Festa della Liberazione: la filastrocca del 25 aprile di Mimmo Mòllica

Festa della Liberazione: la filastrocca del 25 aprile di Mimmo Mòllica 25/04/2024 - La «Filastrocca del 25 aprile» di Mimmo Mòllica ricorda la liberazione dell'Italia dalla dittatura fascista e dall'occupazione nazista. Una data importante per adulti e bambini, da non dimenticare per dire 'no' ai totalitarismi e a tutte le guerre. Sempre e in  ogni luogo, «meglio fiori che armi». «Filastrocca del 25 aprile» di Mimmo Mòllica

SAN MARCO D'ALUNZIO, MOSTRA PERSONALE DI MARIA TRIPOLI “IL POPOLO MALIGNO E LE DONNE CHE ANCORA SOGNANO”

02/09/2016 - Il 3 settembre sino al 20, si inaugura allla GADAM di San Marco D'Alunzio la mostra personale di Maria Tripoli “Il popolo maligno e le donne che ancora sognano”, L 'Associazione culturale tre60lab, che ha voluto iniziare un percorso di mostre importanti in questo borgo medievale di ricercata bellezza, valorizzando e promuovendo il territorio con delle mostre culturali di un certo spessore, tra cui i nomi di Sebastiano Messina, Augusto Sciacca, Tano Festa, Ligabue ecc. per citarne alcuni, per ridare slancio e vitalità ad un borgo che merita l'attenzione di tutti. Il curatore degli eventi culturali è Luigi Sciacca, storico gallerista del IL SAGITTARIO di Messina, sempre attivo nel campo dell'arte ed attento ai nuovi fermenti artistici. Si parte con la prima mostra di Maria Tripoli già presente a Messina con una importante mostra al Il Sagittario nel 2013. Ecco infatti le sue Barbie violate, con un messaggio forte e la sua ricerca spostata negli ultimi anni ad una lotta contro gli stereotipi che generano ignoranza ed accadimento contro le donne. La mostra con catalogo e testo critico di Giovanna Giordano vuol essere una riflessione educativa contro la violenza di genere. Così spiega le motivazioni del nuovo impegno nell'arte la pittrice, prof.ssa Maria Tripoli:

-Ho iniziato ad occuparmi di stereotipi e violenza di genere in maniera naturale, forse da sempre. Le mie Barbie Violate erano dentro me come progetto educativo e lotta agli stereotipi almeno da quindici, venti anni; man mano che il mio interesse si spostava, le mie Barbie crescevano come consapevolezza interiore, sino a quando a scuola con un corso ministeriale sul femminicidio e sulla violenza di genere, le mie Barbie di colpo sono nate sulle tele bianche, che aspettavano un nuovo parlare ed esprimersi, più di mille parole e convegni.
Ragionare sugli stereotipi e lavorare su questo significa prevenire i pregiudizi, il sessismo benevolo e il sessismo linguistico. La discriminazione prima che sostanziale è linguistica poiché la lingua influenza il pensiero.

La forza inerte degli stereotipi è de- costruire il messaggio chiave. Il senso comune ci impedisce di effettuare il cambiamento. Insegnare ad obiettare l'ovvio è il compito di un artista e di un operatore della cultura. Certamente non è facile, perché le persone sono abituate tacitamente alla conoscenza ed è proprio questo uno dei canali, attraverso il senso comune appunto, che può passare la violenza manifesta di un dominio, ma soprattutto la violenza psicologica. Lo stereotipo è pericoloso perché diventa violazione, preclude il cambiamento e il pensiero divergente che mette in discussione l'ovvio, producendo stigma. Quotidiano uguale a invisibile. Diventa persistente più della legge. I miti ci forniscono un intero patrimonio di stigmi e rappresentano aspetti idealizzati del complicato spirito umano. Le Dee rappresentano il femminile e lo stupro ad opera della violenza divina è normale.

La mia pertanto, è una mostra artistica e culturale con un alto valore pedagogico poiché la pedagogia di genere è la pedagogia dell'evidenza invisibile, ciò che è sotto gli occhi di tutti e che non si vede più, oppure che appare così naturale da non richiedere attenzione ed intervento. Per dare voce a chi non l'ha mai avuta e capovolgere il pensiero sessista. Così scrive Giovanna Giordano nel testo critico della mia mostra personale “Il popolo maligno e le donne che ancora credono”… Ma a queste Barbie dall'aria immortale e sempre giovani qualche volta succede qualcosa di tremendo. Così succede a molte donne che credono, quando hanno un uomo o quando si sposano, di entrare dentro una Casa di bambola… E così capita come alla Barbie di Maria Tripoli, che quella donna sognante viene legata e capovolta, appesa a un filo, lasciata sola a macerare tristezze, senza la sua fata turchina, con fondali ben dipinti con una certa volontà classica.”

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