Capizzi, studente modello di 16 anni ucciso in piazza da un ventenne armato di pistola

Uno studente di 16 anni,  Giuseppe Di Dio, è stato ucciso sabato 1° novembre a Capizzi, piccolo comune dei Nebrodi in provincia di Messina, mentre un suo amico è rimasto ferito nella sparatoria. Fermate tre persone.  Giuseppe Di Dio frequentava la terza classe  dell'istituto alberghiero di Troina (Enna) e sarebbe stato attinto per errore dai colpi mortali esplosi da  Giacomo Frasconà Filaro , il 20.enne presunto assassino . 3 nov 2025 - Giuseppe Di Dio, 16 anni, e i suoi amici si trovavano  davanti a un bar di via Roma, a Capizzi, quando da un'automobile sarebbero scese tre persone, una delle quali avrebbe esploso i colpi di arma da fuoco che hanno attinto mortalmente il sedicenne, ferendo un altro giovane di 22 anni.  Si tratta di  Antonio Frasconà Filaro , 48 anni, e dei figli Mario, 18 anni, e Giacomo, 20 anni. Quest'ultimo, armato di pistola avrebbe fatto fuoco sulle persone presenti all'esterno del  bar di via Roma, a Capizzi, uccidendo ...

MAFIA E MASSONERIA. SCARPINATO: “ATTENTATI AI MAGISTRATI DI PALERMO RICONDUCIBILI A ENTITÀ DI CARATTERE SUPERIORE"

08/03/2017 - Rapporti tra mafia e massoneria. La Commissione antimafia vuole approfondire la propria inchiesta sul rapporto esistente tra mafia e massoneria.
"Sono stato informato di progetti di attentati, nel tempo, nei confronti di magistrati di Palermo orditi da Matteo Messina Denaro per interessi che, da vari elementi, sembrano non essere circoscritti alla mafia ma riconducibili a entità di carattere superiore". Così il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Palermo, Roberto Scarpinato. L'affermazione del Pg emerge nel corso dell'audizione in Antimafia sui rapporti mafia-massoneria. Il resto dell'audizione è stato interamente secretato.

"Riconducibili a entità di carattere superiore", gli attentati contro i magistrati progettati dalla mafia. Dagli anni '70 fino ad oggi, mafia e massoneria (deviata) sono stati al servizio di interessi ed entità di carattere superiore. Così ha descritto gli intrecci esistenti tra mafia e massoneria il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Palermo, Roberto Scarpinato, audito oggi dalla Commissione parlamentare antimafia, in relazione all’inchiesta sui rapporti esistenti tra le mafie e la massoneria.

Roberto Scarpinato è magistrato, procuratore generale corte d'appello antimafia di Palermo, dirige tre Dipartimenti: Mafia-economia, Mafia di Trapani, Criminalità economica. Intervenendo lo scorso 23 maggio presso l’Aula Magna del Palazzo di Giustizia di Palermo sul "Museo della memoria" inaugurato negli uffici di Falcone e Borsellino:

“Leggendo le sentenze e gli atti, tanti che della storia del pool conoscono soltanto la narrazione parziale fornita dalla retorica dei media, spesso appiattita sull’esclusiva responsabilità degli esponenti della mafia militare, eletti a incarnazione totalizzante del male di mafia, potranno prendere coscienza delle forze potenti, ben al di sopra di Riina, che nel tempo si mobilitarono, in vario modo, per fermare quella stagione di rinnovamento.

Perché la ricostruzione storica degli eventi sia completa e il processo di autocoscienza sia fruttuoso io credo che sarà bene che in questo archivio siano raccolti anche i verbali delle sedute del Consiglio Superiore della Magistratura che bocciarono Falcone per il posto di capo dell’Ufficio Istruzione e delle sedute nelle quali il Consiglio propose di sottoporre Paolo Borsellino a procedimento disciplinare perché aveva osato dichiarare alla stampa che si stava smantellando il pool antimafia. Ma per completare la documentazione occorrerebbe scannerizzare e informatizzare anche le centinaia e centinaia di articoli di stampa, di dichiarazioni di opinionisti che accusarono Falcone e gli uomini del pool di essere malati di protagonismo e di abusare dei loro poteri per fini di lotta politica. 

Ma anche così la documentazione sarebbe incompleta: occorrerebbe infatti acquisire e conservare anche gli articoli e le dichiarazioni dei tanti nemici di Falcone, che lo avversarono in tutti i modi in vita e un attimo dopo la strage di Capaci cambiarono «casacca» e si dichiararono suoi amici o ammiratori o, peggio, utilizzarono la memoria di Falcone per brandirla come un’arma contro i magistrati della Procura di Palermo che dopo le stragi avevano iniziato a processare uomini politici ed esponenti delle istituzioni collusi con la mafia. 

Gli stessi che avevano accusato Falcone di essere ammalato di protagonismo, di essere politicizzato, dopo la sua morte lo portavano ad esempio di rigorosa professionalità contro coloro che avevano raccolto la sua eredità e che venivano a loro volta accusati di protagonismo e di essere politicizzati.”

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