Casteldaccia: la morte di 5 operai lascia sgomenti, ennesimo incidente sul lavoro grave e inaccettabile

Incidente sul lavoro a Casteldaccia: cinque lavoratori perdono la vita e un sesto è in gravi condizioni. La Cisal indice per domani, martedì 7 maggio, uno sciopero generale di 4 ore nel settore privato, a partire dall’inizio del turno di lavoro, "mentre dalle 9 terremo un sit-in di fronte alla Prefettura di Palermo”.   Palermo, 6 maggio 2024 – "L'incidente sul lavoro che a Casteldaccia, in provincia di Palermo, ha portato alla morte di cinque operai e al ferimento di un sesto, ci lascia sgomenti. Esprimiamo cordoglio e vicinanza alle famiglie dei lavoratori coinvolti e chiediamo che si accertino al più presto le cause di questo ennesimo incidente sul lavoro, grave e inaccettabile. La sicurezza sul lavoro è un'emergenza nazionale e come tale va affrontata a ogni livello, coinvolgendo sindacati, imprese e istituzioni". Lo dicono Giuseppe Badagliacca e Daniele Ciulla di Federerenergia Cisal in merito all'incidente sul lavoro avvenuto a Castaldaccia, nel Palermit

Agrigento, sequestrati beni per oltre 700 mila euro alla mafia di Ribera

Si ribaltano i trattori: due morti in Sicilia a Modica e a Casteltermini
22/04/2010 - La Direzione investigativa antimafia di Agrigento ha sequestrato beni per un valore di 700.000 euro all'imprenditore Biagio Smeraglia, 47 anni, di Ribera, e ad alcuni componenti del suo nucleo familiare. Vincolati terreni, mezzi industriali, conti correnti e quote societarie.
Il provvedimento e' stato emesso dal Tribunale di Agrigento, su proposta avanzata dalla Dda di Palermo, e in particolare dal Dipartimento di Criminalita' Economica, coordinato da Roberto Sscarpinato, a conclusione di indagini bancarie e patrimoniali della Dia, diretta dal generale dei Carabinieri Antonio Girone. (AGI)
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Sicilia e Campania maglia rosa nelle buone pratiche
nel 40% i beni sono affidati ad associazioni nel 27% a cooperative complessivamente nel 73% sono affidati al Terzo settore

Dal Veneto alla Sicilia, attraversando il Lazio e la Campania. Uno, dieci, cento buone prassi di riutilizzo dei beni confiscati. Oltre 100 esempi concreti di beni confiscati alle mafie e restituiti alle comunità locali per uso sociale. E’ stata presentata presso la Federazione Nazionale della Stampa la pubblicazione “Beni confiscati alle mafie: il potere dei segni. Viaggio nel paese reale tra riutilizzo sociale, impegno e responsabilità” curata dall'Agenzia delle Onlus in collaborazione con la Fondazione Liberainformazione. Per la prima volta viene presentato un quadro dettagliato e analitico delle buone esperienze di utilizzo di beni confiscati per mezzo delle quali le comunità locali hanno dato risposta alla domanda di legalità che la cittadinanza pone in territori soffocati dalle mafie.

La conferenza stampa ha visto la partecipazione del Presidente dell’Agenzia, Stefano Zamagni unitamente ad alcuni Consiglieri, di Carlo Borgomeo, Presidente della Fondazione per il Sud, e di Roberto Morrione, Presidente di Libera Informazione - Osservatorio nazionale sull’informazione per la legalità e contro le mafie.

La ricerca raccoglie le buone prassi osservate nella gestione dei beni sottratti alla criminalità organizzata e destinati ad uso sociale. L’attenzione è in particolare rivolta all’impegno profuso da soggetti del Terzo settore nel dare concreta applicazione alla L. 109/1996 “Disposizioni in materia di gestione e destinazione di beni sequestrati o confiscati”. “Potere dei segni”, dunque, a significare come uno, dieci, cento passi di responsabilità sono davvero in grado di mostrare che quando istituzioni e società civile si muovono insieme possono liberare territori dalla opprimente presenza della criminalità.

“Obiettivo della ricerca - ha commentato Stefano Zamagni - è presentare per la prima volta in modo sistematico l'impegno concreto e la passione profusa dai soggetti del Terzo settore nel dare concreta applicazione alla legge 109/96. Gli oltre 100 passi di legalità dimostrano che quando le istituzioni e i soggetti della società civile responsabile cooperano fattivamente i frutti positivi arrivano copiosi contribuendo a creare una nuova cultura della legalità e del senso civico.”

Nello specifico sui 116 casi presi in esame dalla ricerca, la Sicilia e la Campania si distinguono per numero di esperienze realizzate rispettivamente con 31 e 27 iniziative di riutilizzo. Per quanto riguarda il quadro delle realtà affidatarie, per il 40% dei casi i beni confiscati sono affidati alle associazioni, nel 27% dei casi alle cooperative e nel 18% ad enti-istituzioni. E' evidente il ruolo propositivo del cosiddetto “Terzo settore” che complessivamente rappresenta il 73% del totale degli enti affidatari. Se si guarda alla tipologia del bene riutilizzato, nel 30% dei casi riguardano villa-palazzina, nel 17% riguardano tipologia di terreno. Solo lo 0,9% riguarda l'azienda e si riferisce ad uno dei pochi casi di riutilizzo o meglio di continuità produttiva sotto una rinnovata gestione di un'azienda, la Calcestruzzi Ericina, sottratta alla criminalità organizzata.

La ricerca analizza anche le difficoltà riscontrate nella gestione dei beni confiscati. Il 57% è stato consegnato in un grave stato di degrado e abbandono e nel 43% dei casi analizzati le realtà affidatarie hanno avuto forti difficoltà di tipo economico. La questione dell'abbandono dei beni è molto più problematica nel caso di terreni agricoli e fondi coltivati a frutteto o vigna. In conclusione nel 37,7% delle esperienze analizzate le attività di uso sociale sono destinate alla cittadinanza nella sua totalità. Un dato significativo dal valore non solo simbolico ma anche di trasformazione reale delle condizioni di vita delle persone che trovano spazio e voce nelle aree liberate dall'oppressione mafiosa.
Ricerca sui beni confiscati alle mafie

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