1° Maggio: «Festa del Lavoro», la filastrocca di Mimmo Mòllica

1° Maggio Festa del lavoro. La «Filastrocca del Lavoro» di Mimmo Mòllica racconta in versi e strofe questa importante ricorrenza. E noi la proponiamo a grandi e piccini per celebrare la «Festa del Lavoro e dei Lavoratori».  «Filastrocca del lavoro» di Mimmo Mòllica   Caro babbo che cos’è il lavoro? dei bambini domandano in coro a un papà stanco e pure affannato, dal lavoro appena tornato. Ed il babbo risponde a fatica «serve a vivere, è una regola antica». Ed aggiunge: «… ed inoltre, sapete il lavoro è passione, è volontà e decoro». «E che cosa vuol dire decoro?», ribatterono subito loro. «È nell’opera di un falegname, è Van Gogh, è in un vaso di rame». «È Geppetto e il suo pezzo di legno, è Pinocchio, è Collodi e il suo ingegno, è donare qualcosa di noi senza credersi dei supereroi». «È costruire un gran bel grattacielo, è Gesù quando spiega il Vangelo, compiacersi di quello che fai, è dolersene se non ce l’hai!». Però un tipo iniziò a blaterare: «È pagare la gente per non lavorare, s

TINDARI, TIERRA SOÑADA POR MÍ, FA SOGNARE CON BUZZURRO, CAFISO, MILICI E CONCATO

Tindari, 23/08/2013 – “Tindari Festival e il Comune di Patti vi danno il benvenuto. Spegnere i telefonini e non usare il flash…”. Ottimale sarebbe: “Spegnere i telefonini e le sigarette e non usare il deodorante sulla doccia non fatta”. Ma non è un’esclusiva tindaritana (bensì universale) e i Vigili del Fuoco potrebbero, semmai, badare solo alle sigarette accese. Nelle sere di luna piena, come quella di ieri a Tindari, i licantropi e le nature mostruose fanno il loro ingresso sulla scena.

Si perché tre autentici mostri (di bravura) sono quei ‘Magnifici tre’ (made in Sicily) che Alfredo Lo Faro, manager illuminato, e Anna Ricciardi, direttrice artistica di Tindari Festival, hanno saputo regalare al pubblico presente al teatro antico, per un concerto che andrebbe forse raccontato dal punto di vista della sicilianità. Perché noi siciliani, per chissà quale debito da espiazione (?) o per generoso entusiasmo, siamo portati a dare sempre di più. E il “di più” si chiamerebbe Fabio Piccaluga, se in arte non si chiamasse Fabio Concato, straordinario cantautore nato a Milano il 31 maggio 1953. Cioè non siciliano ma figlio di una poetessa. E dei poeti non si sa quasi mai l’origine. Tanto che se si trattasse del suo vero cognome, anziché di uno pseudonimo, Concato in lingua siciliana significherebbe letteralmente “con secchio”… 
“Minchiate” a parte, come ha più volte, simpaticamente, detto proprio Concato ieri sera sul palcoscenico del teatro antico di Tindari, qua siamo di fronte ad uno spettacolo di alto livello, di quelli che hanno svariati meriti.

Uno di questi Francesco Buzzurro lo ha messo subito in chiaro, facendoci ripensare all’Elogio della cattiva musica di Marcel Proust: “Detestate la cattiva musica, non disprezzatela. Dal momento che la si suona e la si canta ben di più, e ben più appassionatamente, di quella buona, ben di più di quella buona si è riempita a poco a poco del sogno e delle lacrime degli uomini. Consideratela per questo degna di venerazione. Quante melodie, di nessun pregio agli occhi di un artista, fan parte della schiera dei confidenti scelti dai giovanotti sentimentali e dalle innamorate!”
E cosa c’è di più vero, musicalmente parlando?
Così Francesco Buzzurro ha subito infranto il rapporto esistente tra la canzone e il ritornello, tra la strofa e la Siae, tra la hit parade e i diversi generi musicali. Francesco Buzzurro, della musica è un figlio “degenere”. Buzzurro - infatti - non disprezza alcun genere musicale perché non li distingue, non suona il genere jazz e non suona quello popolare o la melodia della forma canzone. Buzzurro ha a che fare semplicemente con la musica, col ritmo, con “le pagine sfogliate ogni sera, tremando, da mani giustamente celebri, bagnate dagli occhi più belli del mondo con lacrime di cui il più puro maestro invidierebbe il malinconico e voluttuoso tributo, confidenti ingegnose ed ispirate che nobilitano il dolore ed esaltano il sogno e che, in cambio del segreto ardente che viene loro confidato, offrono l'illusione inebriante della bellezza!”

Così Giuseppe Milici con la sua incredibile armonica a bocca e Francesco Cafiso col suo sax parlante e danzante.
Buzzurro non si è fatto scrupolo di fare omaggio a Claudio Villa, a Granada (tierra soñada por mí), e al padre che gliel’ha fatto conoscere e apprezzare, questo brano. Buzzurro ha quasi 44 anni, Granada è stata scritta nel 1932 dal compositore messicano Agustín Lara, interpretata per la prima volta dal tenore messicano Pedro Vargas, il "Tenore delle Americhe" e poi da Claudio Villa, Pavarotti, Plácido Domingo, José Carreras, Frank Sinatra e Francesco Buzzurro, appunto.

"I Magnifici Tre" erano già stati sentiti in concerto a Varsavia. Francesco Cafiso, Francesco Buzzurro e Giuseppe Milici hanno fatto il tutto esaurito ai botteghini di mezza Europa e sono considerati solisti molto conosciuti nel panorama internazionale della musica. Ieri sera hanno dato una convincente prova di sé, lasciando davvero estasiato il pubblico di Tindari.

Ma ecco che un “Magnifico quarto” si è aggiunto ieri sera alla ‘comitiva jazz’: Fabio Concato, offrendo un valore aggiunto di notevole… valore. Fabio Concato, autore raffinato, quasi poeta, ha offerto al pubblico di Tindari un repertorio godibile e graditissimo, fino a spacciarsi per ‘siciliano’, quando ha... spacciato per "Rosalia" la sua

Rosalina, il giorno in bicicletta fino a sera sera / 
a me piaci grassottina / ma quando è sera sera / ma quando è sera sera / 
t'ammazzi con i bignet…. t'ammazzi con i bignet. Olè.

Al bravissimo ma incauto Concato, volendosi spacciare per il magnifico quarto siciliano sarebbe bastato cambiare gli ultimi versi (t'ammazzi con i bignet Olè) con ti immoli con i cannoli, avventata su una cassata.

Ma pure coi bignè Concato rimane un magnifico cantautore, quasi poeta, quasi siciliano. Olè.

m.m.

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