
18/06/2010 - In principio furono i plant hunter, uomini disposti a tutto pur di portare a casa nuove piante, per deliziare la regina e gli accademici. Oggi i cacciatori di piante non rischiamo più la pelle come duecento anni fa ma meritano lo stesso la ribalta scientifica. E chi pensa che in Sicilia non ci sia più nulla da scoprire si sbaglia.
Francesco Maria Raimondo, direttore dell' Orto botanico di Palermo, ha scoperto 36 piante.
Molte le ha trovate nei boschi dei Nebrodi e delle Madonie, altre nella più lontana Somalia. Una dopo l' altra le ha presentate al pubblico nel settimo incontro "Il piacere della ricerca", un ciclo di chiacchierate con la città, organizzato dall' Università in collaborazione con Mondadori Multicenter, per viaggiare dentro ultime scoperte e intuizioni originali. Raimondo non fa mistero che il fiuto dello scopritore va allenato. «Si tratta di allenare la vista - dice il botanico - acquisire una straordinaria memoria, perché i particolari fanno la differenza. Nell' indagine tassonomica, non ci si avvale più solo della vecchia classificazione di Linneo, basata sull' osservazione dei caratteri morfologici, adesso entra in campo l' analisi genetica e quella molecolare». E si scopre così che in una forra del bosco di Vicaretto, sulle Madonie c' è un esemplare di alloro, relitto di una flora miocenica, che ci sono viole, centaurèe, ramni. «Nel dare il nome a una pianta si può scegliere di ricordare un botanico del passato, il luogo, oppure mettere il proprio». E talvolta può capitare di vedere sfumare il frutto della scoperta per un incendio. È successo a Castellammare dove Raimondo aveva annunciato la scoperta di un' asteracea. Per fortuna, però, erano rimasti i semi. -
MARIO PINTAGRO
Repubblica — 17 giugno 2010 pagina 8 sezione: PALERMO
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