Ponte sullo Stretto, De Luca a Germanà: smentiteci se avete gli elementi per farlo

Ponte sullo Stretto: C. De Luca a Germana': smentiteci se avete gli elementi per farlo. A questa truffa di Stato diciamo NO e siamo pronti a reagire per difendere la Sicilia e i siciliani.  Messina, 26/04/2024 - "È chiaro che il buon Ninitto Germana' ancora una volta non ha capito cosa sta accadendo. Poco male, ancora una volta proviamo a spiegarglielo magari gli facciamo un disegnino così gli viene più facile. Rispetto alle considerazioni sulla partecipazione ai nostri eventi neanche rispondiamo... Per noi parlano le immagini che mostrano il popolo libero. Abbiamo denunciato ieri sera a Torre Faro la truffa di Stato che il buon Matteo Verdini sta mettendo in atto ai danni della Sicilia e dei Siciliani. Germana' se ne ha gli elementi risponda nel merito delle verità che ieri sera abbiamo portato a conoscenza della città.  Inutile tentare di sviare il discorso. Germana' e Salvini scendano in piazza a smentirci. Qualcosa mi dice però che questo non avverrà perché abb

A BROLO LA PRESENTAZIONE DEL VOLUME GLI INSABBIATI

Brolo (Me), 28/04/2012 - Ieri mattina, venerdì, a Brolo, al cine teatro comunale Luciano Mirone autore de Gli Insabbiati" parlando delle storie dei giornalisti siciliani uccisi dalla mafia ha dato lezione di "Stato ed antistato" di "mafia e Antimafia".
L'evento organizzato dall'Amministrazione Comunale e dall'Istituto Comprensivo brolese ha coinvolto vaste rappresentanze di studenti dei licei Classici e Scientifici di Patti e Capo d'Orlando,
i ragazzi dell'Istituto Professionale "Gepy Faranda", quelli dell'Alberghiero di Brolo ed i più giovani delle "medie" di Brolo e Tortorici. Tutti attenti durante il monologo finale per ricordare Cosimo Cristina, il primo giornalista ‘suicidato' da Cosa Nostra".
Interventi anche di Turi Schepis, che "raccontato" da un'attenta prospettiva il libro e da Francesco Moscato il presidente del consiglio comunale brolese.
Un appuntamento importante, nato senza l'enfasi dell'evento, ma che di fatto lo è stato. Un incontro con i giovani, non solo brolesi, per una lezione di "antimafia" , che ha visto convergere al cine teatro comunale Brolo interessi, passione e voglia di approfondimento.
A promuovere l'incontro con lo scrittore Luciano Mirone sono stati l'assessore alla cultura del comune di Brolo Maria Ricciardello ed il dirigente scolastico del locale Istituto Comprensivo Nunziatina Lacchese, alle quali è toccato il compito di avviare i lavori condotti da Massimo Scaffidi. Tante le testimonianze che sono giunte dal palco:
Luciano Armeli - Scrittore, autore de "le vene violate" - sul caso Manca - ha parlato dell'importanza e del ruolo del giornalista, soffermandosi anche sulla figura del “cronista” Luciano Mirone.
Larissa Bollaci - Dirigente Scolastico di Tortorici; che si è soffermata sul ruolo della scuola, sull'impegno sociale di quest'istituzione, parlando della sua esperienza a Tortorici.

Francesco Moscato - Presidente del Consiglio Comunale di Brolo ha rivendicato il ruolo che un'amministrazione attenta deve avare per creare spazi anche per il confronto, il dibattito, per non abdicare a nessuno il ruolo che le competete.
Turi Schepis, dicente, impegnato da sempre nelle battaglie politiche e sociali contro la mafia, già sindaco di Floresta ha "raccontato" il libro soffermandosi sul valore e sul ruolo della cultura anche sul fronte della lotta alla mafia, e sull'impegno collettivo della denuncia e del sostegno a chi denuncia.
L'incontro ha avuto il fattivo contributo degli alunni sia delle "medie" brolesi che dell'alberghiero che hanno "disegnato" i profili dei giornalisti uccisi. Così Laura, Greta, Sabrina, Charima, Andrea, Melissa, Maria Teresa, Graziella, Francesca. e Melania hanno dato voce a Giuseppe Fava, Peppino Impastato, Mario Francese, Mauro De Mauro, Beppe Alfano, Cosimo Cristina, Giovanni Spampinato mentre Matteo leggeva una poesia -"mafia"- di Vittorio Ballato.
Un lavoro certamente importante quello che hanno condotto i tanti docenti brolesi che hanno fatto leggere ai loro ragazzi il libro di Mirone, - che si avvale della prefazione di Rita Borsellino - lo hanno analizzato e dibattuto ( Maria Rosa Squillacioti è la responsabile Progetto Legalità IC Brolo).

Alla fine il monologo scritto e recitato dallo stesso Autore: "Un scandalo italiano. La storia di Cosimo Cristina, il primo giornalista ‘suicidato' da Cosa Nostra" con le musiche di Giuseppe De Luca e le immagini di Francesco Mirone.

Maria Ricciardello, tra i ringraziamenti finali ha citato l'interesse e l'apporto dato per realizzare questa manifestazione da parte del professore Michelangelo Gaglio e l'interesse delle dirigenti scolastiche Graziella Scalisi Gullotti e Flavia Scavello.

In sala presenti anche a testimoniare il loro impegno i rappresentanti dell’Oratorio Brolese e della Sak be (Pierluigi Gammeri e Antonio Traviglia), associazione alla quale si deve l’iniziativa di far realizzare uno spazio-monumento dedicato proprio a Peppino Impastato.

La presentazione del libro a cura di Turi Schepis.

La prima edizione di questo libro risale al 1999. Pubblicato da una piccola casa editrice, non era facile trovarlo in libreria. Quando l’ho visto in una piccola libreria l’ho comprato perché mi aveva colpito il titolo “Gli insabbiati”. Il termine “insabbiare” viene utilizzato quando in un processo non si riesce, perché non si vuole, arrivare a stabilire la verità. Comincia a passare il tempo, la memoria si fa sempre più labile, anche i nomi si dimenticano e tutto viene avvolto in un passato nebuloso di cui è difficile stabilirne i contorni. Nei delitti di mafia, e non solo, questo avviene e di certe vicende si conserva solo un ricordo lacunoso. Il titolo suggeriva che, ad essere insabbiati non erano stati solo i processi, ma le persone, persone da cancellare dalla memoria.

Effettivamente nel 1999 chi sentiva parlare di Cosimo Cristina o di Mario Francese ? Anche di Peppino Impastato, al cui immagine è poi emersa dopo il film di Marco Tullio Giordana, “I cento passi”, la memoria, per molti ani, è stata conservata dai suoi amici, da chi aveva condiviso con lui la militanza politica, e da pochi altri, ma ricordo che la stampa, tranne qualche eccezione, non ha mai parlato di Peppino Impastato e l’anniversario della sua morte passava sotto silenzio.

Questo libro aveva il pregio di parlare di otto giornalisti, qualcuno famoso come Mauro De Mauro, altri pressoché sconosciuti, “uccisi dalla mafia e sepolti dall’indifferenza” si trattava di far emergere dalla memoria indistinta delle vittime di mafia una serie di nomi senza farne però delle icone da venerare o da utilizzare in modo più o meno improprio,per evitare il rischio che spesso si corre quando si comincia a definire eroi alcune persone, poi si decontestualizzava il loro impegno e finivano col diventare dei nomi simbolo da ricordare e su cui trasferire nostre idee e nostre aspirazioni.

Il libro ha il pregio di evitare questo rischio, di parlare di questi giornalisti non come di eroi da ricordare, ma come persone normali che nell’ambito del loro lavoro, nel caso dei giornalisti professionisti, o del loro impegno politico, come Giovanni Spampinato, Peppino Impastato e Mauro Rostagno, si erano scontrati con il potere mafioso e allora dovevano scegliere se, come diceva Giuseppe Fava, “avere un concetto etico di giornalismo, fatto di verità” che non solo registra fatti, ma ne cerca le motivazioni spesso negate da molti, fare del loro impegno politico un modo per cambiare realmente la società o limitarsi a una generica adesione ideologica. Questa scelta ha determinato il loro destino. Il libro ci restituisce queste persone con tutta la loro biografia, fatta di etica professionale, di passione, di impegno civile. Non si può scindere l’impegno antimafia di Peppino Impastato dal suo impegno politico in Democrazia Proletaria; il giornale che lui aveva fondato si chiamava “L’idea socialista”, come non si può scindere l’attività antimafia di Mauro De Mauro dal suo rigoroso impegno di cronista che a distanza di anni cercava ancora di sapere la verità sull’incidente aereo in cui era morto Enrico Mattei. Nello stesso tempo è importante nel libro lo sforzo di ricostruire la vita “ normale” di queste persone, Giuseppe Fava che viene ucciso quando va a prendere la nipotina al teatro, Mauro De Mauro che viene sequestrato poco dopo aver comprato una bottiglia di vino per festeggiare la figlia che fra due giorni si sarebbe sposata, Giuseppe Spampinato che viene ucciso mentre si prepara per l’ultimo esame all’università; si tratta di persone comuni costrette dalle vicende che li circondano a diventare eroi; diceva il drammaturgo Bertolt Brecht” felice quel popolo che non ha bisogno di eroi”, ma a volte bisogna fare delle scelte, scegliere come fare il giornalista, scegliere come fare attività politica, e queste scelte portate avanti con coerenza hanno determinato il destino degli otto giornalisti di cui Luciano Mirone ha tracciato il profilo in questo libro.

L’autore del libro ha iniziato la sua attività giornalistica con Giuseppe Fava, cioè con un giornalista che quando nessuno parlava di ramificazioni della mafia nel mondo delle imprese o della finanza (non di imprese e di strutture finanziarie ricattate dalla mafia, ma di imprese e di poteri finanziari che erano espressione della mafia) fondava un giornale d’inchiesta che non si limitava a denunciare la mafia, ma ne cercava le ramificazioni, gli intrecci con un potere oscuro e, apparentemente, legale e li denunciava non in saggi o in libri che avrebbero avuto una diffusione limitata, ma fondava un giornale, “I siciliani”, che era possibile trovare in edicole. L’attenzione del cronista è evidente in questo libro, nello sforzo di contestualizzare le biografie dei singoli giornalisti.

Un secondo pregio del libro è il tono divulgativo, non si tratta di un saggio sulla mafia, ma di un testo facilmente leggibile (mi è capitato diverse volte di farlo leggere ai miei alunni) che, attraverso singole vicende, rende evidente il potere pervasivo e incontrastato della mafia, la sua contiguità con pezzi della società o del potere politico, la “normalità” del potere mafioso.

Infine un’osservazione sul mestiere di giornalista. C’è una funzione importante nel mondo del giornalismo, il giornalismo d’inchiesta, cioè il giornalismo che non si limita a registrare notizie, ma le cerca, si sforza di vedere i legami tra fatti apparentemente diversi, proprio come nel caso di Ilaria Alpi che con le sue indagini ha scoperto le connessioni in Somalia tra aiuti allo sviluppo, commercio di armi e traffico di rifiuti pericolosi; queste connessioni non erano evidenti, era necessario che qualche giornalista facesse appunto un lavoro di inchiesta, Ilaria Alpi è stata uccisa ed ancora il tribunale non ha accertato tutte le responsabilità proprio per aver fatto questa inchiesta.

Libertà di stampa vuol dire proprio possibilità di fare inchieste, di scoprire verità che resterebbero nascoste o solo sussurrate, quando queste verità si scontrano con il potere mafioso e non solo il mestiere di giornalista diventa un mestiere pericoloso.

Nella prima pagina del libro c’è una citazione di Giuseppe Fava che è importante rileggere:” Io ho un concetto etico di giornalismo. Un giornalismo fatto di verità impedisce molto corruzioni, frena la violenza e la criminalità, impone ai politici il buon governo. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo , si porta sulla coscienza tutti i dolori che avrebbe potuto evitare e le sofferenze, le sopraffazioni, la corruzione, le violenze , che non è stato capace di combattere”. A noi resta il dovere del ricordo. E qui vorrei aggiungere un ricordo di Placido Rizzotto e di tutti quei dirigenti del movimento contadino e operai che per decenni sono stati in Sicilia l’unica opposizione alla Mafia.