I giornali spiegano perché un Paese non è pacifico
Ricercatori di Cnr-Isti, Scuola Normale Superiore di Pisa, e Università̀ di Stoccolma hanno
sfruttato i big data di una piattaforma supportata da Google e strumenti di Intelligenza artificiale
per spiegare l’indice di pace di un Paese. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Epj data science.
L’Indice della pace globale (Gpi) è un tentativo di classificare i Paesi del mondo in base alla loro
“pacificità”. Secondo questo indicatore, l’Islanda è il primo Paese, l’Afghanistan l’ultimo e l'Italia è
al 32esimo posto.
Roma, 31 gennaio 2022 - Il Gpi viene prodotto su base annuale dall'Institut for Economics and Peace
attraverso indagini istituzionali e governative. Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di scienze e
tecnologie dell’informazione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isti), della Scuola Normale
Superiore di Pisa, e dell’Università̀ di Stoccolma ha dimostrato che i nuovi flussi di dati digitali,
combinati con le potenzialità dell'Intelligenza artificiale (Ia), possono aiutare a rendere queste
misurazioni più economiche e frequenti e anche spiegare quali sono i fattori che caratterizzano un
Paese pacifico. Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista Epj Data Science.
I ricercatori hanno utilizzato i dati del “Global database of events location and tone” (Gdelt), una
piattaforma supportata da Google che raccoglie notizie relative a 163 Paesi, per dimostrare che
l’attenzione dei media su determinati argomenti sono indicativi del Gpi di un Paese e consentono di
svelare, con l’aiuto dell’Ia, il suo profilo socioeconomico, politico e militare.
Ad esempio, l’indice di
pace per il Portogallo è determinato principalmente dalle novità che riguardano la cooperazione
economica, mentre quello del Pakistan è collegato a notizie riguardanti l’utilizzo di forze militari e
carri armati. Per il nostro Paese valgono soprattutto news su aiuti umanitari, asili politici e
disobbedienza alle leggi.
“Se consideriamo che le spese militari indeboliscono sempre di più i Paesi già dilaniati dalla guerra,
per i governi e la comunità internazionale è fondamentale prevedere tempestivamente i cambiamenti
nello stato di pace e i fattori che lo stanno determinando”, afferma Vasiliki Voukelatou ricercatrice
Cnr-Isti e prima firmataria della pubblicazione.
“Il database Gdelt e strumenti di intelligenza
artificiale possono contribuire a più frequenti stime dell'indice di pace globale e dei fattori che lo
determinano come le proteste, i conflitti, l’utilizzo di forze armate, gli aiuti umanitari, le sanzioni
amministrative e le attività diplomatiche".
Lo studio può essere di supporto per decisori politici e stakeholder. “Questa ricerca è un passo
importante verso uno strumento che consente a ricercatori, a politici e alle società non governative
come l'Onu di reagire tempestivamente alla situazione conflittuali di un Paese, attuando politiche
adeguate a prevenire effetti negativi sulla società e contribuire efficacemente a una pace duratura”,
conclude Luca Pappalardo, ricercatore del Cnr-Isti e coordinatore dello studio.
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