Casteldaccia: la morte di 5 operai lascia sgomenti, ennesimo incidente sul lavoro grave e inaccettabile

Incidente sul lavoro a Casteldaccia: cinque lavoratori perdono la vita e un sesto è in gravi condizioni. La Cisal indice per domani, martedì 7 maggio, uno sciopero generale di 4 ore nel settore privato, a partire dall’inizio del turno di lavoro, "mentre dalle 9 terremo un sit-in di fronte alla Prefettura di Palermo”.   Palermo, 6 maggio 2024 – "L'incidente sul lavoro che a Casteldaccia, in provincia di Palermo, ha portato alla morte di cinque operai e al ferimento di un sesto, ci lascia sgomenti. Esprimiamo cordoglio e vicinanza alle famiglie dei lavoratori coinvolti e chiediamo che si accertino al più presto le cause di questo ennesimo incidente sul lavoro, grave e inaccettabile. La sicurezza sul lavoro è un'emergenza nazionale e come tale va affrontata a ogni livello, coinvolgendo sindacati, imprese e istituzioni". Lo dicono Giuseppe Badagliacca e Daniele Ciulla di Federerenergia Cisal in merito all'incidente sul lavoro avvenuto a Castaldaccia, nel Palermit

MILAZZO, CONTRO LA "PETROLIZZAZIONE" SPOSIAMO LA PROF. D'ORSOGNA

Sul blog di Maria Rita D’Orsogna una bella riflessione sul rapporto tra idrocarburi, inquinamento e tumori. E sull’incapacità di indignarci.

25/08/2009 - Maria Rita D’Orsogna è una professoressa di fisica della California State University. Ma questo non è un post sulla fuga dei cervelli…

Tramite il suo blog, “No all’Abruzzo petrolizzato dalla California“, la professoressa D’Orsogna si batte contro il centro oli di Ortona e, più in generale, contro la “petrolizzazione” della sua regione.

Per un siciliano come me, il centro oli di Ortona è veramente poca cosa: abituato a Gela, Milazzo, Priolo…

Proprio per questo, visti i risultati ottenuti da cinquant’anni di petrolchimico in Sicilia, non posso che sposare la battaglia della D’Orsogna. Meglio fermarli subito…

L’ultimo post del suo blog riporta a galla un articolo de “L’Espresso” di un paio di anni fa in cui si descrive, a tinte fosche, l’Italia dei veleni. E dei tumori.

Il ragionamento è semplice ed è stato affrontato altre volte anche su questo blog: la “pressione” dell’industria del petrolio e dell’energia in determinate aree d’Italia è evidente, ma non si fa nulla per mitigarla o per evitare una fine analoga ad altre aree ancora vergini.

Maria Rita D’Orsogna, infatti, si stupisce dell’immobilismo italiano:

Quello che mi stupisce di piu’ e’ che questa inchiesta di due anni fa non ha portato a quasi nessuno scandalo nazionale. La politica non ha fatto nulla. Le normative italiane per il regolamento delle emissioni industriali sono ancora adesso fra le piu’ blande al mondo. Abbiamo una ministra dell’ambiente, la Prestigiacomo, che si vanta del suo ambientalismo del fare e che si fa vedere a stringersi la mano con i capi dell’ENI. Ancora adesso, mi arrivano un giorno si e uno no email da varie citta’ italiane su proposte di inceneritori, di pozzi di petrolio in posti inimmaginabili, di carbone “pulito”, di centrali a biomasse, di turbogas“.

Devo dire che, in buona parte, ha ragione.

Ha ragione perchè non può essere che, ancora oggi nel 2009, molti cittadini di quelle zone “infette” neanche sappiano o vogliano sapere cosa respirano, bevono o mangiano.

Ha ragione perchè nessuno si scandalizza quando un Questore emette un’ordinanza per tentare di vietare a un comitato locale di fare informazione su temi ambientali di fronte a una delle centrali elettriche più inquinanti d’Italia.

Ha ragione perchè nessuno dice nulla quando una biologa marina mostra alla stampa pesci con la lisca storta pescati nella rada di Augusta e destinati, se non fossero stati intercettati prima, a finire nel piatto in qualche ristorante locale.

Ha, forse, un po’ meno ragione quando trasforma la doverosa reazione a tutto questo in un “no” assoluto a qualsiasi cosa.

Io sono dell’opinione che, visto che in questa assurda società moderna ci viviamo e ci sguazziamo tutti, alcuni compromessi vanno accettati: non tutte le centrali elettriche sono uguali (tra una termoelettrica ad olio combustibile e una turbogas a ciclo combinato c’è un abisso); le raffinerie possono essere in buona parte filtrate; i cavi dell’alta tensione possono essere interrati per ridurre al minimo i rischi delle emissioni elettromagnetiche e mille altre cose si possono fare per riprendere in mano il nostro ambiente, la nostra salute e il nostro futuro.

Ma nessuno fa niente.

E allora, forse, ha ragione Maria Rita D’Orsogna che è contraria a tutto per principio.

O, forse, per preceauzione…

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