Ponte sullo Stretto: "Opera faraonica dal sapore coloniale"

Ponte sullo Stretto, Leoluca Orlando, candidato alle Europee per Alleanza Verdi Sinistra, a 24 Mattino su Radio 24: Opera faraonica dal sapore coloniale  14/05/2024 - “14 miliardi per realizzare un'opera che tecnicamente non è realizzabile, che massacra l'ambiente non soltanto quello geografico ma anche quello umano con intere deportazione di migliaia di famiglie. Un’opera che insiste per una parte, quella calabrese, sulla falda sismica essendo la zona di Messina esposta ai terremoti. 14 miliardi per un'opera faraonica che sembra un'opera coloniale. Alla Calabria e alla Sicilia si dà una grandissima opera che non si riuscirà mai a realizzare e che impegna 14 miliardi dei quali se ne spenderanno due o tre miliardi soltanto per pagare qualche progettista scelto probabilmente da qualche politico compiacente. Immaginiamo 14 miliardi collocati nel clima del porto di Genova!  È ammissibile che si attrae l'attenzione su quest'opera faraonica dal sapore coloniale e poi

LATTERI (MPA): “L’IRREVERSIBILE FALLIMENTO DEL RUOLO DEI PARTITI”

02/09/2010 - Il dibattito politico di questi giorni, con il continuo richiamo alla sovranità popolare, pone sotto gli occhi di tutti la questione della legittimazione dei rappresentanti. Da una parte si insiste sulla necessità di una riforma della legge elettorale, dall’altra sulla necessità di andare a votare quanto prima possibile con la legge vigente. Veltroni, spingendosi un po’ oltre le generiche affermazioni di tanti altri sostenitori della necessità di riformare la legge elettorale e riaffermando la sua scelta per il bipolarismo, ha proposto una regolazione per legge del sistema di individuazione delle candidature per mezzo delle elezioni primarie.

Al di là della ovvia considerazione sui tempi di realizzazione di un accordo e di emanazione di una normativa, coerenti con la proposta, si pone un problema, forse, più delicato: è proprio necessario ricorrere ad una legge sulle primarie se si vuole raggiungere l’obbiettivo della partecipazione democratica alla formulazione delle candidature?
La risposta presuppone due valutazioni.
In primo luogo, la soluzione proposta sconta l’irreversibile fallimento della funzione e del ruolo dei partiti e l’insuccesso dei tentativi di riduzione del loro numero.
In secondo luogo, l’adozione di un sistema di primarie regolato per legge esige la soluzione di una serie di problemi tecnico-giuridici non indifferenti e la difficoltà di conciliare, in Italia, l’elevato numero di partiti con un sistema, quello delle primarie, che dovrebbe essere tendenzialmente bipolare.
I due problemi che, pure, sono già stati in qualche modo affrontati dalla Corte Costituzionale con pronunce anche molto recenti (ad esempio, la sent. 256 del 7 luglio 2010, in materia di sindacabilità giurisdizionale delle decisioni interne ai partiti), hanno molti punti in comune e devono essere trattati congiuntamente.

Il modello costituzionale di regolazione dei processi di partecipazione alla formazione dell’indirizzo politico nazionale è fondato sul riconoscimento del diritto dei cittadini di associarsi liberamente in ‘partiti’ e sull’esclusione del mandato imperativo nei confronti dei rappresentanti.
Una regolazione coattiva della formazione delle candidature potrebbe incidere gravemente sul modello costituzionale. Non è un caso, infatti, se i tentativi di alcune regioni di introdurre leggi regolative delle primarie sono stati ritenuti legittimi solo in considerazione della loro non obbligatorietà. Diversamente, infatti, si verrebbe ad introdurre un ‘filtro’ fra libertà di associazione in partiti e funzione di formazione dell’indirizzo (art. 49 Cost.) di incerta costituzionalità. Nella sostanza, si verrebbe a vanificare la funzione aggregativa e di orientamento che la Costituzione attribuisce ai partiti.

La soluzione dei problemi tecnico giuridici di cui sopra potrebbe esigere, oltre ad una attenta riflessione, anche una valutazione sulla necessità di un intervento modificativo dello stesso art. 49 Cost.

Diversamente da quanto proposto dall’on. Veltroni, si potrebbe pensare, invece, ad un vero e proprio ‘patto’ fra i partiti (tutti o solo quelli che hanno desiderio di confrontarsi lealmente con l’opinione pubblica democratica) volto all’autodisciplina della funzione di individuazione delle candidature. Senza bisogno di inventare primarie più o meno fasulle o, quanto meno, formalistiche, si potrebbe esplicitare l’impegno ad applicare gli statuti di partito e a garantire il minimo di ‘metodo democratico’, consistente nel rispetto delle regole che ciascuna formazione autonomamente si deve dare. Il problema non sembra tanto peregrino, se è vero che esiste una ricca casistica giurisprudenziale di scontri fra vertici e organizzazioni periferiche di partito che segnalano una grave difficoltà e una sostanziale prevaricazione del metodo democratico. Il metodo del patto attuativo del principio costituzionale, a sua volta, sembra acquisire credibilità se lo stesso Presidente della Repubblica ha ritenuto opportuno proporlo, richiamando il patto costituzionale di legislatura che caratterizza l’attuale accordo di governo britannico.

Mettendo da parte improbabili tentativi di esautoramento dei partiti e di stravolgimento della Costituzione, è, invece, possibile pensare a interventi più realistici e più efficaci sul piano della responsabilizzazione dei partiti, intervenendo sulla legge elettorale.
Il dibattito è aperto e sta registrando interventi significativi in tutte le sedi: dall’appello di un gruppo di sostenitori dell’uninominale, che fa capo al prof. Panebianco e ad altri convinti assertori di quel sistema elettorale, alle dichiarazioni dell’on. Bersani, fino ad un recente articolo dell’on. Mannino.

È ormai chiaro che l’attuale sistema verticistico di formazione delle liste e di sostanziale individuazione degli eleggibili ha mostrato i suoi limiti e la sua sostanziale inefficienza nel garantire la legittimazione del Parlamento.
Non si contano più le critiche all’individuazione verticistica degli eletti. Purtroppo, non sono altrettanto chiare le proposte di soluzione. In particolare, non sembra matura la soluzione che consenta di conciliare la previsione costituzionale del ruolo dei partiti con un metodo elettorale che garantisca la sovranità popolare.
Nell’impossibilità di intervenire con una legge sui partiti, in un momento di così alta tensione e di reciproco sospetto, si potrebbe comunque pensare a reintrodurre, alla Camera, meccanismi di espressione delle preferenze di portata territoriale circoscritta.

Tali meccanismi potrebbero consistere nella formazione di liste con un numero di candidati pari al numero dei seggi da assegnare in collegi molto più piccoli degli attuali (comunque non uninominali), con calcolo della distribuzione proporzionale in sede di circoscrizione regionale, anche in vista di una adeguata riorganizzazione federalista del Paese.
La differenza fra la rappresentatività della Camera e quella del Senato potrebbe, comunque, risultare anche dalla fissazione di ‘soglie’ di ammissione alla attribuzione di livello nazionale per la Camera e di livello regionale per il Senato.
Si otterrebbe, in tal modo, la possibilità di riattribuire all’elettorato il potere di scelta degli eletti che i partiti non hanno esercitato in maniera adeguata e di impedire, comunque, la ricerca di preferenze su larga scala, con le conseguenti distorsioni di organizzazioni clientelari ‘a grappolo’ che tanti problemi posero negli anni passati.

On. Ferdinando Latteri

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