Telegiornali: dovere ‘gestire’ toni vocali sgradevoli e una dizione simil-romanesca è davvero pesante. Senza considerare i contenuti, certe voci all'arrembaggio sembrano davvero ‘arraggiate’ (arrabbiate e aggressive), come se la colpa dell’accaduto fosse nostra. Seppure in guerra, invochiamo maggiore rispetto per le orecchie e la testa di chi ascolta il telegiornale
27/09/2011 - Il telegiornale si conclude che siamo… sfiniti, anche per il trambusto che scatena l'urgente ricerca del telecomando, con cui difenderci dall'arrembaggio. Senza volere generalizzare, dovere ‘gestire’ 3 volte al giorno almeno (ai pasti) toni vocali insopportabili o sgradevoli, e dizione forzosamente 'simil-romanesca' è davvero un’impresa.
Ciò senza considerare i contenuti e altri fattori legati alla forma e non solo: il discorso si allargherebbe e diverrebbe ‘politico’.
Non si vuole dileggiare la bella
parlata romana o tornare alla
bella dizione di un tempo, né alla
bella calligrafia, ma certe voci dei telegiornali (femminili in particolare) sembrano ‘
arraggiate’ (arrabbiate e aggressive), come se la colpa dell’accaduto, impetuosamente descritto, fosse nostra. Ci sono '
toni vocali d’assalto' che seppure in guerra richiederebbero maggiore rispetto dei fatti, per chi ascolta e per gli stessi esiti descritti, spesso tragici e/o funerei.
Il tono accogliente della voce, il modo di porgere, l’interpretazione, il rispetto dell’ascoltatore, etc., non fanno forse parte del
mestiere? Non sono le prerogative (la professionalità e l’abilità) che l’attore ha il dovere di profondere nelle sue performances? L'armonia non è solo prerogativa e dovere del musicista, il tono della voce di chi interloquisce è opportuno che sia congruo e professionale. In fondo il
giornalista-lettore non è a casa propria ma a casa nostra. E' un ospite, non sempre gradito; non è un pirata all'arrembaggio.
Perché il '
giornalista-lettore' (sia tv che radio), talora, non sente il dovere e il piacere di porgersi allo spettatore con professionalità e compostezza interpretativa? Non è forse
intrattenimento pure quello, come lo è ogni evento legato all’immagine in movimento, al suono organizzato, al mondo dell’informazione e della conoscenza?
Perché (se non lo è) nella 'stesura' di un
teleradiogiornale non è prevista una ‘scelta’ interpretativa (oltrechè una formazione) che confermi a ciascun tg un ‘taglio’ di direzione artistica, come avviene per quello redazionale e politico? Lo spettatore è forse solo un
utente al quale '
rendere conto', come spesso si sente dire nel linguaggio giornalistico? Ma '
rendere conto' vuol dire solo "
io ti urlo e ti scarico addosso la notizia e tu mi ascolti e stai zitto"? O '
rendere conto' è una attitudine che coinvolge le emozioni, il rispetto, il gusto, lo stile, l'eventuale finezza, etc?
Non intendiamo rifarci a tg d’oltralpi ma rimanere in Italia, dove abbiamo modo di apprezzare ogni giorno giornalisti e ‘
prodotti giornalistici e informativi’ di elevata qualità e prestigio, ma pure
guerresche e ‘
arraggiate sortite' che sfiancano il ‘
nemico’ (il telespettatore) e lo inducono a catapultarsi sul telecomando per ‘smorzare’ l’
arraggiatura o sintonizzarsi sul tg di Montenervino di Sotto, pur di sottrarsi a simili '
trattamenti'.
Perfino le
sigle dei telegiornali (o di un programma) è giusto che siano congrue e non fracassone, tenendo conto dell'orario della messa in onda e di altro: così dovrebbe essere in un Paese Civile, che ha vissuto l'orrore della guerra, del coprifuoco e gli anni della '
messa in prova', per giungere alla raffinatezza dell'armonia e del digitale, fino ad integrarsi nella società globale della conoscenza e dell'informazione.
Del resto, vorrei dire ad alcuni di loro: "
Te ti pagano per scatenarti su di me,
povero spettatore, 'e io pago’!
Artemio Li Causi
Bardonecchia
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