Antimafia, il bilancio di un anno: mai come oggi diffuso il possesso di armi, pure tra insospettabili e minorenni

Antimafia: presentato in aula il bilancio dell'attività della commissione a un anno dal suo insediamento. Dal presidente Cracolici la proposta di un Osservatorio per monitorare gli appalti e il pericolo di infiltrazioni nei subappalti. Sono state 55 le sedute tenute dalla Commissione regionale Antimafia, 14 le inchieste avviate, 70 le audizioni, 9 gli incontri con i prefetti e i comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica, 302 gli incontri con gli amministratori locali Palermo, 26 Mar - “Ci sono segnali che ci preoccupano: mai come adesso in molti territori si è diffuso il possesso di armi, persino in ambienti insospettabili. La cronaca ci consegna un pericoloso modello di comportamento anche tra i giovanissimi, come il caso di un 17enne che prima di andare in discoteca si è munito di una pistola. Si diffonde la mafiosità come stile di vita”. Lo ha detto il presidente della commissione regionale Antimafia, Antonello Cracolici, in un passaggio della sua presentazione in au

"Le chiavi del Mediterraneo", le imprese coloniali dell’Italia nel nuovo libro di Andrea Cotticelli

Il nuovo libro di Andrea Cotticelli, “Le chiavi del Mediterraneo. Gli esordi del Colonialismo Italiano”, edito da Palombi Editori. Le imprese coloniali dell’Italia nella seconda metà dell’Ottocento. Un tema oggi poco noto ma che ha segnato una tappa di grande rilievo nella storia nazionale, utile a comprendere gli attuali scenari geopolitici nel Mediterraneo e nel Corno d’Africa. Protagonista del libro è Pasquale Stanislao Mancini, che fu Ministro degli Affari Esteri dal 1881 al 1885 e artefice dell’avvio della politica coloniale italiana. 

Roma, 31 gennaio 2021 - Gli esordi del Colonialismo Italiano che gettarono le basi di quello che divenne poi l’Impero Coloniale Italiano in Africa vengono narrati nel nuovo libro di Andrea Cotticelli “Le chiavi del Mediterraneo”, edito da Palombi Editori, uscito in questi giorni in tutta Italia. Nella seconda metà dell’Ottocento l’Italia fu l’ultima delle Potenze europee ad inserirsi nella contesa coloniale. Esploratori, missionari e commercianti italiani si avventuravano in territori sconosciuti dell’Africa per aprire la via a possibili stabilimenti commerciali, protettorati e colonie. I governi italiani, superati i molteplici problemi dovuti alla recente unificazione del Paese e stabilizzata la posizione dell’Italia nel concerto europeo, cominciarono ad indirizzare il loro sguardo verso l’oltremare.

Artefice della politica coloniale fu Pasquale Stanislao Mancini, chiamato da Agostino Depretis nel 1881 a far parte del suo governo come Ministro degli Affari Esteri. Nobile campano, uomo di scienze del diritto, abituato a muoversi tra le sicure e salde normative dettate dalla giurisprudenza, Mancini doveva ora dar prova di essere in grado anche di navigare nelle torbide acque della diplomazia internazionale tra furbizie, inganni e parole oggi proferite e domani negate.
Le mire del governo italiano furono in un primo tempo orientate verso il vicino Mar Mediterraneo.
Ma il colpo di mano messo a segno dalla Francia con l’occupazione di Tunisi nel 1881, il mancato intervento in Egitto a fianco della Gran Bretagna nel 1882 e la rinuncia a sbarcare a Tripoli nel
1884, avevano precluso all’Italia le coste dell’Africa settentrionale.

A questo punto Mancini indirizzò le sue mire verso le sponde africane del Mar Rosso convinto di
trovare lì “le chiavi del Mediterraneo”. Una scelta presa in parte anche grazie alle singole azioni di
alcuni nostri esploratori nel Corno d’Africa, tra cui quelle di Giuseppe Sapeto, Giuseppe Maria
Giulietti, Gustavo Bianchi, Antonio Cecchi, Ferdinando Fernè e Umberto Romagnoli.
Sull’onda emotiva dell’eccidio della spedizione guidata dall’esploratore Giuseppe Maria Giulietti,
avvenuta sulle coste del Mar Rosso, Mancini nel 1882 fu il fautore dell’acquisto della baia di Assab
dalla Compagnia Rubattino, trasformandola nella prima Colonia italiana. Quindi, intimorito dagli
appetiti coloniali delle altre potenze, Francia in primo luogo, e confortato dalle buone relazioni con
la Gran Bretagna, che si mostrava favorevole ad azioni italiane nel Mar Rosso, il Ministro cominciò
a intravedere per l’Italia orizzonti più estesi e si adoperò per tracciare un ambizioso programma
coloniale, che prevedeva di portare il Tricolore su un esteso territorio dell’Africa Orientale,
comprendente Eritrea, Sudan, Somalia ed Etiopia, che però non ebbe la possibilità di realizzarsi, se
non in minima parte, sia per interferenze parlamentari che per incomprensioni internazionali.
Fu così che l’Italia il 5 febbraio 1885 occupava Massaua, il porto più importante del Mar Rosso, e a seguire pose sotto il Tricolore tutto il tratto di costa eritrea compreso tra Massaua ed Assab per una
lunghezza di circa 400 chilometri. Contemporaneamente l’esploratore Antonio Cecchi, in missione
per conto del governo alle foci del Giuba nell’Oceano Indiano, il 28 maggio 1885 siglava un
Trattato di Amicizia e Commercio con Zanzibar, che sanciva di fatto l’avvio della presenza italiana
sulla costa somala. Questi due successi italiani, ma purtroppo gli unici, delinearono a Nord con
Massaua e a Sud con il Giuba i futuri confini dell’influenza dell’Italia nel Corno d’Africa.
L’ambizioso programma coloniale di Mancini si fermò qui, a seguito della sua uscita dalla scena
politica. A lui va il merito di aver costituito le basi dell’Impero Coloniale Italiano che nell’arco dei
successivi cinquant’anni si svilupperà nel Corno d’Africa.

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