Fondi Ue: ecco come in Italia si bruciano i soldi del Pnrr, nelle mani della criminalità organizzata

Le mani della criminalità organizzata sui Fondi Ue: ecco come in Italia si bruciano i soldi del Pnrr.  La metà delle indagini relative alle frodi sui fondi Ue riguardano l'Italia (6 su 12 miliardi complessivi di danno stimato). E sulla maggior parte di queste c'è l'ombra della criminalità organizzata, attratta dal richiamo del flusso consistente di denaro. 4 mag 2024 - È quanto emerso il 29 e il 30 aprile a Bruxelles, nel corso dei due giorni di studio, approfondimento e confronto giuridico dedicati alla Procura europea, alle sue competenze e ai riflessi più significativi della sua azione giudiziaria. Un appuntamento che si è concluso con l'affermazione di un dato che non può lasciare indifferenti anche coloro che non sono professionisti del settore legale: l'Italia è al centro delle indagini Eppo.   Pur essendo stato pubblicato pochi giorni fa il Report 2023 - 2023 in numbers | European Public Prosecutor’s Office (europa.eu) - l'analisi dell'andamento delle

ACCORINTI PROCESSATO DA RIFONDAZIONE COMUNISTA: “NON HA MANTENUTO LE ASPETTATIVE CHE SI ERANO CREATE A SINISTRA”

Federazione PRC di Messina Comitato politico federale del 19/04/2016. Documento politico sui rapporti con l’amministrazione Accorinti. Rifondazione comunista prende atto che l’elezione di Renato Accorinti a sindaco di Messina, nel giugno 2013, non ha mantenuto le aspettative che si erano create a sinistra sul futuro della città. Proviamo a ripercorrere alcuni passaggi chiave di questa esperienza, fornendo elementi di analisi che vadano al di là delle singole vicende, da cui comunque non si può prescindere, e ne colgano il senso complessivo, per riannodare i fili di un dibattito a sinistra che guardi oltre la sindacatura Accorinti.

Messina, 20/04/2016 - Renato Accorinti nel 2013, con la sua candidatura, ha offerto la possibilità, a rifondazione comunista, alla sinistra, ai cittadini messinesi, di riscoprire il gusto di una campagna elettorale viva, in cui recuperare la fiducia in un domani diverso, la speranza di un cambiamento possibile. Il contesto in cui è avvenuta l'elezione di Renato è stato assolutamente diverso da quello di qualsiasi altra città italiana in cui si siano affermati dei candidati al di fuori degli schieramenti tradizionali. Orlando e De Magistris hanno vinto grazie al loro carisma personale, ma erano comunque dei politici alla guida di uno schieramento composto da I.d.v. e Rifondazione, per il primo anche dai Verdi. Pisapia a Milano e Zedda a Cagliari erano sindaci espressioni di coalizioni di centrosinistra (compreso quindi il Pd), sia pure in quota Sel e con l'appoggio di Rifondazione.
Persino la Collica, veicolata nell'immaginario quale sindaco della società civile, era in realtà supportata da Sel, Rifondazione, socialisti e da un movimento civico. In tutti questi casi, dunque, i sindaci eletti erano rappresentanti di partiti, insieme ai quali è stata costruita la giunta. Inoltre, bisogna precisare che Accorinti e Collica sono tra questi i soli sindaci eletti che non sono riusciti ad avere una maggioranza in consiglio comunale.

Renato è stato appoggiato in primo luogo e da subito da Rifondazione Comunista, seguita da
Verdi, Pdci, Idv e una minoranza di Sel (il partito ufficiale ha appoggiato Calabrò). Ma con nessuno
di questi partiti ha stretto accordi. Di nessuno di essi ha mai ufficialmente e pubblicamente
riconosciuto il ruolo e l'apporto che hanno dato.
A sostenere Renato, tuttavia, non ci sono stati solo questi partiti, ma anche movimenti, pezzi
di sindacalismo, associazioni, singoli cittadini, in larga misura accomunati da anni di battaglie
ambientaliste, pacifiste, per il lavoro, di impegno sociale e civile.
La vittoria di Accorinti è stata resa possibile dal particolare momento storico, in cui è
crollata la fiducia della gente nei partiti, nella politica, nelle forme di rappresentanza in genere, e si sono erosi i margini di tenuta del consenso clientelare.
Questo gli ha consentito di raccogliere un consenso tale da arrivare al ballottaggio, e qui ha
catalizzato sia il voto di quanti non volevano che “vincesse Genovese”, sia di quanti per la prima
volta hanno percepito la sua candidatura come il cambiamento possibile e non come mera protesta.
Accorinti ha potuto raccogliere tutto questo consenso e poi vincere perché era “Renato”, uno
cioè che non solo aveva fatto le battaglie (che a Messina hanno fatto in diversi), ma perché su
queste battaglie ha investito acquisendo una indubbia popolarità personale, mantenendo un carattere
assolutamente individualistico, fuori da ogni schieramento. Inoltre, possiede entusiasmo, energia,
fiducia in se stesso e una grande capacità comunicativa. Sa parlare al cuore delle persone.

Per il momento storico, per la sua cultura, per come si è presentato, per come è stata gestita
la cosa da chi gli stava intorno, su di lui si è giocata una grande scommessa trasversale.
E con questo non mi riferisco solo alla “gente” che lo ha votato, mi riferisco anche ai gruppi
organizzati che hanno lavorato per lui. Si sono mobilitati in tempi diversi: chi dall’inizio, chi al
primo turno, chi al ballottaggio, chi solo dopo che ha vinto. Un candidato targato politicamente e
ideologicamente strutturato, non avrebbe mai avuto le mani così libere e goduto di tanti appoggi,
neanche volendo fare le stesse cose.

Quindi, da questo punto di vista, è assolutamente vero che “Renato ha vinto”, che a lui va in
primo luogo il merito di avere catalizzato un insieme di energie altrimenti divise e disperse, di avere
raggiunto strati assai diversi di elettorato che altri non avrebbero saputo o potuto raggiungere, ma
questo non significa affatto che “ha vinto da solo”, come molti suoi fedelissimi sostengono, ma
esattamente il contrario. Ha vinto grazie all’apporto di una serie di forze di segno diverso, attivatesi
chi prima e chi dopo, chi in maniera pubblica e trasparente e chi no.

Ma tra queste forze solo i partiti e i movimenti della sinistra, insieme all’associazionismo
cattolico progressista, potevano farsi carico della candidatura di Renato. Senza la sinistra, politica e
sociale, questa esperienza non si sarebbe neppure potuta pensare.
La sinistra considerata nel suo complesso (rifondazione, verdi, comunisti italiani, sel e idv)
nel comune di Messina, alle regionali del 2012 ha preso 7.610 voti pari all’8,74%, alle politiche del
2013 7.105 voti pari al 6,06% e alle europee del 2014 (l’unica dopo le amministrative) 4.765 voti
pari al 6,78%. Tale operazione di sommatoria non è tecnicamente precisa, perché queste forze non
si sono presentate sempre tutte insieme, o con i propri simboli, nelle elezioni sopra citate, tuttavia
dà un’idea del peso politico di questi partiti in città in questi anni di grave difficoltà per questo
schieramento.

Se pensiamo che l’intera lista a sostegno di Renato Accorinti, con Renato capolista, ha
ottenuto 10.390 voti, pari all’8,25%, comprendiamo che l’apporto della sinistra al risultato non può
essere stato marginale, sicuramente decisivo per arrivare al ballottaggio. Non solo e non tanto
perché a Calabrò per vincere sono mancati 46 voti, ma anche e soprattutto perché circa 4.600 voti
hanno diviso Accorinti da Garofalo, candidato del centrodestra.

Queste forze, in particolare Rifondazione, hanno portato non solo voti, ma militanza,
iniziative, banchetti, incontri, volantinaggi, comizi, feste di piazza, ecc. senza i quali Renato non
sarebbe mai stato eletto, non sarebbe nemmeno arrivato al ballottaggio; senza di esse, d’altronde,
non si sarebbero nemmeno raccolte le firme necessarie alla candidatura, né si sarebbe composta la
lista (senza cui il sindaco non può presentarsi).
Questi soggetti si sono spesi generosamente perché Renato era "uno di loro" e capivano che
poteva conseguire un grande risultato, anche senza vincere, e quindi rappresentare un tramite per
arrivare a incidere sui centri decisionali della politica cittadina, ma ancor più essere un elemento di
rottura per gli equilibri di potere consolidati, una speranza per i cittadini di questa città e per la città stessa.

Si è formato un movimento, molto oltre quei partiti, in cui si è realizzata una chimica
favorevole, si è innescato un circuito virtuoso, che aveva la sua forza nello slogan “dal basso”,
intendendo con questo un percorso condiviso attraverso lo strumento delle assemblee, che
dall’iniziale momento elettorale si allargasse a tutta la città, rappresentando un nuovo e potente
stimolo alla partecipazione. In questo slancio si sono fuse in un impegno comune anime diverse che
hanno imparato a conoscersi, frequentarsi, trovare modalità comuni di espressione e d’azione.
Già sul finire della campagna per il primo turno, quando si è capito che si poteva arrivare al
ballottaggio, qualcuno ha ritenuto non solo che questi consensi si potevano dare per acquisiti, erano
ormai “di Renato”, ma che la visibilità delle forze della sinistra poteva rappresentare una zavorra
che impediva di raggiungere tutti quegli elettori che “non sono di sinistra” e che sono la grande
maggioranza, specialmente a Messina. Un modo di pensare miope, come dimostravano le vicende
nazionali e in particolare Napoli e Palermo.

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