Dall'intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione dell'Assemblea plenaria del Consiglio Superiore della Magistratura Roma a Palazzo dei Marescialli: "Occorre mirare ad un recupero di funzionalità, efficienza e trasparenza del sistema. Fin dal 6 giugno 2006 ebbi a rilevare l'esigenza di "affrontare con rinnovato vigore il problema più grave della giustizia nel nostro Paese: quello della durata del processo"
[22/12/2014] - Purtroppo la situazione, nonostante qualche miglioramento negli anni recenti, continua ad essere insoddisfacente, specie nella giustizia civile, ma vedo aprirsi la possibilità che il problema venga avviato a soluzione, con interventi compatibili con una logica di efficienza del sistema e, in particolare, estendendo e completando l'informatizzazione del processo.
Non spetta al Capo dello Stato suggerire o valutare disegni di riforma della giustizia, la cui definizione è prerogativa del Parlamento nella dialettica tra maggioranza e opposizione, con l'apporto di qualificati apporti esterni a fini di ampia condivisione. Tuttavia è indubbio che ciò cui occorre mirare è un recupero di funzionalità, efficienza e trasparenza del sistema. Fin dall'inizio del mio precedente mandato, in occasione del primo incontro con il Consiglio dell'epoca, il 6 giugno 2006, ebbi a rilevare che l'esigenza di "affrontare con rinnovato vigore il problema più grave della giustizia nel nostro Paese, che è quello della durata del processo" si poneva quale premessa indispensabile per restituire funzionalità al "sistema giustizia".
Purtroppo la situazione, nonostante qualche miglioramento negli anni recenti, continua ad essere insoddisfacente, specie nella giustizia civile, ma vedo aprirsi la possibilità che il problema venga avviato a soluzione, con interventi compatibili con una logica di efficienza del sistema e, in particolare, estendendo e completando l'informatizzazione del processo.
Gli aspetti organizzativi dell'amministrazione della giustizia hanno a tal proposito un'importanza fondamentale, perché occorre evitare di affidare ogni speranza di miglioramenti a innovazioni normative. Queste ultime vanno decise con ponderazione, evitando interventi disorganici o ispirati a situazioni contingenti. Le frequenti modifiche dei codici processuali, spesso improvvisate e tecnicamente insoddisfacenti, accentuano la crisi della giustizia, poiché il processo ha bisogno di regole certe e stabili.
Occorre pertanto puntare con convinzione su una ottimizzazione della gestione delle risorse, umane e strutturali, affidata ai poteri organizzativi dei dirigenti. A essi spetta adottare iniziative e provvedimenti idonei a razionalizzare la trattazione degli affari, impiegando prassi lavorative più snelle, che favoriscano la definizione dei procedimenti (c.d. best practices).
Del resto le prassi virtuose di molti uffici stanno dando i loro frutti, per come è emerso dai dati statistici sulla giustizia civile di recente pubblicati dal Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria, che fotografano un numero consistente, pur se non ancora soddisfacente, di realtà efficienti. L'analisi statistica selettiva del Ministero mi sembra importante perché consente di analizzare i sensibili divari di efficienza tra i diversi uffici giudiziari, individuandone le relative cause.
Anche il Consiglio superiore, che già si è fatto operoso promotore della diffusione di una cultura organizzativa, potrà incidere su questo percorso mediante lo snellimento e l'accelerazione dei procedimenti per la copertura dei posti, in primis direttivi e semidirettivi, e per i ricollocamenti in ruolo, anche in considerazione dell'impatto delle recenti disposizioni sulla anticipazione dell'età pensionabile, attivandosi altresì per una riduzione della mobilità dei magistrati, che tanto negativamente influisce sull'attività giudiziaria.
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