
[23/10/2015] - Appalti Anas. Arrestato Costanzo, alfiere dell’Antimafia che diceva: “Legalità è un dovere morale per ogni imprenditore”. Su Il Fatto Quotidiano del 23 ottobre 2015, Giuseppe Pipitone spiega i ruoli rivestiti dagli "alfiere dell’Antimafia" nella vicenda giudiziaria che coinvolge vertici dell'Anas (ante Armani), con una raffica di arresti. In particolare, Giuseppe Pipitone, nel suo articolo, descrive quello che fino a poche ore fa era il ritratto lucido della Tecnis Spa, una delle “rarissime grandi aziende del Sud”, come la definì Sergio Rizzo sul
Corriere della Sera, fondata da una coppia di imprenditori rampanti:
Francesco Domenico Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice, due di quelli che avevano fatto della legalità la bandiera della propria attività imprenditoriale.
Concetto Bosco Lo Giudice, "fondatore della Technis Spa insieme a Concetto Bosco, è anch'egli destinatario dell'ordinanza di custodia cautelare. Costanzo fa parte della generazione dei giovani capitani di ventura siciliani che nell'ultimo decennio ha conquistato pagine di giornali e posizioni influenti annunciando la via della lotta alla corruzione e alla malavita come risposta a decenni di malaffare economico", scrive su Il Fatto Quotidiano, Giuseppe Pipitone.
Pipitone definisce la Technis Spa "un’azienda che fattura 380 milioni di euro all’anno, 1.500 dipendenti che completano un tratto dei lavori sulla Salerno-Reggio Calabria addirittura in anticipo e il suo amministratore delegato che denuncia la ‘ndrangheta alle forze dell’ordine".
Una bandiera finita, quella dell'Antimafia o della legalità pelosa "per il momento ammainata, dato che ci sono anche Costanzo e Lo Giudice tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare per corruzione emessa nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti Anas", scrive Pipitone. “Una deprimente quotidianità della corruzione”, l’ha definita il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. E adesso a rischio ci sono i cantieri della Tecnis: si va dai 40 milioni per l’interporto di Catania, ai 100 milioni per l’anello ferroviario di Palermo, dallo scalo di Ragusa fino ai 140 milioni dell’ospedale San Marco, nel quartiere etneo di Librino, per citare solo le ultime gare vinte dalla società siciliana. “Basta piangersi addosso e proiettare analisi o stime poco attendibili: il Sud ha le potenzialità di ripartire soprattutto grazie ai giovani, alle loro idee”, pontificava Costanzo dalle pagine del Foglio, che nell’agosto scorso gli dedicava un ritratto candido.
"Nato 53 anni fa a Catania, erede di una famiglia di imprenditori attiva da tre generazioni nel settore dell’energia, Costanzo fa parte della generazione dei giovani capitani di ventura siciliani che nell’ultimo decennio ha conquistato pagine di giornali e posizioni influenti annunciando la via della legalità come risposta a decenni di malaffare economico. Notato già nel 1993 dal sindaco etneo Enzo Bianco, che lo nomina assessore, Costanzo aderisce poi alla nidiata d’imprenditori che seguono Ivan Lo Bello e Antonello Montante nella scalata a Confindustria sotto il vessillo dell’antimafia. Non è un caso infatti che lo stesso Costanzo è sempre stato tra i papabili dirigenti di Confindustria catanese".
“Denunciare – diceva l’imprenditore – dev’essere la normalità delle cose: una normalità che serve a far crescere le nostre stesse aziende secondo quella che è la strada tracciata da Lo Bello e Montante”.
Poi, piano piano, il rinnovamento ha cominciato ad incepparsi da solo, quando i massimi esponenti dell’antimafia imprenditoriale sono finiti a loro volta al centro di inchieste delicatissime.
Il primo è Montante, indagato dalla procura di Caltanissetta per concorso esterno a Cosa nostra. Poi tocca al presidente della Camera di commercio di Palermo Roberto Helg, altro primattore della rivolta anti racket siciliana, beccato mentre intascava una mazzetta da 100mila euro. Quindi è il turno di Salvo Ferlito, dimessosi da presidente di Ance Sicilia (l’associazione dei costruttori edili di Confindustria) dopo una condanna a tre anni per truffa. Oggi tocca a Costanzo allungare la lista degli imprenditori colpiti da accuse gravissime dopo aver fatto della legalità un sicuro vessillo di successo. Un contraddizione gigantesca che nell’Isola del paradosso è ormai diventata semplicissima cronaca.
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