Marcello Viola resta Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano

  Il dott. Marcello Viola – originario di Cammarata (AG) - resta Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano. Il Consiglio di Stato rigetta l’appello del dott. Romanelli. Il Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, con delibera del 7 aprile 2022, ha disposto la nomina a Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano del dott. Marcello Viola. La nomina del dott. Viola è stata impugnata, innanzi al TAR Lazio - Roma, sia dal dott. Romanelli (Procuratore Aggiunto presso la Procura della Repubblica di Milano) sia dal dott. Amato (Procuratore della Repubblica di Bologna). Il dott. Marcello Viola (originario di Cammarata – AG), con il patrocinio degli avv.ti Girolamo Rubino e Giuseppe Impdiduglia, si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto di entrambi i suddetti ricorsi. In particolare, gli avv.ti Rubino e Impiduglia hanno sostenuto la legittimità della delibera di nomina del dott. Viola e la palese infondatezza delle censure mosse dai ricorrenti. I

RENZI AL GOVERNO: RIUSCIRANNO I NOSTRI EROI A CAMBIARE LA SCUOLA IN ITALIA?

Il nuovo presidente del Consiglio, avvolto da un alone di provvidenziale investitura, saprà affrontare e risolvere i non facili problemi del paese?
20/02/2014 - Gli italiani hanno a volte mostrato un debole per gli uomini politici ritenuti dono della Provvidenza. Anche se i fatti hanno poi dimostrato che gli “inviati” si sono resi responsabili di grandi catastrofi, sofferenze e lutti o di disastri economici. Sicuramente la Provvidenza con le loro azioni non c’entrava proprio nulla.
Senza volere entrare in disamine e dispute di carattere teologico, la Provvidenza ci piace pensarla come Manzoni l’ha descritta nel suo romanzo: impegnata a spazzar via i mali e i malvagi del mondo, piuttosto che a inviare superman della politica.

In realtà alcuni degli uomini politici carismatici sono stati sostenuti dalla credulità di chi ha pensato o pensa che la soluzione dei propri problemi e della collettività intera sia facilmente alla portata dal genio di turno, capace a volte di evocare anche egoistici appetiti. Pensiamo anche ad esponenti di certi movimenti regionalistici che da decenni illudono i loro sostenitori ponendo irreali e irraggiungibili obiettivi. Non può che far rimanere un po’ perplessi l’arrivo di un altro uomo che sembra caduto sul palcoscenico della politica con provvidenziale investitura o con in tasca la bacchetta magica per risolvere tutti i problemi dell’Italia. Un altro signor “ghe penso mi”? Nel suo ultimo discorso alla direzione del PD ha lodato “ipocritamente”, ha scritto Eugenio Scalfari, l’operato di Enrico Letta, per poi definirlo “inefficace, sbagliato, inesistente”.

Ma non dovrebbe essere compito del partito che esprime il Presidente del Consiglio elaborare proposte e programmi da far scaturire dal suo seno come risultato di una discussione e di un confronto dei suoi vari componenti a sostegno del governo? Può sembrare invece dagli ultimi avvenimenti interni a quel partito che tutto dipende da ciò che pensa ed elabora un solo uomo: ci tocca in sorte di avere quindi un altro uomo inviato dalla Provvidenza o un altro “unto”? Il povero Enrico Letta, vittima sacrificale di altrui non nascoste anzi urlate ambizioni, aveva pochi giorni fa pubblicizzato, forse anche nel tentativo di esorcizzare l’esplodere di bramosie di potere, malgrado i rabbonimenti del tipo “stai tranquillo, Enrico”, un documento programmatico del Governo intitolato “Impegno Italia”.

Nella premessa emergono le fibrillazioni e i travagli di un percorso non facile, quello delle “larghe intese” in parte esauritosi con l’uscita di Forza Italia dalla compagine governativa. Si evidenzia la stabilità come valore necessario da cui fare scaturire benefici per la collettività. Si chiede “di anteporre a tutte le nostre scelte, anche personali, il bene del Paese. Ciascuno secondo il proprio ruolo, la propria responsabilità, la propria coscienza”. Proprio quest’ultimo appello non sembra che abbia avuto l’ascolto e l’attenzione che forse avrebbe meritato.

Risulta interessante il capitolo di pag. 20 dedicato alla formazione sin dalla sua premessa in cui dopo un’enunciazione di principio, si parla della necessità di “interventi decisi di miglioramento strutturale, che valorizzino la qualità dell’offerta e le competenze di insegnanti e professori universitari, con l’obiettivo di aumentare l’efficienza dell’investimento in capitale umano”.

La scuola dell’infanzia dovrebbe diventare il primo grado nel ciclo dell’istruzione obbligatoria. Successivamente il documento pone come obiettivo la ristrutturazione dei cicli scolastici “in modo da consentire ai giovani italiani di diplomarsi prima in linea con gli standard europei”. Si può quindi pensare che, nell’ambito di un riordino dei cicli scolastici, sia implicita nella stesura l’anticipazione di un anno dell’inizio della scuola primaria, abbandonando così il modello dell’attuale sperimentazione in corso in alcuni istituti che riduce a quattro gli anni di scuola secondaria di secondo grado? Sembra che sia così. A questo punto occorrerà aspettare di conoscere il programma del nuovo governo per sapere se si intende per la scuola percorrere la strada più impegnativa del ripensamento complessivo dei cicli scolastici e dei relativi curricula o la facile strada che aveva intrapreso il ministro Carrozza.

Giovan Battista Puglisi
Direttore Editoriale della “Letterina”

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