Scorie nucleari: anche a Trapani il NO assoluto al deposito nazionale di rifiuti radioattivi

Manifestazione NO deposito scorie. Ciminnisi (M5S): "Auspichiamo presa di posizione di maggioranza e Governo di centrodestra".  La deputata ARS Cinqustelle Cristina Ciminnisi presente, unitamente alla coordinatrice Territoriale del M5S Francesca Trapani, alla manifestazione contro le scorie nucleari avvenuta a Trapani. Trapani, 2 maggio 2024  – "Come abbiamo già fatto a Segesta, anche a Trapani, oggi abbiamo manifestato il nostro NO assoluto al deposito nazionale di rifiuti radioattivi nei nostri territori. Come MoVimento 5 Stelle Sicilia, lavoreremo perché l’ARS approvi la mozione affinché Trapani e Calatafimi non diventino la pattumiera d’Italia. Ci preoccupa il fatto che non abbiamo ancora ascoltato un NO altrettanto deciso da parte della maggioranza di centrodestra, né da parte del Governo Regionale. Al contrario, sembrano giungere da autorevoli rappresentanti del territorio preoccupanti voci di 'disponibilità a valutare' le 'opportunità economiche'.

MESSINA, ENTE PORTO O NON ENTE PORTO, NON È QUESTO IL PROBLEMA!

05/02/2010 - di Caterina Sartori* - Il dibattito insorto circa la legittimità, o meglio l’opportunità politica, del permanere dell’Ente Porto tra i soggetti istituzionali aventi un ruolo decisionale e proprie pertinenze nell’ambito della Zona Falcata, riporta
l’attenzione della città verso la più complessiva ed annosa questione della riqualificazione della “Zona Falcata” e più complessivamente di tutte le aree inerenti la fascia costiera, prossime o meno all’area occupata dalla stazione ferroviaria centrale, costituenti il “porto storico”.
Non tanto per alimentare il conflitto quanto il confronto, mi sembra opportuno appena ricordare come, in passato, qualcuno abbia messo pure in dubbio l’opportunità se non la legittimità dell’istituzione di una Autorità Portuale a Messina, anche se per motivi diversi da quelli che portano a contestare la permanenza dell’Ente Porto, oggi.
Vorrei tra l’altro ancora evidenziare il fatto che, sino a tempi molto recenti, la “Zona Falcata” rappresentava un avamposto strategico della Marina Militare Italiana nel Mediterraneo, presentando il porto, particolare vocazione in tal senso e che, scelte dettate da non si sa quale “strategia” alternativa a livello governativo centrale, favorirono altre realtà isolane rispetto a Messina, facendo perdere alla città il suo prestigio di “base navale militare”, sul quale continuare ad imbastire un’idea forte di “capitale del Mediterraneo”.
Dico tutto ciò per evidenziare come, in realtà, il problema reale è costituito, a mio parere, dal fatto che, ad oggi, non sembra sia ancora delineata chiaramente una strategia di sviluppo per la città contemporanea, strategia che, peraltro, non può che trovare la sua ragion d’essere nella stretta interconnessione anche funzionale, tra la città più propriamente intesa e un porto in attività, mentre al contempo si continua ad assistere all’abbandono ad illegalità di ogni genere, anche di quelle aree che non sono oggetto di contesa, nella accondiscendenza delle amministrazioni locali.
L’esistenza di attività portuali, ancorché “pesanti”, a meno di soluzioni alternative valide scientificamente e tecnicamente note (spostamento di alcune attività a Tremestieri), deve essere comunque valutata nell’ambito di un piano economico delle attività portuali, anche alla luce delle ricadute occupazionali, naturalmente nel rispetto delle regole di sanità pubblica (assunto “scontato” quest’ultimo, che non può certo costituire un elemento di scelta) e dei risvolti in termini di mantenimento di attività tradizionalmente vive nella realtà portuale messinese come alcune tipologie di cantieristica.
Peraltro, vorrei osservare come le funzioni di un porto attivo, non devono essere considerate necessariamente conflittuali con altre attività più propriamente urbane, né con la tutela di beni architettonici, archeologici o paesaggistici, come del resto insegnano alcune note realtà europee. La capacità delle amministrazioni, deve essere allora quella della concertazione tra diversi soggetti al fine di trovare soluzioni compatibili con i diversi usi, di disegnare un articolato palinsesto senza mortificare o annullare le vocazioni e le specificità locali che costituiscono il discriminante di una realtà urbana strategica.
Occorre saper pensare e, quindi, progettare, ai “margini” tra realtà territoriali aventi funzioni diverse ma complementari, nelle cosiddette “aree di transizione” o di interrelazione. In questa capacità si misura la possibilità di mantenere l’identità di una realtà urbana e la sua specificità ed unicità nel panorama europeo e mondiale.
Nel caso di Messina, lavorare ai “margini” significa progettare luoghi e funzioni laddove aree strettamente portuali incontrano istanze e spazi in cui è difficile stabilire una netta separazione tra l’urbano e il portuale, consentendo alla città di non rinunciare al suo ruolo strategico di porto ma coniugando ad esso ulteriori ipotesi di rilancio e sviluppo.
Il problema prioritario è quindi, a mio parere, che il porto di Messina, e con esso la “Zona Falcata”, possa ritrovare una sua forte identità nell’ambito di un percorso condiviso tra i diversi soggetti istituzionali presenti, proiettandosi in un circuito più ampio quale quello della portualità regionale siciliana e, quindi, mediterranea, divenendone nodo complementare nell’ambito di una strategia che favorisca il recupero e la valorizzazione delle sue potenzialità e vocazioni.
Ciò nell’ambito di un progetto complessivo che assegni alla Sicilia intera, un ruolo forte nel Mediterraneo e in direzione di uno sviluppo economico duraturo che non può alimentarsi in modo endogeno ma deve costruirsi e proiettarsi su una rete di funzioni e relazioni molto estese ed ampie, oltre Stretto.
Un Piano Regolatore del Porto in una città come Messina, diverrebbe allora anche “il” Piano Regolatore della città, cioè un piano di sviluppo, motore propulsivo dell’economia urbana e non più solo uno strumento tecnico-organizzativo, in bilico tra il ridisegno di aree e in un dialogo incerto con una città che, nel frattempo, non lo segue né è in grado di pianificare sé stessa e il proprio sviluppo. In quest’ottica, anche il polo fieristico, anch’esso inserito in un circuito di programmazione estesa a livello regionale, potrà contribuire a delineare l’identità complessiva del porto, inteso come parte integrante dello sviluppo della città.
Dunque, la questione che si pone, a mio parere, potrebbe portare in sé le soluzioni per una più celere e condivisa organizzazione ed amministrazione delle aree afferenti al porto, favorendo anziché ostacolando il percorso verso la riqualificazione delle stesse, secondo un progetto articolato che guardi allo sviluppo complesso della città, programmato sulle sue specificità e non su una semplificazione o addirittura “banalizzazione”, delle problematiche in campo che porta solo a conflitti che non avrebbero ragion d’essere e favorisce disegni occulti che sembrano trascinare Messina verso il nulla.

(*) arch. Caterina Sartori
Presidente de L’altra città e dell’Istituto Mediterraneo di Bioarchitettura Biopaesaggio Ecodesign

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