Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

SICILIA: POVERI NOI, CON MILLE EURO AL MESE NEL DESERTO INDUSTRIALE, DOVE LA DISOCCUPAZIONE PROSPERA

Sud a rischio povertà e deserto industriale. Il 20% delle famiglie siciliane con meno di 1.000 euro al mese. Nel 2014 Pil a +0,1% al Sud, +0,9% al Centro-Nord. Puntare su città, fonti rinnovabili, infrastrutture e logistica. La fotografia del Mezzogiorno nel Rapporto SVIMEZ 2013 
Roma, 18/10/2013 - Un Mezzogiorno a rischio desertificazione industriale, dove i consumi non crescono da cinque anni, si continua a emigrare per il Centro-Nord, il tasso di disoccupazione reale supera il 28%, crescono le tasse e si tagliano le spese, ma una famiglia su 7 guadagna meno di mille euro al mese, e in un caso su quattro il rischio povertà resta anche con due stipendi in casa.
Secondo la SVIMEZ occorre rilanciare una visione strategica di medio-lungo periodo, che veda nella riqualificazione urbana, energie rinnovabili, sviluppo delle aree interne, infrastrutture e logistica i principali drivers dello sviluppo. Questa la fotografia che emerge dal Rapporto SVIMEZ sull’economia del Mezzogiorno 2012 presentato a Roma giovedì 17 ottobre.

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato, in occasione della presentazione del 'Rapporto SVIMEZ 2013 sull' Economia del Mezzogiorno', al Presidente Adriano Giannola, il seguente messaggio:

"Il Rapporto affida alla comune riflessione un quadro inquietante delle condizioni economiche e sociali del Mezzogiorno: dalle analisi che vengono proposte emerge con chiarezza come le conseguenze negative della crisi economica in atto si ritrovino amplificate nel contesto delle regioni meridionali, con il diffondersi di gravi situazioni di disagio.
Preoccupazione crescente, più di ogni altro dato, suscita l'opprimente carenza di opportunità di lavoro e di prospettive per il futuro che suscita in molti giovani sfiducia se non rinuncia o li spinge a cercare faticosamente fuori del mezzogiorno e dell'Italia occasioni di lavoro in cui investire le loro potenzialità. Tale impoverimento di un essenziale patrimonio di risorse umane non può che risultare foriero di pesanti conseguenze e dunque inaccettabile per le regioni meridionali. La via da perseguire deve perciò essere quella dell'avvio di un nuovo processo di sviluppo nazionale che trovi una solida base nelle grandi energie e capacità umane presenti nel meridione.
In questa direzione è necessaria una riqualificazione delle stesse istituzioni, che permetta di superare diffuse inefficienze e di assicurare la realizzazione di politiche nazionali ed europee dirette alla crescita dell'economia e dell'occupazione.
Nell'esprimere il mio sentito apprezzamento a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione del rapporto, che rappresenta un importante contributo di analisi e di indirizzo, invio a lei, illustre presidente, e a tutti i partecipanti alla presentazione dell'opera il mio più cordiale saluto ed augurio di buon lavoro".


Traccia dell’intervento di Riccardo Padovani, Direttore della SVIMEZ
EMERGENZA ECONOMICA AL SUD NELLA RECESSIONE ITALIANA

Crescono il ritardo dell’Italia rispetto all’Europa
e il divario Nord-Sud
La recessione nel 2012 ha investito l’econo
mia italiana in misura più
accentuata rispetto al resto d’Europa. Dopo la dras
tica flessione del Pil nel 2008-2009,
seguita da un biennio di leggera ripresa, la caduta
del Pil si è riproposta infatti con
particolare intensità, colpendo in modo più forte i
l Sud, che già non aveva partecipato
alla debole ripresa del 2010-2011.


Il Pil italiano è diminuito nel 2012 del
-2,4%. E le analisi concordano nel
prospettare anche per il 2013 un calo del prodotto,
pur se di intensità ridotta rispetto al
2012, con una possibile inversione ciclica solo nel
2014. Tale peggioramento ha cause
congiunturali: esterne, come la brusca riduzione de
lle prospettive di crescita dentro e
fuori l’Europa e le tensioni finanziarie collegate
alla crisi del debito sovrano; interne,
legate alle politiche di bilancio restrittive conne
sse agli sforzi di risanamento del debito
pubblico. Ma anche cause strutturali, come la crisi
di competitività che da oltre un
decennio è una caratteristica dell’economia italian
a: infatti, nel periodo 2001–2012 il
divario nei tassi di crescita rispetto ai principal
i paesi europei è stato pari ad oltre l’11%,
essendo l’economia italiana cresciuta solo dell’1,6
% rispetto al 14% di quella francese,
al 14,3% di quella tedesca, al 21,2% di quella spag
nola.

Secondo la SVIMEZ, nel 2012 il Pil è calato nel Me
zzogiorno del -
3,2%, approfondendo la flessione già registrata l’a
nno precedente. Il calo è stato
superiore di oltre un punto a quello rilevato nel r
esto del Paese (-2,1%).
Ma soprattutto è il quinto anno cons
ecutivo, dal 2008, che il tasso di
crescita del PIL meridionale risulta negativo: il p
rodotto dell’area si è ridotto del -
10,1%, quasi il doppio della flessione registrata n
el Centro–Nord.
La flessione è stata maggiore nell
e regioni del Sud perché risentono di
una fragilità strutturale del sistema delle imprese
, le quali sono meno attrezzate a
resistere a una dinamica negativa del ciclo così lu
nga e intensa. La maggiore fragilità è
dovuta a un’amplificazione dei problemi tipici dell
’economia italiana: ridotta dimensione media delle imprese, scarsa innovazione,
inefficienza dinamica del modello
di specializzazione internazionale, insufficiente g
rado di apertura verso l’estero, che si
trasformano in bassa produttività e limitata capaci
tà competitiva.

Il prolungarsi della crisi ha portato a un ulteri
ore allargamento del
divario di sviluppo dell’economia del Mezzogiorno c
on il Centro-Nord. A partire dal
2010, se si considera, infatti, il divario in termi
ni di Pil pro capite, il gap ha ripreso a
crescere, passando quello del Mezzogiorno dal 58,8%
di quello del Centro-Nord nel
2009, al 57,4% nel 2012. Tale dinamica, che è stata
determinata in massima parte da un
peggioramento dei livelli relativi della produttivi
tà dell’area, ha interrotto la tendenza
positiva in atto dal 2001 fino al 2009.

Il peggior andamento del PIL meridionale nel 2012
è dovuto, oltre che allo stimolo relativamente inferiore offe
rto dalle esportazioni, a causa del
notevolmente minore grado di apertura internazional
e dell’economia dell’area,
soprattutto ad una più sfavorevole dinamica della d
omanda interna: sia per i consumi, in
netta flessione, sia per il crollo degli investime
nti.
Nel 2012 i consumi finali interni hanno segnato al
Sud un calo del -4,3%, di
oltre mezzo punto percentuale maggiore rispetto a q
uello del Centro-Nord. La
differenza tra le due aree è soprattutto dovuta all
a dinamica dei consumi delle famiglie,
il cui calo nel Mezzogiorno (-4,8%) è risultato di
un punto percentuale superiore a
quello registrato nel resto del Paese .

Nel complesso del quinquennio 2008 -2012 la cadut
a cumulata
dei consumi delle famiglie - attribuibile, per part
e importante, alle più critiche
prospettive del mercato del lavoro dell’area, con u
na caduta dell’occupazione di quasi
quattro volte maggiore che al Nord - ha superato ne
l Mezzogiorno i nove punti
percentuali (-9,3%), risultando di oltre due volte
e mezzo maggiore di quella registrata
nel resto del Paese (-3,5%). Il calo cumulato della
spesa è stato al Sud del -11,3% per i
consumi alimentari, di ben il -19,2% per il vestiar
io e calzature, ma anche del -12,6% -
quattro volte in più che nel Centro-Nord – per gli
“altri beni e servizi”, categoria di
consumo che comprende servizi per la cura della per
sona, spese per la cultura, viaggi,
etc. La fortissima caduta dei consumi del Sud ha pr
obabilmente concorso in non piccola
misura a rallentare anche la ripresa dell’economia
del Centro–Nord, per il quale il
Mezzogiorno continua a rappresentare un importante
mercato di sbocco.
L’impatto della caduta dell’occupazione, verificata
si con la crisi, sui redditi delle
famiglie, è stato così forte da innescare una spira
le negativa minori redditi – minori consumi – meno crescita – meno lavoro.

Tale spirale non solo allunga ulteriormente i
tempi di recupero dalla crisi e, quindi, il depaupe
ramento, anche permanente, del tessuto
produttivo e del capitale umano dell’area meridiona
le, ma rischia di compromettere la
stessa tenuta sociale di molte realtà territoriali
del Mezzogiorno.
Nell’intero periodo 2008–2012, decisamente più inte
nso è stato al Sud anche
l’impatto delle manovre di contenimento della spesa
pubblica, con una contrazione
cumulata dei consumi della Pubblica Amministrazione
del 6%, quattro volte più intensa
rispetto al resto del Paese.

La dinamica complessiva del quinquennio di crisi
ha visto un’interruzione del processo di accumulazione in en
trambe le parti del Paese. Gli
investimenti fissi lordi hanno accusato, nel 2012,
una caduta del -8,6% al Sud, maggiore
che nel Centro-Nord e più che raddoppiando il calo
rispetto all’anno precedente. Nel
quinquennio 2008 – 2012, la riduzione cumulata degl
i investimenti è stata del 25,8% nel
Mezzogiorno e di poco meno del 22% nel Centro-Nord.
A livello settoriale, l’aspetto che maggiormente ca
ratterizza la caduta di
accumulazione del capitale del Mezzogiorno è costit
uito dal vero e proprio crollo degli
investimenti dell’industria in senso stretto, ridot
tisi tra il 2007 e il 2012 di quasi il 47%.
Una riduzione più che doppia rispetto a quella, pur
di per sé assai marcata, avutasi nel
Centro-Nord (-21,4%).
Nel complesso del periodo che va dal 2001 al 2012 -
che passa da un già
sostanziale indebolimento del processo di investime
nto nel periodo pre crisi ad una
drastica caduta con la crisi - la contrazione dell’
accumulazione industriale ha assunto
nel Sud una dimensione pressoché epocale, crollati
del 50% a fronte del -15% nell’altra
parte del Paese.

Il peggioramento dell’attività economica ha rigua
rdato nel 2012 tutte le Regioni italiane. Le Regioni meridionali presentano
andamenti piuttosto differenziati,
anche se tutti negativi e per la maggior parte di e
sse nettamente più sfavorevoli rispetto
al dato medio del Centro-Nord. Se si analizza l’int
ero quinquennio di crisi 2008 – 2012,
si confermano le profonde difficoltà in cui versano
due tra le più grandi Regioni del
Sud, la Campania e la Sicilia, con cali cumulati di
Pil, rispetto al 2007, rispettivamente
del 10,8% e dell’11%.
(Fig. 8
) I processi di crescita e di convergenza tra le Re
gioni in ritardo di
sviluppo, come quelle del Mezzogiorno, e quelle “
core
” dell’Europa, come molte delle
regioni del Centro-Nord, sono stati profondamente i
nfluenzati dalla crisi. Un’analisi per l’Europa a 15 Paesi, basata
sulla dinamica del prodotto misurato in PPA, mostra che nel
periodo 2007 – 2010 la flessione cumulata dell’atti
vità produttiva è risultata maggiore
per l’insieme delle regioni della Convergenza, e pa
ri a -3,5%, rispetto a quelle della
Competitività (-1,7%).
Questi effetti si sono avvertiti, in particolare, n
ell’ambito dell’Europa a 15, nei
paesi dualistici, dove esiste un forte divario regi
onale, come Germania e Italia; in questi
due paesi la flessione produttiva è stata maggiore
nelle aree in ritardo di sviluppo, con
un differenziale pari a quasi 5 punti percentuali i
n Germania (-4,3% contro + 0,5%) e
più di uno e mezzo in Italia (-4,6% contro -2,9%).
In Grecia e Spagna, paesi con
differenze regionali non così marcate come in Itali
a e Germania, sono state invece,
almeno fino 2010, le regioni Convergenza a soffrire
di meno della crisi.
Le regioni del Mezzogiorno sono quelle, tra le regi
oni Convergenza dell’Europa
a 15, dove è stata più ampia la caduta dell’attivit
à produttiva, peggiore di 0,3 punti
percentuali di quelle tedesche, di 0,6 punti di que
lle greche, di 0,8 di quelle spagnole.
1.2. Le previsioni per il 2013: il Paese ancora in
recessione, più grave al Sud.
Secondo stime effettuate con il modello di previs
ione regionale
SVIMEZ-IRPET, aggiornate allo scorso settembre, nel
2013 il Pil italiano dovrebbe
calare dell’1,8%. A scala territoriale, la caduta d
ell’attività sarebbe maggiore nel Sud (-
2,5%) che nel resto del Paese (-1,6%).
Nel 2013, in entrambe le circoscrizion
i, nessuna componente della domanda
dovrebbe posizionarsi in terreno positivo, ad eccez
ione della stazionarietà, nel solo
Centro-Nord, dell’export (nel Sud -0,1%). E’ questa
una circostanza che sottolinea,
ancora una volta, quanto pesi il drammatico calo de
lla domanda interna nel contrastare
una ripresa robusta dell’economia.
La dinamica dei consumi delle famiglie – stimata ne
l 2013 in circa il -4,4% nel
Mezzogiorno e nel -2,9% nel Centro–Nord - appare pe
nalizzata, sia nelle regioni
meridionali che in quelle centro-settentrionali, da
lla flessione del reddito disponibile, che
fa seguito al calo già sperimentato nel 2012.
Quanto agli investimenti, va sottolineato l’ulterio
re crollo previsto per l’anno in
corso nel Mezzogiorno, che, a fronte di un calo sti
mato a livello nazionale del -6,7%,
diminuirebbero al Sud di circa l’11,5%.
...................
La presentazione  dal Rapporto SVIMEZ sull’economia del Mezzogiorno 2012 

Giovedi 17 ottobre 2013 – Sala delle Conferenze di
Piazza di Monte Citorio - Piazza di Monte Citorio 123/A - Roma

Ore 9.00-9.45 Registrazione dei partecipanti
Ore 10.00 Presentazione del “
Rapporto SVIMEZ 2013
” di Riccardo PADOVANI,
Direttore SVIMEZ
Relazione di Adriano GIANNOLA,
Presidente SVIMEZ
Ore 11.00 Interventi
Domenico BAGALA’,
Amministratore Delegato MEDCENTER Terminal Container
Paolo BUZZETTI*,
Presidente ANCE
Stefano CALDORO,
Presidente Regione Campania
Gianluca COMIN,
Executive Vice President di ENEL S.p.a.
Giorgio LA MALFA,
Consigliere “Fondazione Ugo La Malfa”
Marco MAGNANI,
Direttore Servizio Studi di struttura economica e f
inanziaria Banca d’Italia
Luigi PAGANETTO,
Facoltà di Economia – Università “Tor Vergata” di Roma
Nichi VENDOLA,
Presidente Regione Puglia
Ore 13.00 Conclusioni
Carlo TRIGILIA,
Ministro per la Coesione Territoriale

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