAMO

È il primo capitolo della "Trilogia degli occhiali". Interprete è Carmine Maringola. Si conclude così il cartellone "Paradosso sull'Autore"

Messina, 18/04/2012 - Torna a Messina il teatro di Emma Dante per l'ultimo appuntamento del cartellone "Paradosso sull'Autore", curato da Dario Tomasello. Sarà in scena nella Sala Laudamo dal 20 al 22 aprile "Acquasanta", primo capitolo della "Trilogia degli occhiali", scritta dall'autrice e regista palermitana, reduce da un grande successo ottenuto in Francia. Interprete del monologo è Carmine Maringola. Anche le scene e i costumi sono firmati da Emma Dante, le prime insieme con lo stesso Maringola. coproduzione Sud Costa Occidentale, Teatro Stabile di Napoli, CRT- Centro di Ricerca per il Teatro con il sostegno di Théâtre du Rond Point.

"Acquasanta" è il primo capitolo del “trittico sulle marginalità”, tre lavori che hanno come filo conduttore l’ironico espediente degli occhiali: tutti i personaggi li «inforcano per difendersi dal mondo e per guardarlo come meglio credono». Tre storie autosufficienti, portate in scena separatamente, in cui l’emarginazione e l’alienazione vengono viste attraverso una docile lente che rende tutti i personaggi vicini e terribilmente umani.

Il titolo allude all’acqua del mare, cui il personaggio de l’O’Spicchiato, mozzo dall'età di quindici anni e abbandonato dai suoi compagni sulla terraferma da «esattamente due anni, quattro mesi, tre settimane e cinque giorni» perché ritenuto pazzo, sente di essere legato più che a qualsiasi altra cosa. Il mare è il suo amore, con cui parla giorno e notte e che inneggia come fosse la sua ragazza: «'O mare è la ragazza mia… io ti amo», mentre non crede nell’esistenza della terraferma, ritenendola «n’illusione».

Eccolo quindi che si àncora al palcoscenico a prua di una nave immaginaria e s’immerge nel tempo del ricordo, in uno sproloquio di passione per il mare, rievocando il capitano e altra ciurma come fossero sue marionette immaginarie. Un reietto in grado di provare un sentimento lirico per la sua vocazione, smorzata e al tempo stesso enfatizzata dall’uso del dialetto napoletano come lingua libera dalla banalizzazione e dalle incrostazioni dell’italiano.

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