Non un partito ma uno «spartito» che valorizzi la società civile, al centro Pedro Arrupe

Non un partito ma uno «spartito» che valorizzi il ruolo della società civile  lunedì 13 maggio  all'Istituto di formazione politica  Pedro Arrupe alle 17.30  in via Franz Lehar, 6 PALERMO, 9 mag 2024 – La società civile deve essere più partecipe e protagonista delle scelte politiche, culturali e sociali. Pertanto, non c'è bisogno di un nuovo partito ma di  uno «spartito», un manifesto per rilanciare il ruolo politico della società civile , grande ricchezza del nostro Paese. Di questo si parlerà lunedì 13 maggio alle 17.30 all'istituto Pedro Arrupe. Al centro ci sarà la presentazione del libro  “Piano B. Uno spartito per rigenerare l'Italia”  firmato da 15 studiosi. Dopo l'introduzione di  p. Gianni Notari  (direttore dell'istituto), la tavola rotonda sarà coordinata dal giornalista  Vincenzo Morgante . A confrontarsi sul tema, in particolare, saranno  Giuseppe Notarstefano  (presidente di Azione Cattolica),  Marcella Mallen  (presidente dell'Alleanza Italian

TELEGIORNALI: SE TONI DI VOCE ‘ARRAGGIATI’ E AGGRESSIVI SFIDANO LO SPETTATORE PAGANTE

Telegiornali: dovere ‘gestire’ toni vocali sgradevoli e una dizione simil-romanesca è davvero pesante. Senza considerare i contenuti, certe voci all'arrembaggio sembrano davvero ‘arraggiate’ (arrabbiate e aggressive), come se la colpa dell’accaduto fosse nostra. Seppure in guerra, invochiamo maggiore rispetto per le orecchie e la testa di chi ascolta il telegiornale
27/09/2011 - Il telegiornale si conclude che siamo… sfiniti, anche per il trambusto che scatena l'urgente ricerca del telecomando, con cui difenderci dall'arrembaggio. Senza volere generalizzare, dovere ‘gestire’ 3 volte al giorno almeno (ai pasti) toni vocali insopportabili o sgradevoli, e dizione forzosamente 'simil-romanesca' è davvero un’impresa.
Ciò senza considerare i contenuti e altri fattori legati alla forma e non solo: il discorso si allargherebbe e diverrebbe ‘politico’.

Non si vuole dileggiare la bella parlata romana o tornare alla bella dizione di un tempo, né alla bella calligrafia, ma certe voci dei telegiornali (femminili in particolare) sembrano ‘arraggiate’ (arrabbiate e aggressive), come se la colpa dell’accaduto, impetuosamente descritto, fosse nostra. Ci sono 'toni vocali d’assalto' che seppure in guerra richiederebbero maggiore rispetto dei fatti, per chi ascolta e per gli stessi esiti descritti, spesso tragici e/o funerei.

Il tono accogliente della voce, il modo di porgere, l’interpretazione, il rispetto dell’ascoltatore, etc., non fanno forse parte del mestiere? Non sono le prerogative (la professionalità e l’abilità) che l’attore ha il dovere di profondere nelle sue performances? L'armonia non è solo prerogativa e dovere del musicista, il tono della voce di chi interloquisce è opportuno che sia congruo e professionale. In fondo il giornalista-lettore non è a casa propria ma a casa nostra. E' un ospite, non sempre gradito; non è un pirata all'arrembaggio.

Perché il 'giornalista-lettore' (sia tv che radio), talora, non sente il dovere e il piacere di porgersi allo spettatore con professionalità e compostezza interpretativa? Non è forse intrattenimento pure quello, come lo è ogni evento legato all’immagine in movimento, al suono organizzato, al mondo dell’informazione e della conoscenza?

Perché (se non lo è) nella 'stesura' di un teleradiogiornale non è prevista una ‘scelta’ interpretativa (oltrechè una formazione) che confermi a ciascun tg un ‘taglio’ di direzione artistica, come avviene per quello redazionale e politico? Lo spettatore è forse solo un utente al quale 'rendere conto', come spesso si sente dire nel linguaggio giornalistico? Ma 'rendere conto' vuol dire solo "io ti urlo e ti scarico addosso la notizia e tu mi ascolti e stai zitto"? O 'rendere conto' è una attitudine che coinvolge le emozioni, il rispetto, il gusto, lo stile, l'eventuale finezza, etc?

Non intendiamo rifarci a tg d’oltralpi ma rimanere in Italia, dove abbiamo modo di apprezzare ogni giorno giornalisti e ‘prodotti giornalistici e informativi’ di elevata qualità e prestigio, ma pure guerresche e ‘arraggiate sortite' che sfiancano il ‘nemico’ (il telespettatore) e lo inducono a catapultarsi sul telecomando per ‘smorzare’ l’arraggiatura o sintonizzarsi sul tg di Montenervino di Sotto, pur di sottrarsi a simili 'trattamenti'.

Perfino le sigle dei telegiornali (o di un programma) è giusto che siano congrue e non fracassone, tenendo conto dell'orario della messa in onda e di altro: così dovrebbe essere in un Paese Civile, che ha vissuto l'orrore della guerra, del coprifuoco e gli anni della 'messa in prova', per giungere alla raffinatezza dell'armonia e del digitale, fino ad integrarsi nella società globale della conoscenza e dell'informazione.

Del resto, vorrei dire ad alcuni di loro: "Te ti pagano per scatenarti su di me, povero spettatore, 'e io pago’!

Artemio Li Causi
Bardonecchia

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