Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

'LA RESURRESSIONI', L'UNICA SACRA RAPPRESENTAZIONE IN LINGUA SICILIANA A ROMA E ORVIETO

"La Resurressioni" è l’unica sacra rappresentazione pervenutaci nel Quattrocento in volgare siciliano: attenzione, non si può parlare di dialetto siciliano. Il siciliano è una vera e propria lingua, utilizzata sia per la letteratura, sia per la comunicazione pubblica. Il siciliano perde questa funzione nella prima metà del XVI secolo

Roma, 06/04/2013 - La "Resurressione", sacra rappresentazione siciliana, sarà rappresentata il prossimo 11 aprile nella Chiesa degli Artisti di Piazza del Popolo, a Roma. Dopodiché, il 13 aprile andrà in scena ad Orvieto, Chiesa SS. Apostoli.
La Resurressioni è la sacra rappresentazione di Marcu di Grandi (Siracusa, inizio XV sec. - seconda metà del XV sec.) nell’adattamento teatrale di Filippo Arriva con le musiche di Mario Modestini. La regia è di Camillo Sanguedolce Bùmbica, gli elementi scenici e i costumi di Marina Roberti. Da Sigismondo d’India (1580 ca. - 1629 ca.) ed Emanuele Rincon d’Astorga (1680-1757).

La Resurressioni è l’unica sacra rappresentazione pervenutaci nel Quattrocento in
volgare siciliano [attenzione: a quest’altezza cronologica non si può parlare di
dialetto siciliano; il siciliano è una vera e propria lingua, utilizzato sia per la
letteratura, sia per la comunicazione pubblica. Il siciliano perde questa funzione
nella prima metà del XVI secolo], databile, con molta probabilità, tra il 1418 e il 1434.
Prima che Rosalia Anastasi Campagna la portasse alla luce nel 1913, la convinzione era
che in Sicilia non vi fossero state forme di teatro sacro prima del Cinquecento, ovvero
prima della Rappresentazione della creazione del mondo e dell’incarnato Verbo, dramma
sacro scritto da Teofilo Folengo su richiesta del Vicerè don Ferrante Gonzaga e
rappresentato nel 1538 a Palermo, nella chiesa Santa Maria della Pinta, ragione per la
quale l’opera viene anche ricordata con la denominazione di Atto della Pinta.

Marcu di Grandi era certo un “uomo di teatro”, lo si deduce dalle presenti indicazioni
registiche nelle didascalie che accompagnano il testo de La Resurressioni. Esse sono
documento di una pratica scenica della sacra rappresentazione, con precise indicazioni
per tutto ciò che pertiene alla scenografia, alle azioni, ai modi della recitazione, alle pose,
agli abiti, agli oggetti che gli attori devono maneggiare sul palcoscenico.

La Resurressioni è strutturata in strofe di ampiezza diversa, distici, terzine, quartine,
sestine, ottave; strofe predominanti le quartine, che superano il centinaio. I versi sono
prevalentemente endecasillabi, caratterizzati da anisosillabismo (quando si formano, su
una struttura ritmica regolare, un numero di sillabe maggiori o minori, rispetto a quelle
tradizionali, determinando una lunghezza variabile del verso., tratto comune a testi di
questo genere.

Interpreti Riccardo Petrozzi (Christus), Margherita Patti (Maria), Antonella Schirò (Maddalena), Ilaria Manocchio (Maria di Cleophas), Giovanni Grasso (Spiziale e Filippus), Adriano Squillante (Discepolo e Compagnu di Cleophas), Gaetano Lizzio (Cleophas), Stefano Onofri (Thomasius), Franco Sciacca (Petru). Musicisti in scena sono Carlo Enrico Macalli (flauto), Agnese Coco (arpa), Andrea Noferini (violoncello) e Marzia Zanonzini (mezzosoprano).

Riportiamo, per offrire un esempio del linguaggio usato da Marcu di Grandi, un momento de "La Resurressioni".

Et vanu tostu allegri a li apostuli; 
et incomenza a diri PETRU a ttutti:
Dundi incomencirò? chi dirrò nanti?
la mia allegriza oy lu meu doluri?
Di l’una parti mi commovi a planti,
pensandu chi negay lu meu Signuri.
744
Criyu chi tutti ben vi arrecordati:
lu iovidì, la sira, illu mi dissi
chi lu divia negari tri fïati
innanti chi lu gallu duy cantassi.
748
Et eu chi li respusi arditamenti
ca era paratu cun issu muriri
et comu mi perdivi tristamenti,
chi appena eu midesmi lu so diri.
752
Poy chi fu prisu, non abandunay,
ma,
longa manu
, puru lu sequia;
essendu in casa di Anna et eu chi intray
per vidiri lu fini, si eu putia.
756
Et eu mi accostay a lu focu per scalfari,
ca era braxa et gran fridu fachia;
et unu dissi a mmi: «Tu si, mi pari,
dixipulu di Cristu»; et eu timia;
prestamenti incomenzay a nnegari,
dichenduchi: «Eu non sachu chi» dichia.
762
Unu di quilli, audendumi parlari,
dissi: «Per certu, tu si galileu:
la tua loquela ti fa palisari!»
Et di zà da capu ancora nigay eu.
766
Ma una scava cun resguardu tortu:
«Tu si di quilli veramenti!
Non ti vidi cun ipsu intra l’ortu?».
Et tandu perdivi tutti sentimenti.
770
Oy me dulenti! - Allura incomenzay
a detestari e ffari iuramenti:
«Non lu canuxu, nè llu vidi may;
non sachu chi tu dichi veramenti».
774
In quillu stanti lu gallu cantau
et eu mi arregorday subitamenti:
tuttu lu sangui in corpu mi siccau,
ixivi di fora et plansi amaramenti.
778
Ma Cristu glorïusu redempturi,
chi cun li braza aperti a tutti ayta,
non voli morti di lu peccaturi,
ma chi ipsu si converta et haia vita;
782
et non obstanti chi lu havia negatu,
ià non mi volci in tuttu abandunari;
dramenti chi eu plangia lu meu peccatu,
illu mi apparsi et fichimi levari
et dissi: «O Petru, e
u resursitatu;
levati susu, chi ti ò perdunatu».
788
Eu mi levay, ma subitu cadivi,
confusu di virgogna e di allegr
za;
tuttu trimandu, non sapia chi diri,
pensandu chi fichi tanta offe
nza;
et poy mi comandau chi eu venissi
et a vuy altri quistu referissi.

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