Vendita AGI, Antoci: “Operazione priva di trasparenza. Si applichi il Media Freedom Act”

Vendita AGI, Antoci (Capolista M5S Collegio “Isole”): “Operazione priva di trasparenza. Si applichi il Media Freedom Act”. Nota Stampa di Giuseppe Antoci, candidato capolista circoscrizione “Isole” alle elezioni europee col MoVimento Cinque Stelle 4 mag 2024 - "Lascia sgomenti la decisione di ENI, azienda partecipata dello stato, di trattare la cessione dell'agenzia di stampa AGI con il parlamentare leghista Angelucci. Un'operazione "folle", come giustamente definita da Giuseppe Conte. Altrettanto allarmante è il fatto che la vendita si stia realizzando mediante una trattativa privata in assenza di un bando di gara a tutela della trasparenza dell'operazione. Bisogna arginare condotte come queste applicando il "Media Freedom Act", legge europea per la libertà dei media tesa a proteggere i giornalisti e i media dell'UE da ingerenze politiche o economiche e ad evitare la concentrazione dei media sotto il controllo politico (come nel caso di Angeluc

MASSIMO MOLLICA A PATTI: LA VITA E IL TEATRO RACCONTATI DA CHI VIVO NON È PIÙ

Patti (Me), 08/08/2013 - In Cina sempre più gente non riesce a comprarsi la tomba e se pure ci riesce è consapevole che la proprietà durerà massimo 25 anni. Per i vivi - invece - il diritto di proprietà della casa dura 70 anni. Yu Hua, tra i maggiori scrittori cinesi, uno dei pochissimi conosciuti fuori dalla Cina, ha ‘usato’ il suo ultimo racconto, “Il settimo giorno”, per criticare la crudeltà della realtà in Cina: la vita raccontata da chi vivo non è più.
Una casa editrice privata (e molto coraggiosa) ha deciso di pubblicarlo, correggendo solo un cosa: che in Cina solo in due posti la sicurezza del cibo è garantita: il ‘luogo per i morti senza una tomba’, e Zhongnanhai (la cittadella a ovest della Tienanmen dove vivono i leader).

A Patti è stata coraggiosa la decisione dell’amministrazione comunale di commemorare il grande capocomico Massimo Mollica, l’attore con la luna (storta, ndr) per cappello. Storta, quanto è storta la luna per ciascuno che guardi la realtà con coscienza, come Yu Hua guarda la Cina, criticandola quando necessario. Per commemorare Massimo Mollica si sono mossi in tanti: i suoi familiari, le figlie Silvia e Rossana, il sindaco Mauro Aquino, il direttore artistico del Tindari Festival, Anna Ricciardi, gli attori Adele Spadaro, Tuccio Musumeci, Filippo Amoroso, Giovanna Battaglia, Marco Dentici, Walter Manfrè, Donatella Venuti, il musicista Luca Pincini, l’avv. Mino Licordari, etc.

Ed è stata una bella serata, ricca di ricordi, di cordialità e di cimeli, con riferimento alla mostra allestita negli stessi locali del Convento San Francesco, dove rimarrà visitabile sino al marzo 2014 la mostra inaugurata ieri, curata da Donatella Merlo, che rappresenta un percorso immaginario e suggestivo all’interno della lunga carriera dell’artista messinese Massimo Mollica.
Messinese, appunto, anche se Mollica fu pure pattese di Patti, gioiosano di Gioiosa Marea e pacese di Pace del Mela, dove nacque. Ma è proprio l’ingratitudine della città di Messina che ieri sera, come nell'ultimo racconto di Yu Hua, “Il settimo giorno”, ha dato l’impressione che la vita fosse “raccontata da chi vivo non è più”.

Quel personaggio intelligente e scomodo che fu Massimo Mollica - infatti - ("che vivo non è più”) ha parlato ieri sera con la voce di Mino Licordari, di Walter Manfrè, della figlia Silvia, di Tuccio Musumeci, di Adele Spadaro, etc., per sottolineare (tra le tante cose belle e positive che costellano la vita e il lavoro dell’attore messinese) come Messina non abbia avuto grandi attenzioni per l’attore e sembrerebbe non volerne avere nemmeno oggi, a tre mesi dalla sua scomparsa. Naturalmente non è alla gente di Messina o al pubblico messinese che si intende fare riferimento e in molti si sono augurati che presto Messina vorrà ricordarlo e celebrarlo.
“Meglio morire combattendo per la libertà che vivere da schiavi”, diceva Bob Marley. E coralmente Massimo Mollica è stato descritto, con le parole di Mino Licordari, come attore impareggiabile e geniale, come uomo tenace e costante, combattente per la libertà, per non vivere da schiavi. Costante al di sopra di tutto, pure (o specie) nel lottare per la causa del teatro a Messina (e non solo).

E se ne mancava, ha provveduto Tuccio Musumeci a rincarare la dose, descrivendo lo stato di abbandono in cui versano il teatro in Sicilia e la Sicilia stessa, dove le attenzioni per questo comparto culturale sono davvero poche e preoccupanti. Musumeci ha ricordato con parole affettuose e importanti la figura di Massimo Mollica, inquadrandolo nel contesto del teatro regionale e nazionale. Lo stesso attore catanese ha approfittato per 'fare raccontare' a Massimo Mollica, “a chi vivo non è più”, la pessima situazione in cui versa il teatro ma pure la realtà sociale e politica in Sicilia e in Italia.
Tuccio Musumeci ha così 'affidato' al collega e amico di tanti anni, il compito di riscattare il teatro e la Sicilia, gli uomini e le cose di questa terra tradita dalla politica e dai potenti, in un’Italia mai veramente unità, in un’Europa unita solo a parole, di fatto autoreferenziale e distante dal teatro, dalla cultura e dalla gente.

Un Tuccio Musumeci tanto acclamato quanto garbato, suadente e istrionesco, padrone del palcoscenico e ‘vendicatore’, come uno dei lavori teatrali che diedero a Massimo Mollica notorietà e soddisfazioni, malgrado la sua condizione di ribelle non gli consentisse di tollerare la realtà bacchettona e burocratica, di essere acquiescente col potere e con la politica. Così è apparso il grande attore Tuccio Musumeci, sferzante e a volte aspro nel giudicare la realtà e la politica, tanto da volersi a tratti 'scusare' col sindaco di Patti, Mauro Aquino, sebbene i presenti siano sempre esclusi.
Così Marco Dentici, lo scenografo di fiducia, l’uomo di teatro che guarda il palcoscenico con lenti sognatrici ma la realtà con occhi disincantati, tanto da dire che Massimo Mollica non ha ricevuto a Messina quanto ha dato e questo non va bene, sa molto di ingratitudine e tradimento.
Così il regista Walter Manfrè, che Massimo Mollica riprese con sé come attore, nella prorpria compagnia, dopo che lo Stabile di Catania lo aveva ‘censurato’ per certe sue intemperanze giovanili. Massimo Mollica lo aveva (ri)accolto e valorizzato. Mollica era il teatro, sapeva riconoscere le risorse di Messina, gli attori in erba ("ma ci devono essere – ha detto Licordari – per poterli trovare").

Massimo seppe amare Messina e il teatro, Messina non ha saputo valorizzare abbastanza Massimo Mollica.
Non è mai troppo tardi...

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