Appalti pubblici, Antoci dopo il caso Palermo: "La digitalizzazione degli appalti non diventi una nuova zona grigia del malaffare”

SANITÀ E APPALTI DIGITALI, L’UE CHIAMATA A CHIARIRE DOPO IL CASO PALERMO.  Antoci: “La tecnologia negli appalti pubblici deve rafforzare la trasparenza, non renderla aggirabile.  La digitalizzazione degli appalti   deve diventare garanzia di integrità, non una nuova zona grigia dove il malaffare si reinventa.”   Bruxelles, 11/04/2025 – Un’indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Palermo ha svelato un inquietante meccanismo di manipolazione delle gare pubbliche gestite attraverso piattaforme digitali. In particolare, un funzionario dell’Arnas Civico, con la complicità di soggetti privati, avrebbe eluso i controlli del sistema telematico di gara, suggerendo modifiche tecniche a un’impresa per farle ottenere l’appalto, in violazione della normativa e dei principi di imparzialità e concorrenza. Di fronte a questo allarmante caso, l’europarlamentare Giuseppe Antoci ha presentato un’interrogazione alla Commissione Europea per chiedere quali misure intenda adotta...

BROLO: MOVIMENTI ‘IMPROVVISATI’ OSTACOLANO LA CORSA AI PROGETTI PERSONALI, LA FUGA DAL CAMBIAMENTO

Brolo (Me), 04/04/2014 – Più che irriguardoso è irresponsabile etichettare come “improvvisati” le aggregazioni e i Movimenti sorti a Brolo nei mesi che precedono le elezioni amministrative del 25 maggio, in un momento tanto particolare della vita politica e amministrativa, in cui un fermento di cittadini non può che essere salutato con profondo rispetto, tanto quanto ne meritano la volontà della gente semplice, il diritto di mettersi in gioco, di farsi carico delle proprie responsabilità e della realtà che la riguarda personalmente.

Etichettare come “improvvisati” le aggregazioni e i Movimenti di Brolo è come asserire che la legittimità di entrare nel dibattito politico e sociale appartenga solo ai 'professionisti della politica', a chi in quei 'circuiti' ci sta da sempre, a chi non intralcia interessi personali, a chi abbia almeno un titolo di parentela con coloro che la politica la rappresentano e la praticano da sempre, con i risultati che abbiamo sotto gli occhi. Da nessuna parte, infatti, è prescritta la stagionatura che deve avere un Movimento perché possa dirsi pronto per la tavola, perché sia edibile!

E ciò spiega a sufficienza le difficoltà (o l’impossibilità) di emanciparsi, di dare una concreta svolta alla propria cultura, alla cultura del cambiamento. Se non si possiede una reale propensione al cambiamento e al rispetto del prossimo non servono a niente loghi e sigle: si finisce inevitabilmente per ‘uscire al naturale’, col ‘farsi conoscere’. Se non si è sorretti da buone idee e vivacità mentale e culturale il cambiamento ci passerà accanto, dal basso o dall’alto, ma noi non lo vedremo, non lo riconosceremo e sprezzantemente lo etichetteremo come ‘improvvisato’. In realtà saremo noi, così agendo, a comportarci da ‘improvvisati’ e ‘improvvisatori’.
La paura del cambiamento così manifestata è sinonimo di conformismo, di abitudine, di stantio, di indisponibilità al cambiamento stesso, al di là delle parole. E non ci rimarrà altro che sciorinare tutto il nostro furore per eventuali faide familiari, non ci resterà altro che la lotta per il potere e per l’interesse personale. Se andremo di corsa, nella nostra corsa travolgeremo chiunque capiti sul nostro tragitto, perché è di ostacolo alla nostra rovinosa fuga, ai nostri progetti personali, al nostro incontenibile furore. E seppure ci sforzeremo di vincere la nostra stessa natura (e cultura), cercando di evitare (parlando) la prima persona singolare “io, io”, arrampicandosi maldestramente sull'improbabile “noi”, ora che non si usa più l’elmetto, con l’immancabile mascella volitiva, ci illuderemo di dire “A noi!”.

E allora di corsa, «fermarsi significa retrocedere (*)». «Io vi porterò sempre più in alto, sempre più avanti (**)». Altro che basso!

d.m.c.
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(*) – Mussolini (Dal discorso pronunciato nella Piazza De Ferrari di Genova, il 24 Maggio 1926)
(**) Mussolini (Dal discorso pronunciato nella Piazza del Politeama Ariosto di Reggio Emilia, il 30 Ottobre 1926)

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