Giovedì Santo: a Caltanissetta uno dei momenti più intensi e identitari della Settimana Santa

Giovedì Santo a Caltanissetta: il cuore pulsante della Settimana Santa.    Attesa per oltre un anno, la processione del Giovedì Santo a Caltanissetta rappresenta uno dei momenti più intensi e identitari dell’intera Settimana Santa. È l’evento simbolo che unisce fede, tradizione e appartenenza in un rito collettivo che coinvolge l’intera comunità nissena e attrae ogni anno centinaia di visitatori da tutta Italia. 16/04/2025 - Per un giorno, la città si trasforma in un grande palcoscenico a cielo aperto: carico di emozioni, luci e suggestioni, dove ogni angolo racconta una storia, ogni volto rivela un senso profondo di attaccamento alla propria terra. È la giornata in cui ogni nisseno, anche chi vive lontano, sente un richiamo viscerale verso casa. Un legame indissolubile che trova la sua massima espressione nella storica processione delle Vare, i grandiosi gruppi scultorei che raffigurano le scene della Passione di Cristo e che percorrono le vie del centro cittadino in un cam...

GRAND GUIGNOL ALL’ITALIANA, AL MANDANICI DI BARCELLONA LUNETTA SAVINO

Al Teatro Placido Mandanici di Barcellona giovedì 28 gennaio alle ore 21 Grand Guignol all’italiana. Uno spettacolo a tinte forti, anzi fortissime... di Vittorio Franceschi, regia Alessandro D’Alatri con Lunetta Savino
Messina, 26.01.2016 - Il "Grand Guignol", nato in Francia alla fine dell'800, si caratterizza come teatro a tinte forti, anzi fortissime, farsesco e macabro, dove scorrono in abbondanza - insieme al sangue e in barba al "bon ton" - grossolanità, violenza, cinismo, storie da cronaca nera con squartamenti e lacrime, truci vendette, eros e bordello, in uno srotolarsi dinamico di intrecci da drammone popolare, senza lieto fine. Tutto ciò con effetti, a volte, di involontaria e grottesca comicità. L'aggettivo "granguignolesco" che tutti conosciamo e adoperiamo, affonda le proprie radici in quella paccottiglia lì. In un giorno di fine estate dell'anno 2000, mentre cavalcavo verso Damasco, mi si accese una lampadina, come nei fumetti. E di colpo questo genere di teatro, a lungo snobbato e irriso, mi apparve nella sua essenza profetica, cioè ideale per raccontare il nostro Paese, le cui vicende e il cui tasso di cultura e di valori etici già allora, e da tempo, stavano procedendo con orgogliosa sicurezza verso lo zero di oggi. Scesi dal mio ronzino e mi misi all'opera. Quindici anni dopo, cioè oggi, probabilmente avrei scritto una tragedia. Ma allora ero meno ambizioso.

Naturalmente, poiché italiani si nasce (in un primo momento questo testo avevo pensato di intitolarlo proprio così), lavorandoci su mi spostai un pochino verso sponde più nostrane, come la farsa e la sceneggiata, risciacquando rispettosamente i panni nella mentalità piccolo borghese che da sempre ci caratterizza e fa di noi un modello nel mondo, artisti, stilisti e ferraristi a parte. Qualche patriota verace protesterà dicendo che ho dimenticato la pizza. E' vero, me ne scuso e riparo subito. Artisti, stilisti, ferraristi e pizzaioli a parte. La satira, come sappiamo, si pone l’obbiettivo morale di mettere a nudo le storture del mondo, ma, “en passant”, anche di divertire. Gli eroi del mio Grand Guignol sono una innocente colf depressa, un salumiere di successo, una guida turistica ignorante con una moglie fedigrafa e isterica e un postino sensibilmente gay. La storia non è importante: corna, liti, strafalcioni, soldi... come nelle migliori famiglie, con immancabile "coup de théâtre" finale. C'è anche un cane, che abbaia spesso però non entra mai in scena e quindi sarebbe elegante, pur nel clima consenziente della pièce, evitare battute facili. Come dicevo, l'ho scritto quindici anni fa. Da allora ha dormito tranquillamente nel mio cassetto strapieno, finché Alessandro D'Alatri non l'ha tirato fuori per fargli prendere una boccata d'aria. Ma non ho cambiato una sola virgola. Ahimè, non ce n'era bisogno. E questo non depone a favore della nostra Patria, dove possono passare tre lustri pieni zeppi di scandali d'ogni genere, ruberie e malefatte colossali, oserei dire granguignolesche, senza che, per l'appunto, cambi una sola virgola.
Vittorio Franceschi

Nota di regia
Tra i miei passatempi preferiti c’è quello di rovistare nei cassetti di Vittorio Franceschi. Riesce ogni volta a sorprendermi per la quantità e la qualità di progetti che saltano fuori come salmoni a primavera. La sorpresa più grande è che molti di loro sono inediti o lo sono soltanto per l’Italia. E’ così che qualche tempo fa mi saltò tra le mani “Grand Guignol all’italiana”. Un gioiello che attendeva pazientemente da quindici anni di venire compreso e amato. Chi conosce la drammaturgia di Franceschi sa bene quanto l’ironia sia un elemento costante del suo sguardo sulla vita. In questo caso direi che si è divertito a trasformarla in graffiante satira che fa aleggiare nei due atti come un refolo entrato da uno spiffero e che lentamente si trasforma in un tempestoso vortice. I cinque personaggi, con i loro comportamenti, linguaggi e il mondo che rappresentano ci accompagnano nel grande vuoto di questi tempi riempiendolo di surreale comicità. E’ uno spettacolo surreale ma veritiero. Caratteristica del teatro che più amo. Per questo motivo ho fortemente voluto che ogni elemento dello spettacolo, dalle scene ai costumi, alle luci, rispondesse a queste peculiarità. Quindi grande divertimento, ma al tempo stesso, proprio come in un Grand Guignol, una feroce condanna dell’egoismo e del perbenismo. Buon divertimento!
Alessandro D’Alatri

“Dice che hanno solo un dubbio:
chiede se parallelepipedo ha due elle tutte e due le volte.”

Uno spettacolo a tinte forti, anzi fortissime...
di Vittorio Franceschi
regia Alessandro D’Alatri
con Lunetta Savino
e con (in ordine alfabetico):

Umberto Bortolani, Carmen Giardina, Sebastian Gimelli Morosini, Andrea Lupo
e con la voce di Paolo Bonolis
scene Matteo Soltanto
costumi Giuseppina Maurizi
musiche originali Riccardo Eberspacher
disegno Luci Pietro Sperduti
aiuto regia Lorenzo D'Amico
illustrazioni Marta Ciambotti
foto di scena Paolo Porto
Produzione Teatro Stabile d’Abruzzo

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