Fondi Ue: ecco come in Italia si bruciano i soldi del Pnrr, nelle mani della criminalità organizzata

Le mani della criminalità organizzata sui Fondi Ue: ecco come in Italia si bruciano i soldi del Pnrr.  La metà delle indagini relative alle frodi sui fondi Ue riguardano l'Italia (6 su 12 miliardi complessivi di danno stimato). E sulla maggior parte di queste c'è l'ombra della criminalità organizzata, attratta dal richiamo del flusso consistente di denaro. 4 mag 2024 - È quanto emerso il 29 e il 30 aprile a Bruxelles, nel corso dei due giorni di studio, approfondimento e confronto giuridico dedicati alla Procura europea, alle sue competenze e ai riflessi più significativi della sua azione giudiziaria. Un appuntamento che si è concluso con l'affermazione di un dato che non può lasciare indifferenti anche coloro che non sono professionisti del settore legale: l'Italia è al centro delle indagini Eppo.   Pur essendo stato pubblicato pochi giorni fa il Report 2023 - 2023 in numbers | European Public Prosecutor’s Office (europa.eu) - l'analisi dell'andamento delle

NAPOLITANO: "COLPISCE IL DIFFONDERSI DELLA CORRUZIONE E IL PROTAGONISMO DI ALCUNI P.M.”

Dall'intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione dell'Assemblea plenaria del Consiglio Superiore della Magistratura Roma a Palazzo Marescialli: "In ambito penale colpisce il diffondersi della corruzione e della criminalità organizzata; non può evitare di segnalare comportamenti impropriamente protagonistici e iniziative di dubbia sostenibilità assunte, nel corso degli anni, da alcuni magistrati della pubblica accusa"

[22/12/2014] - "In ambito penale colpisce l'intensità del diffondersi della corruzione e della criminalità organizzata emerse anche in questi giorni. E' fondamentale, perciò, l'azione repressiva affidata ai pubblici ministeri e alle forze di polizia. Questa considerazione non può, però, evitare di segnalare comportamenti impropriamente protagonistici e iniziative di dubbia sostenibilità assunte, nel corso degli anni, da alcuni magistrati della pubblica accusa.

Anche questo tema, delicato e spinoso, è stato oggetto di un mio specifico intervento nel giugno 2009. In quell'occasione, nel ricordare la necessità di superare gli elementi di disordine e di tensione all'epoca manifestatisi nella vita di talune Procure, posi in rilievo che tale superamento non sarebbe stato possibile "senza un pacato riconoscimento delle funzioni ordinatrici e coordinatrici che spettano al Capo dell'Ufficio".

L'attuale quadro normativo si caratterizza infatti per l'accentuazione del ruolo del Procuratore della Repubblica, "titolare esclusivo dell'azione penale", di cui deve assicurare l'uniforme esercizio. A lui è affidato il potere-dovere di determinare i criteri generali di organizzazione della struttura e di assegnazione dei procedimenti, per il perseguimento delle esigenze di efficienza, coordinamento, ragionevole durata dell'azione investigativa.

Su questo tema sono tornato anche di recente, poiché sono persuaso che la tutela dell'efficacia del controllo di legalità e della stessa funzione giurisdizionale richieda un giusto bilanciamento tra i poteri di direzione e organizzazione dei Procuratori, a loro esclusivamente spettanti, e il contributo interlocutorio dei singoli pubblici ministeri appartenenti all'Ufficio, equilibrio che va raggiunto percorrendo strade ispirate a reali intenti di reciproca cooperazione, nel rispetto dei ruoli attribuiti dalla normativa primaria.

Per la tutela del prestigio e della dignità dei magistrati, che sono corollari dell'autonomia e dell'indipendenza dell'Ordine giudiziario, sono fondamentali comportamenti appropriati, come ho spesso ripetuto, specie in occasione degli incontri - ben sei - con i magistrati ordinari in tirocinio, incontri per me straordinariamente gratificanti e incoraggianti per il futuro dell'amministrazione della giustizia. Per comportamenti appropriati intendo quelli ispirati a discrezione, misura, equilibrio, senza cedimenti a esposizioni mediatiche o a tentazioni di missioni improprie. Non è ammissibile che si oscuri il fine da perseguire, che è quello di applicare e far rispettare le leggi, attraverso un esercizio della giurisdizione che coniughi il rigore con la scrupolosa osservanza delle garanzie previste per i cittadini.

In un recente articolo, un componente eletto dal Parlamento nella scorsa consiliatura, ha posto l'accento sul rischio che oggi corre la magistratura di essere, da un lato, attratta da una visione tolemaica della giurisdizione, sentendosi investita di una missione salvifica e, dall'altro, di cedere ad una rassegnata gestione impiegatizia del proprio ruolo, concentrata solo sulla tutela del proprio status. Entrambi questi atteggiamenti - fortunatamente non da parte di molti - possono rivelarsi deleteri per la società.

Sono convinto che la grande maggioranza dei magistrati resiste concretamente a entrambe queste tentazioni, ma è certo che il Consiglio eserciterà al riguardo un'attenta vigilanza affinchè condotte di tal genere vengano prevenute e, se del caso, adeguatamente sanzionate a tutela di tutti quei magistrati che si accostano al processo con coraggio, preparazione e umiltà, ponendo attenzione al rispetto delle parti e ai loro diritti.


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