Lettera del Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri ai Capigruppo di Camera e Senato
Roma, 31 ottobre 2013 - In merito alla vicenda carceraria di Giulia Ligresti, ritengo opportune alcune precisazioni. Tutti voi conoscete l’attenzione e l’impegno che fin dal primo giorno del mio mandato ministeriale ho riservato alle condizioni in cui versano i detenuti; condizioni che, troppo spesso, hanno portato, specialmente le persone più vulnerabili, a compiere scelte estreme.
Nel caso di Giulia Ligresti, avverto l’esigenza di precisare il senso e i limiti del mio intervento, non appena avuta conoscenza, per via diretta, delle condizioni psicofisiche della ragazza.
Era mio dovere trasferire questa notizia agli organi competenti dell’Amministrazione Penitenziaria per invitarli a porre in essere gli interventi tesi ad impedire eventuali gesti autolesivi. Mi sono comportata, peraltro, nello stesso modo quando sono pervenute al mio Ufficio segnalazioni, da chiunque inoltrate, che manifestassero preoccupazioni circa le condizioni sullo stato psicofisico di persone in stato di detenzione. Intervenire è compito del Ministro della Giustizia. Non farlo sarebbe colpevole e si configurerebbe come una grave omissione.
Non c’è stata, quindi, né poteva esserci, alcuna interferenza con le decisioni degli Organi giudiziari. Nella mia comunicazione al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, non vi è stato nel modo più assoluto, come ampiamente dimostrato, alcun riferimento a possibili iniziative finalizzate alla eventuale scarcerazione della Ligresti. Naturalmente, sono pronta a riferire in Parlamento, ove richiesta, per poter dare ogni chiarimento che si rendesse necessario.
Il ministro Annamaria Cancellieri ha sempre detto che amnistia e indulto, provvedimenti che, se adottati, avrebbero portato un po' di respiro agli istituti penitenziari italiani, congestionati oltre ogni umana immaginazione, erano e sono comunque decisioni che spettano al Parlamento ma anche che "sono provvedimenti difficili e lontani".
Così, la proposta recentemente avanzata dal governatore della Toscana, Enrico Rossi, potrebbe diventare in breve un modello nazionale: favorire pene alternative per chi è detenuto per effetto della legge Fini-Giovanardi del 2006. E non solo. Riaprire vecchi istituti di pena dismessi, soprattutto nelle isole. Il coinvolgimento delle regioni, ritiene il guardasigilli, è da considerarsi "una risorsa" e, d'altronde "i detenuti sono cittadini di tutti: dello Stato e delle Regioni." "Un problema della società in cui hanno vissuto" ma, ricorda, "le condizioni dovranno essere valutate dai giudici, caso per caso". Pronti dunque a firmare con la Toscana, coltivando la speranza che nel 2014 anche altre regioni saranno in grado di avviare il programma.
Annamaria Cancellieri
Ministro della Giustizia
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