
Tindari (Messina), 13/05/2013 – Questa sera, lunedì 13 maggio alle 21.10, su Rai1 andrà in onda la replica dell'episodio ‘Gita a Tindari’, dall’omonimo romanzo di Andrea Camilleri per la serie il Commissario Montalbano, con Luca Zingaretti. La vicenda: un triplice omicidio, un giovane dongiovanni che viveva al di sopra delle sue possibilità apparenti, due anziani pensionati che improvvisamente decidono una gita a Tindari, vengono ammazzati.
Montalbano ha una maledizione, sa leggere i segni che provengono dall'antichissimo che vive nel modernissimo continente Sicilia: lo aiutano un vecchio ulivo contorto, la sua squadra, la svedese Ingrid, un libro di Conrad, e un Innominato senza pentimento.
Che strano il maestro Camilleri, 'oramà' rende romanzeschi i nomi delle cittadine siciliane che mette nei suoi coinvolgenti romanzi (come Vigàta) e assegna ai ‘cristiani’, alle persone in carne ed ossa, i nomi dei paesi, Montalbano (Elicona), Sinagra. Tindari no. E non lo fa solo coi morti ma pure coi cristiani vivi e vegeti,
nirbùsi e
squieti.
Il nome della bella Tindari è rimasto tale, consentendo a questo luogo magico della costa tirrenica messinese di diffondere ulteriormente la sua fama, nelle quattro stagioni supportata dalla sua storia millenaria, dalla bellezza conturbante e per qualche tempo ancora (forse) selvaggia, dalla fede e dalla spiritualità; d’estate da Mario Biondi ed altri cantanti da stadio.
Qua, nel romanzo e nella fiction, Tindari è luogo di gita, come lo è nella realtà per molti siciliani durante l’anno (ma non solo siciliani). Si capisce perciò che i protagonisti devono essere del comprensorio di competenza del commissario Montalbano, che presta servizio a Vigàta, in Sicilia si, ma fuori dall’influenza del commissariato di Patti, cui sarebbero spettate le indagini se il delitto si fosse consumato in territorio di Tindari.
I coniugi Griffo (due dei tre morti complessivi del romanzo) erano stati avvistati l'ultima volta durante una
gita a Tindari, con uno dei molti gruppi organizzati che realmente sono i visitatori più abituali della città fondata da Dionisio di Siracusa nel 396 a.C., che prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre putativo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.
Nel romanzo il delitto c’è ed è triplice addirittura ma non avviene a Tindari: il commissario Montalbano e i suoi collaboratori scoprono e smantellano un'organizzazione criminale con stretti legami con la mafia internazionale. L'assassinio di un giovane si incrocia con la contemporanea scomparsa di due anziani coniugi. Non è casuale però che tutte e tre le persone uccise abitassero nello stesso palazzo:
condomini. I due anziani coniugi erano stati visti l'ultima volta in pubblico durante la gita a Tindari, dopodiché non si erano più avute loro notizie.
Il Commissario Montalbano, perciò, indaga tra l'immaginaria Vigàta e Tindari, il promontorio a picco sul mare del Golfo di Patti, di fronte alle Isole Eolie, «col piccolo, misterioso teatro greco e la spiaggia a forma di una mano con le dita rosa».
Niente paura dunque. A Tindari il peggio che possa capitare è il vento. Tanto che il grande Salvatore Quasimodo vi dedicò imperituri versi:
Tindari, mite ti so/ Fra larghi colli pensile sull’acque / Delle isole dolci del dio,/ oggi m’assali e ti chini in cuore.
Una gita a Tindari, perciò, è magicamente consigliabile. E d’estate portano i cantanti.
m.m.
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