Primo Maggio a Portella della Ginestra: “Il lavoro strumento di giustizia sociale e lotta alla mafia”

Primo Maggio a Portella della Ginestra, Antoci (M5S): “Il lavoro strumento di giustizia sociale e lotta alla mafia”,  Giuseppe Antoci, capolista del M5S nella circoscrizione “isole” alle elezioni europee, a margine del corteo in memoria della strage di Portella della Ginestra a cui a partecipato col Presidente Giuseppe Conte.  Portella   della   Ginestra : Di Paola (M5S): Governo Meloni smembra Stato Sociale.  Il coordinatore regionale Cinquestelle: “Nostre battaglie tutto l’anno per maggiori tutele per i cittadini”. PORTELLA DELLA GINESTRA, 1 mag 2024 -  “Oggi con Giuseppe Conte abbiamo ricordato la strage di Portella della Ginestra avvenuta l'1 Maggio 1947. Un’occasione importante per ribadire l’importanza del diritto al lavoro come strumento di giustizia sociale e di lotta alla mafia. Il sud continua ad avere il più alto tasso di disoccupazione in Italia; tasso ancora più elevato tra le donne. E proprio nel disagio si insinua la criminalità organizzata. C’è fame di lavoro, di di

Il Piccolo Principe: l’amore adolescenziale va educato, semplicemente amando

Da Il Piccolo Principe di A. de Saint-Exupéry. La metafora della rosa ovvero l’educazione al sentimento nell’ adolescente. “Se qualcuno ama un fiore, di cui esiste un solo esemplare in milioni e milioni di stelle, questo basta a farlo felice quando lo guarda”. Ma se la pecora mangia il fiore, è come se per lui tutto a un tratto, tutte le stelle si spegnessero!”


19 ott 2022 - La rosa del Piccolo Principe è il fiore da lui tanto amato di cui esiste un solo esemplare sbocciato sul suo pianeta, da proteggere e custodire. La scoperta della bellezza della rosa incanta il piccolo principe che fino a quel momento aveva pur osservato la quantità di piccoli fiori presenti sul suo asteroide, quelli che erano ornati da una sola raggiera di petali e che apparivano un mattino nell’erba e si spegnevano la sera. Fino a quando, un giorno, questo fiore così speciale era spuntato, da un seme venuto chissà da dove, e il piccolo principe aveva sorvegliato da vicino questo ramoscello che non assomigliava a nessun altro ramoscello.

Poche righe che riassumono delicatamente l’approccio adolescenziale con l’innamoramento e marcano la fase di passaggio dall’infanzia ad una diversa età della vita, quella in cui alcune certezze si allontanano, lasciando il posto ad una diversa esplorazione personale del rapporto con l’altro. Non più la fase in cui l’amore genitoriale costituisce quel tutto che dà sicurezza, bensì quella in cui l’osservazione del fiore unico, scrutato con curiosità durante il suo sbocciare, si trasforma in una vera e propria epifania dell’amore acerbo egregiamente descritta da Saint-Exupéry, anche attraverso il corredo dei sentimenti contraddittori che la caratterizzano.

La lettura attenta del testo lascia intravedere, all’interno di una narrazione solo in apparenza semplice e naïf, la fragilità di un sentimento ancora incerto, derivante dallo stupore della novità che si schiude in un momento in cui ancora la vita, pur non offrendo certezze, tende a scardinare ogni equilibrio emotivo precedentemente costituito. È il momento in cui comincia a prospettarsi l’abbandono del nido sicuro, tiepido e protettivo entro il quale sono trascorsi i primi anni di vita. Ma è anche il momento in cui la capacità di amare, intesa nella sua più sconvolgente totalità: quella di farsi dono per l’altro, non è ancora adeguatamente strutturata e può incorrere nel fallimento, nel dubbio, nello sconforto. Il piccolo principe, al proposito, a un certo punto, immagina la guerra tra le pecore e i fiori e la reputa importante, molto più importante delle cosiddette “attività serie, svolte da un uomo serio che non ha mai voluto bene a nessuno, non ha mai respirato un fiore, non ha mai guardato una stella, e ha fatto soltanto addizioni nella sua vita”.

Per lui, il rischio che, in sua assenza, una pecora possa mangiare il suo fiore, pur provvisto di spine atte a difenderlo, è doloroso. “Ma se la pecora mangia il fiore, è come se per lui tutto a un tratto, tutte le stelle si spegnessero!” dice il piccolo principe e nel considerare ciò, scoppia in singhiozzi, mentre la notte cade, avvolgendo ogni cosa. Il simbolico calar della notte, nella narrazione, distoglie l’aviatore dalle sue occupazioni: martello e bulloni vengono abbandonati perché c’è un biondo piccolo principe da consolare, cullandolo tra le braccia e confortandolo con promesse “maldestre” quali “disegnerò una museruola per la tua pecora… e una corazza per il tuo fiore….”, pronunciate con la chiara coscienza che “il paese delle lacrime è così misterioso.”

Le lacrime e i singhiozzi riassumono, nel passaggio narrativo, le incertezze di un’età in cui il ricorso alle braccia dell’adulto, metafora del porto sicuro entro cui ripararsi, si rende necessario al calar delle ombre, che pure governano il nuovo, contraddittorio sentimento, inspiegabilmente avvertito quale fonte di gioia e di turbamento al tempo stesso. E Saint-Exupéry suggerisce così, cautamente, che l’amore adolescenziale va educato, senza troppe parole, semplicemente amando. Al calar della notte, l’adulto deve necessariamente riapparire al fianco dell’adolescente in preda al turbamento, per garantirgli attraverso tale presenza, una soluzione possibile ai suoi problemi, anche fantastica (la museruola,la corazza) ma necessaria per consolidare in lui la certezza della sicurezza affettiva.

Al piccolo principe manca la piena consapevolezza del proprio sentimento, così come il totale autogoverno della propria sfera affettiva, però è capace di contemplare la bellezza e di stupirsene. Tale stupore va salvaguardato e protetto, poiché sarà il fondamento della sua maturità sentimentale equilibrata, ove l’esperienza dell’adolescenza sia trascorsa senza gravi traumi emotivi. Il biondo piccolo principe, con la chioma al vento, percepisce, comunque, l’inadeguatezza dell’ amore che sta vivendo: la rosa è un po’ bugiarda, è egoista, è vanitosa, lo tormenta con le sue richieste ed è complicata! Tenta, addirittura, di fargli venire dei rimorsi! E lui non è ancora pronto a comprendere tutto quanto! Un giorno, lui stesso rivelerà all’aviatore: “ Avrei dovuto non ascoltarlo, non bisogna mai ascoltare i fiori. Basta guardarli e respirarli. Il mio, profumava il mio pianeta, ma non sapevo rallegrarmene. […]

Non ho saputo capire niente allora! Avrei dovuto giudicarlo dagli atti, non dalle parole. Mi profumava e mi illuminava. Non avrei mai dovuto venirmene via! Avrei dovuto indovinare la sua tenerezza dietro le piccole astuzie. I fiori sono così contraddittori! Ma ero troppo giovane per saperlo amare.” È nella bellezza dell’affermazione conclusiva del capitolo dedicato alla rosa, che l’autore sostanzia la grande verità veicolata dolcemente nel corso del racconto: l’amore giovane, adolescenziale non sa ancora prender forma, ma è utile ad aprire la via, non semplice, al sentimento unico, sconvolgente, irripetibile che può legare due anime, quando le stesse si scelgono per affinità e si legano con la responsabile certezza che ogni amore è fonte di contraddizioni, di gioia e di dolore, ma è di sostegno alla vita. Soprattutto, quando, al calar della sera, essendo ormai lontano il nido originario, garante con la propria protezione dello sbocciare della vita stessa, si resta l’uno accanto all’altro, senza andar via, pur se si è divenuti egoisti, un po’ bugiardi, o pretenziosi come la rosa sbocciata sull’asteroide.

Caterina Maria Marra 
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Caterina Maria Marra, nata a Reggio Calabria, dove risiede, è docente di Lingua e letteratura francese presso il Liceo Magistrale “Tommaso Gulli” della propria città. Conduce ricerche sull’iconografia mariana orientale e occidentale ed è autrice di numerosi studi al riguardo pubblicati sulla rivista Calabria Sconosciuta. Già membro del Comitato scientifico della rivista Riforma e Didattica, collabora anche con la locale stampa cattolica.

Ha pubblicato il volume Complessità sociale e successo formativo nella scuola dell’autonomia e in occasione del centenario di fondazione dell’Istituto Magistrale “T. Gulli”, ha contribuito alla redazione del volume Cento Anni 1910-2010, Storia

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