Scorie nucleari: anche a Trapani il NO assoluto al deposito nazionale di rifiuti radioattivi

Manifestazione NO deposito scorie. Ciminnisi (M5S): "Auspichiamo presa di posizione di maggioranza e Governo di centrodestra".  La deputata ARS Cinqustelle Cristina Ciminnisi presente, unitamente alla coordinatrice Territoriale del M5S Francesca Trapani, alla manifestazione contro le scorie nucleari avvenuta a Trapani. Trapani, 2 maggio 2024  – "Come abbiamo già fatto a Segesta, anche a Trapani, oggi abbiamo manifestato il nostro NO assoluto al deposito nazionale di rifiuti radioattivi nei nostri territori. Come MoVimento 5 Stelle Sicilia, lavoreremo perché l’ARS approvi la mozione affinché Trapani e Calatafimi non diventino la pattumiera d’Italia. Ci preoccupa il fatto che non abbiamo ancora ascoltato un NO altrettanto deciso da parte della maggioranza di centrodestra, né da parte del Governo Regionale. Al contrario, sembrano giungere da autorevoli rappresentanti del territorio preoccupanti voci di 'disponibilità a valutare' le 'opportunità economiche'.

COL BULINO DISEGNÒ GIOIOSA GUARDIA E LA SUA STORIA

2b (1) Era il messinese Antonio Bova, sacerdote secolare, incisore a Palermo. Si occupò di cartografia, di scenografia, di ritrattistica e di iconografia sacra. È autore della maggior parte delle tavole inserite nell’opera di A. Leanti, Lo stato presente della Sicilia, pubblicato a Palermo nel 1761
Gioiosa Marea, 27/06/2010 - di Giuseppe Alibrandi - Col bulino disegnò Gioiosa Guardia: era il messinese Antonio Bova (1688–1775), sacerdote secolare che svolse l’attività di incisore a Palermo dal 1727 al 1773.

Nel corso di tale attività si occupò di cartografia, di scenografia, di ritrattistica e di iconografia sacra. È autore della maggior parte delle tavole inserite nell’opera di A. Leanti, Lo stato presente della Sicilia, pubblicato a Palermo nel 1761, tra cui il ritratto dello stesso autore. Le edizioni Giada, Palermo, nel 1983 ne hanno curato una ristampa a firma di T. Augello, La Sicilia nelle incisioni del Bova. E’ lui l’autore dello scorcio panoramico di Guardia che il pittore Sozzi, nel suo studio di Palermo, trasferì nel quadro di Santa Barbara. Il pittore Sozzi non fu mai a Guardia o nella chiesa di santa Maria delle Grazie. Il Bova oltre che incisore fu anche viaggiatore per motivi di lavoro e col suo bulino raccontò, come scrive Salvo Di Matteo in Historie siciliane ( Ila Palma, Palermo 1987) non solo Palermo ma anche la Sicilia di allora con le sue coste, torri e tonnare con la pescagione dei tonni come si praticava in Trapani. Raramente si mettevano in viaggio questi artisti e le loro botteghe erano delle industrie dove si replicavano in serie statue e quadri che i committenti andavano a scegliersi in Palermo.

I lettori del blog ricorderanno l’appello rivolto ai gioiosani amanti dell’arte e delle tradizioni popolari attorno al Simulacro di Santa Maria delle Grazie di cui avevamo rivelato l’esistenza della versione a stampa riprodotta su lastra di rame, con l’epigrafe che, tradotta dal latino, suona: “Vera Effigie del Venerando Simulacro di Santa Maria delle Grazie esistente nella Chiesa dei Chierici Secolari nella comunità dei viventi dell’Università della Gioiosa Guardia, opera del Gagini, della medesima Università Patrona”, interrogandoci sull’autore e chiedendo di scrivere nelle pagine del blog una sorta di Wikipedia sulla storia di quel simulacro. L’appello lanciato sul blog è stato raccolto. I lettori sono intervenuti e i loro contributi hanno fatto decollare questa storia, come quello dell’arciprete don Salvatore Donzì che ha scambiato una tesi di laurea sul Sozzi con la nostra stampa, quello del dott. Michele Spadaro con la sua biblioteca ricca di testi sui Pittori del settecento siciliano. Sul blog è arrivato il contributo del prof Giampaolo Chillè di Messina, che si occupa di scultura del comprensorio nebroideo e di pittura del settecento siciliano – quindi di entrambi sia del Sozzi che del Bova – Ci scrive che il Bova era un bravo incisore che ci ha lasciato varie stampe di Messina e di Palermo, ma non c’entra assolutamente nulla con Gioiosa, ovvero che la firma del Bova che compare accanto a quella del Sozzi nel cartiglio della stampa, come ipotizzato da noi in un primo momento, non è quella dell’arciprete della Giusa committente il lavoro.

L’arciprete della Giusa sotto la cui arcipretura vengono commissionate al Sozzi gran parte delle tele conservate nella chiesa madre e museo di Gioiosa è don Domenico Barberi ( 1724-1745) e la sua arcipretura coincide con l’attività artistica del Bova e del Sozzi. Una delle prime tele commissionata al Sozzi, anzi la prina delle commissioni del Sozzi per la Chiesa madre della Giusa, restaurata nel 1981 e di cui con l’arciprete ci siamo ripromessi una verifica sul posto ( G. Barbera in Bollettino 1981, scheda 13, pg 159 ) è firmata a sinistra “ Olivius Sozzi A.D. 1737”. Molte di queste tele sono soggetti replicati a Catania e a Palermo. Nella stampa riprodotta su lastra di rame della venerata effigie della Madonna delle Grazie accanto alla firma del Bova che la lavorò a bulino compare , a sinistra, quella di Olivius Sozzi, seguita dall’abbreviazione “del.”, che sta per delegavit. Sozzi delega Bova a raccontargli con il suo bulino com’era fatta Giusa Guardia. Critici e curatori di mostre scrivono che le stampe devote del Bova erano firmate soltanto con il cognome, le stampe “laiche”, destinate a un pubblico diverso da quello devoto tra il quale era noto, erano accompagnate dalla firma per esteso come per la stampa della Madonna delle Grazie: Sac. Ant. Bova, sc, che può essere letto come secolare con riferimento al sacerdote o con il meno probabile scultore con riferimento all’attività, come lascia intendere l’abbreviazione “ scul.” nella pescagione dei tonni a Trapani.

La scoperta della stampa del Bova incisore che opera a Palermo (1727 al 1773), nello stesso periodo del Sozzi (1690-1765) dimostra che la tela detta Santa Barbara esposta nella matrice di Gioiosa Marea, in fondo alla navata centrale, a destra dell’altare maggiore, non è la prima nè l’unica rappresentazione settecentesca di Guardia vista da Patti. A meno che non vogliamo ipotizzare che l’autore originario non sia lo stesso Gagini e che lo scorcio panoramico di Guardia visto da Patti non faccia parte del blocco scultoreo originario uscito dalla bottega palermitana del Gagini e il cui basamento, durante il trasferimento da Guardia a Ciappe di Tono, andò perso. Come pure è possibile che l’incisore Bova si sia liberamente ispirato, scenografo qual’era, alla vista della contemplazione del parorama. Sulla base di questa duplice ipotesi la ricostruzione della nostra storia diventa intrigante.

Il Di Marzo, autore del “ Gaggini e le sculture in Sicilia”, Palermo 1885, racconta che Antonello Gagini si mette in società con Matteo Sarzana per commercializzare i vini della vigna di Carini, un investimento che aveva fatto con i proventi derivanti dalla sua arte. Secondo l’atto stipulato in Palermo il 6 luglio 1527, l’accordo tra i due era quello di imbarcare i vini della vigna di Carini e venderli a Brolo, nelle terre dei Lancia, il cui feudo si estendeva fino alle terre di Ficarra, Galati, Longi, Piraino. Il commercio in vini divenne occasione per commesse di nuove opere. Quella del commercio era una vocazione di famiglia al pari dell’arte. Famiglia di cavatori di marmo, divennero scultori passando dal mazzuolo al bolino. Ma è soprattutto in terra di Ficarra che si concentra la produzione artistica del Gagini e tra le commissioni affidategli di opere da allocare nella Chiesa dell’Annunziata o di Santa Maria del Gesù ci sono quelle delle famiglie dei Piccolo, Cardinali, Maraffa e dei baroni Lanza. Per la terra di Ficarra l’artista lavorò fino al giorno della sua morte (1478-1536) Ora mentre le opere destinate su commissione a Ficarra sono elencate nell’opera del Di Marzo che pure fa un viaggio di ricognizione nelle terre che furono dei Lancia, nessuna citazione viene fatta delle opere commissionate e destinate alla vicina Giusa nel secondo tomo dell’opera, sebbene ormai il loro trasferimento alla più vicina Ciappe di Tono, Gioiosa Marea, alla data del 1885 sia stato completato.

Restano incomprensibili le ragioni per le quali il Di Marzo che si dà criteri di obiettività e testualmente qualche volta scrive “ non ho veduto se esista” per indicare se ha avuto contezza o meno dell’opera gaginiana, non si sia spinto dalla vicina Ficarra alla nuova Gioiosa per censire le statue dei Gagini. Secondo la stima del Di Marzo facevano parte di un repertorio minore uscito dalle botteghe palermitane dei Gaggini? Il controllo incrociato, tra il Di Marzo e le statue presenti a Gioiosa, ci avrebbe permesso un raffronto fra le varie tipologie di statue, modelli e basamenti. Allo stato attuale della ricerca delle opere del Gaggini a Ficarra si conoscono i contratti di commissione, di quelle di Gioiosa no! La loro storia riposa ancora negli archivi notarili, parrocchiali e diocesani.
Nondimeno ci siamo messi alla ricerca di un repertorio modellistico vicino alla fattura artistica della Madonna delle Grazie in Gioiosa e su indicazione del Di Marzo l’abbiamo trovato a Pollina, nella Chiesa della Madonna delle Grazie: Nostra Donna col divin figlio poppante in grembo, scolpita in Palermo nel 1515 per once 16 ( L. 204), finita dorata e toccata di fine azzuolo, un color turchino scuro. Lo stile è quello di Antonello Gaggini, l’attribuzione è confermata dal contratto di commissione.

La tipologia iconografica dei due modelli è identica: madonna col divin figlio poppante in grembo, la statua di marmo bianco di Gioiosa è in posizione eretta, quella di Pollina in posizione seduta; il panneggio è simile, entrambe di fine dorato e toccate di fine azzuolo. La Madonna delle Grazie di Gioiosa è di incerta attribuzione, forse attribuibile allo stile di Giacomo Gagini, ma fino al giorno in cui non scopriremo il contratto di commissione diremo che è di scuola gaginesca, cioè uscita da quella fabbrica di madonna di serie, in cui non c’era committenza, ma si sceglieva tra i tanti modelli. Il basamento di queste madonne gaginesche si ripete: ora è la scena del presepe o il convito di Cristo con gli apostoli, tal’altra quella dell’annunciazione, la dormizione della vergine come nel modello di Gibilmanna, attribuito ad Antonello Gagini.

Il basamento della statua della Madonna delle Grazie in Gioiosa fa storia a sè e sicuramente non fa parte degli stilemi gagineschi, ma è una libera interpretazione del Bova incisore che col suo bulino raccontò com’era Guardia vista da Patti a servire il pittore Olivio Sozzi alla ricerca di un’invenzione per il suo Santa Barbara commissionatagli dalla Universitas della Joiusa.

Giuseppe Alibrandi
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