Albergatori e quant’altri sono costretti a lievitare il prezzo della stanza in quanto incide sul costo del lavoro. E’ condivisibile il pensiero di coloro che affermano che l’imposta è “sbagliata nel principio, oltre che nei fatti, perché alimenta l’inflazione ed allontana i turisti” di Gaetano Zingales *
Palermo, 15/01/2014 - L’imposta o tassa di soggiorno, partorita dal governo precedente, viene giudicata da più parti quanto mai iniqua e male digerita da coloro che la devono applicare – albergatori e
quant’altri – che sono costretti a lievitare il prezzo della stanza o del vitto e alloggio in quanto incide sul costo del lavoro. E’ condivisibile - al di là delle disquisizioni giuridiche e delle sentenze dei vari T.A.R - il pensiero di coloro che affermano che l’imposta è “sbagliata nel principio, oltre che nei fatti, perché alimenta l’inflazione ed allontana i turisti”.
Incide, appunto, sull’esborso del denaro che i turisti devono sganciare laddove essa è stata deliberata dai Comuni, deputati discrezionalmente ad applicare il Dlg che la disciplina. Invero, se si considera il turista straniero o italiano, di medio o comunque di reddito contenuto, che vuole trascorre un periodo di vacanze in uno di questi soggiorni “tassati”, questi potrebbe essere distolto dal considerare una siffatta scelta. E’, quindi, il turismo sociale che viene colpito; non certamente quello di èlite che frequenta hotel dal 4 stelle in su. Il benestante non viene “traumatizzato” da una maggiorazione del prezzo, rispetto a quello per il solo soggiorno, per alcune decine di euro pur moltiplicate per i familiari o per le persone che l’accompagnano.
La fuga del turismo sociale dalla tassa di soggiorno ha le sue ripercussioni sull’economia e sul lavoro della Sicilia, terra ad alta vocazione turistica.
Poiché la Regione Sicilia non ha competenza legislativa in materia fiscale, nella discrezionalità, che i Comuni hanno nell’applicazione della legge in argomento, deve essere vagliata attentamente se la vantata entrata nelle casse dell’ente riesce a coprire il taglio dei contributi statali non tenendo conto del danno economico che quel centro subisce, attraverso il calo del flusso turistico. La mannaia della tassa colpisce, infatti, la molteplicità delle ricadute sull’occupazione e dei prodotti vendibili– alimentari, souvenir, gadget, bigiotteria, abbigliamento vacanziero e tutto ciò che fa parte degli appetiti dell’ospite in vacanza -, nonché l’immagine (vessatoria) di quel polo turistico.
Un’ulteriore considerazione va fatta e riguarda quei comuni che incamerano il balzello”destinandolo alle spese correnti e non, invece, imputandolo ad un capitolo specifico per gli interventi relativi alla manutenzione ed alla tutela dei beni culturali locali. Se si vuole lasciare la tassa di soggiorno serve una normativa chiara sul fatto che il gettito vada a salvaguardia dei beni artistici e dell’ambiente e non a coprire buchi di bilancio”. Almeno questo dovrebbe essere fatto!
Gaetano Zingales
Membro del Coordinamento regionale del Partito Socialista dei Siciliani
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