Vendita AGI, Antoci: “Operazione priva di trasparenza. Si applichi il Media Freedom Act”

Vendita AGI, Antoci (Capolista M5S Collegio “Isole”): “Operazione priva di trasparenza. Si applichi il Media Freedom Act”. Nota Stampa di Giuseppe Antoci, candidato capolista circoscrizione “Isole” alle elezioni europee col MoVimento Cinque Stelle 4 mag 2024 - "Lascia sgomenti la decisione di ENI, azienda partecipata dello stato, di trattare la cessione dell'agenzia di stampa AGI con il parlamentare leghista Angelucci. Un'operazione "folle", come giustamente definita da Giuseppe Conte. Altrettanto allarmante è il fatto che la vendita si stia realizzando mediante una trattativa privata in assenza di un bando di gara a tutela della trasparenza dell'operazione. Bisogna arginare condotte come queste applicando il "Media Freedom Act", legge europea per la libertà dei media tesa a proteggere i giornalisti e i media dell'UE da ingerenze politiche o economiche e ad evitare la concentrazione dei media sotto il controllo politico (come nel caso di Angeluc

BULGARELLA AI PM DI FIRENZE: «VOGLIO ESSERE ASCOLTATO SUBITO, NON POSSO SUBIRE UNA SIMILE VIOLENZA»

L'indagine su presunti reati finanziari con l'aggravante di aver favorito l'associazione mafiosa. «Mi chiedo, e chiedo alla stampa e all'opinione pubblica: per quali ragioni
rendere noti gli atti di una indagine preliminare ? Debbo forse pensare che l'obiettivo, al di là dell'esito che avranno le stesse indagini, è quello
di «marchiarmi» ? Di tenermi sospeso in un limbo di sospetti e ambiguità ? »

PISA, 15/10/2015 - L'imprenditore Andrea Bulgarella ha chiesto ai Pm della Procura di Firenze di essere interrogato riguardo all'indagine che ipotizza a suo carico dei reati finanziari con l'aggravante di aver favorito l'associazione mafiosa.
«Ieri - spiega Bulgarella - tramite il mio legale Giulia Padovani del Foro di Pisa, ho chiesto ai magistrati della Procura di Firenze, titolari dell'indagine, di essere ascoltato il prima possibile per chiarire tutti i rilievi che mi vengono mossi, nella speranza che l'inchiesta si concluda nel più breve tempo possibile.
Continua, infatti, con una violenza inaudita, lo «sputtanamento mediatico» ai miei danni e contro le mie attività, spesso senza alcuna possibilità di replica e contraddittorio, come accade con il «Il Fatto Quotidiano» e, in ultimo, ieri sera con la trasmissione «La Gabbia» su «La 7».

Il clamore suscitato dall'indagine a causa dell'infondato accostamento del mio nome a quello del latitante di mafia Matteo Messina Denaro - che, ripeto, non ho mai conosciuto e con cui non ho mai avuto contatti, meno che meno con suoi familiari o accoliti - sta causando danni d'immagine e patrimoniali consistenti, di cui chiederò, al momento opportuno, di renderne conto.

Non sono chiamato, infatti, a difendermi da fatti o prove, ma da «ipotesi investigative», come se tutto ciò fosse normale in uno Stato di Diritto.
Le «ipotesi investigative» non dovrebbero essere date in pasto alla stampa; dovrebbero essere un «segreto istruttorio», non solo a tutela dell'indagine stessa, ma sopratutto dell'indagato. Il quale è innocente fino a prova contraria. Perché altrimenti far precedere determinati atti di indagine dall’ avviso di garanzia ?

Mi chiedo, e chiedo alla stampa e all'opinione pubblica: per quali ragioni rendere noti gli atti di una indagine preliminare ? Debbo forse pensare che l'obiettivo, al di là dell'esito che avranno le stesse indagini, è quello di «marchiarmi» ? Di tenermi sospeso in un limbo di sospetti e ambiguità ?
Si rendono conto i magistrati inquirenti titolari dell'indagine di cosa significhi subire un processo sommario su giornali e tv sulla base delle loro ipotesi, e cioè senza ancora sapere se le loro ipotesi siano suffragate da prove e riscontri ?

Il risultato di questa irresponsabile condotta è questo: alcune banche hanno chiesto il rientro dei fidi entro 3 giorni. Abituali fornitori sono stati dissuasi da istituti bancari ad avere rapporti con noi. I rappresentanti istituzionali di enti pubblici, con i quali intrattenevamo rapporti di lavoro, si rifiutano adesso d'incontrarci.
Tutto ciò mette a repentaglio il futuro delle aziende e dei lavoratori

Vorrei tanto credere che quello che sto vivendo sia solo un incubo, ma così non è. Non si può, sulla base di «ipotesi investigative» (come ho già detto costruite su presupposti destituiti da ogni fondamento) esercitare una simile violenza su di me e sulle persone che lavorano con me.

In 42 anni di attività non ho mai incontrato alcun mafioso. In 42 anni di attività non ho mai chiesto privilegi o favori. Sfido chiunque a dimostrare il contrario.
Rivelino, semmai, le Istituzioni di ogni livello, tutte le lettere, tutti gli esposti, a mia firma, inviati in questi anni alle autorità (Prefetture, Procure, Carabinieri) per denunciare la mafia e i suoi affari.

Da oggi sono costretto a dire che, prima ancora che dalla mafia, debbo difendermi da chi presta fede a vacue congetture invece di guardare alla vita e alla condotta di chi non è mai sceso a compromessi. Con nessuno».

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