Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

ANTOCI, L’ASSALTO ALL’AUTO BLINDATA: “ORA SPERIAMO IN UN COLLABORATORE DI GIUSTIZIA”

Roma, 11 settembre 2018 – “A più di due anni dal vile attentato che ha colpito me e la
mia scorta oggi, dall’inchiesta chiusa dalla magistratura, la sola cosa certa venuta fuori
dalle indagini è che quel commando in tuta mimetica, che assaltò la Thesis sulla quale
viaggiavamo quella sera, aveva il chiaro obbiettivo di uccidere colpendo prima la ruota
posteriore sinistra dell’auto blindata e successivamente, dandole fuoco con le molotov
ritrovate, costringerci a scendere per essere giustiziati e solo grazie all’arrivo del vice
Questore Manganaro siamo riusciti a salvarci ” – lo afferma Giuseppe Antoci ex
Presidente del Parco dei Nebrodi commentando l’archiviazione dell’inchiesta della DDA di
Messina.

“Adesso speriamo vivamente in un collaboratore di giustizia che possa fare luce ed aiutare
la magistratura a riaprire le indagine come è spesso accaduto nella storia degli attentati
compiuti in Sicilia – continua Antoci – ho il desiderio di vedere alla sbarra chi, quella notte,
ci aspettava per ucciderci ma anche chi, in questi anni, ha tentato di depistare ed
infangare. Per questi ultimi nei prossimi giorni arriveranno certamente i primi rinvii a
giudizio”.

Sono tante le famiglie mafiose che hanno ottenuto in questi anni contributi europei
nonostante molti dei loro esponenti si trovassero in carcere o fossero già condannati.
Questo perché fino all’impegno di Antoci e alla creazione del Protocollo di Legalità, oggi
legge dello Stato, non esisteva alcun controllo sia nell’assegnazione che nell’erogazione di
questi fondi: era un business rapido e senza rischi. Per gestire un traffico di droga, per
esempio, i tempi sono lunghi, il giro è internazionale e si rischiano pene altissime. Invece
sui Fondi Europei per l’Agricoltura il guadagno era altissimo, si faceva in fretta, il rischio
era bassissimo come le pene se fossero stati incriminati.

Ma che il tema non fosse solo siciliano lo si era capito subito dopo l’attentato del 18
maggio 2016 ai danni del Presidente Antoci. Cominciarono a uscire fuori fatti riguardanti
altre località: Calabria ed altre regioni, anche del Nord, dove il metodo di incasso
milionario dei Fondi Europei, a discapito degli onesti agricoltori, era diventato un metodo
oleato e che durava da anni.

Anche la vicenda dell’uccisione del giornalista slovacco Jan Kuciak e della fidanzata è
collegata all’erogazione dei Fondi Europei per l’agricoltura nelle mani della ‘ndrangheta e
pare sia stato fermato prima che continuasse a parlare di ciò che avveniva in Calabria e in
Slovacchia.
“Vorrei solo poter ritornare ad una vita normale – continua Antoci - ma perché tutto questo
possa accadere ho bisogno di vedere arrestati e condannati gli autori del mio attentato.
Non passa notte in cui non tornano nei mie sogni gli spari e le grida di quella notte, la
paura del Vice Questore Manganaro e degli uomini della mia scorta, gli occhi smarriti di

mia moglie e delle mie figlie al rientro dall’ospedale. La verità – continua Antoci – è che se
ognuno avesse fatto il proprio dovere, se si fosse vigilato sulle erogazioni dei Fondi
Europei, evitando così che andassero nelle mani delle mafie italiane, tutto ciò poteva
essere senz’altro evitato.

Adesso - conclude Antoci - speriamo in qualche collaboratore di giustizia, è sempre
accaduto così per quasi tutti gli attentati di mafia compiuti in Sicilia, è sempre arrivato il
solito pentito che fa nomi e cognomi. Spero arrivi presto….. solo così i miei sogni, se pur
ormai non più tranquilli, saranno almeno alleviati dall’aver avuto giustizia”.

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