Tradurre è trasporre da una cultura all'altra, descrivere, rivelare, svelare, accedendo quanto più possibile al significato del testo originale. Tradurre da una lingua di partenza per consegnare il racconto in altra lingua, potrebbe non essere abbastanza. «La Baronessa di Carini», l'amaro caso, in versi e strofe, per la prima volta in lingua italiana
02/05/2019 - Tradurre è impossibile? La pluralità delle lingue e dei dialetti sarebbe la conseguenza della collera divina? Modifichiamo e moltiplichiamo le lingue affinché uno non capisca l’altro? Eppure l’uomo cerca la verità, perfino degli animali studia e capisce la lingua. La stessa curiosità dell’uomo è sete di conoscenza e di avventura: sete di verità. Così la traduzione è sete di conoscenza del mondo: rendere comprensibile un testo è mediazione della cultura, benché essere “mediatori culturali” non è solo essere traduttori, giacché è andare ben oltre l’aspetto linguistico.
Tradurre da una lingua a un’altra è trasporre da una cultura all’altra, descrivere, illustrare, narrare, rivelare, svelare, accedendo quanto più possibile al significato del testo originale, ma pure all’atmosfera:
aggiungere contegni di cui anche il paesaggio s’imbeve.
E poiché la sovrapposizione delle diverse culture è ‘perfettamente’ improbabile, tradurre da una lingua detta di partenza per consegnare il racconto in altra lingua, detta di arrivo, potrebbe non essere abbastanza se nel testo consegnato non si riuscisse ad avvertire racconto, colori, atmosfere e paesaggio
“come la natura l’ha partorito e l’arte fatto e disfatto”.
Un processo delicato che non ha molto a che vedere col tradurre ma con l’arte del tradurre.
Quali caratteristiche deve avere una traduzione fedele? L’assoluta fedeltà letterale? Cercare di rendere fedelmente il significato del testo originale o del racconto originale? Certo, alterare le verità storiche sarebbe tradire la storia stessa e il lettore. Se invece di mezzo c’è la leggenda, il fascino dovrà colpire il lettore come in un viaggio il panorama, i suoni, il vigore, gli odori e i sapori.
Così il vestiario, le esclamazioni, lo stupore e il dolore.
“E d’altra parte l’intelligenza cerca ancora Colui che ha trovato; perché Dio guarda sui figli dell’uomo, per vedere se c’è chi ha intelligenza, chi cerca Dio. Dunque per questo l’uomo deve essere intelligente, per cercare Dio".
«LA BARONESSA DI CARINI». L'amaro caso, in versi e strofe. In questa appassionata filastrocca, Mimmo Mòllica mette in versi, per la prima volta in lingua italiana, il triste caso della Signora di Carini, vicenda divenuta di dominio pubblico solo in tempi moderni. Pietro La Grua Talamanca, Barone di Carini, il 4 dicembre 1563, dava la morte alla figlia Caterina, con le proprie mani e nel suo stesso Castello di Carini, credendola "rea di fallo venereo avuto con uno di Casa Vernagallo": è «il triste Caso della figlia di Carini».
Caterina venne uccisa dal suo stesso padre e la Giustizia non ardì proferir verbo. Vincenzo Vernagallo, suo segreto spasimante, dovette nascondersi in un convento fuori dall’Isola. Il Vernagallo scampò alla morte nascosto in un quartiere di Palermo ma, poi, pentito si consacrò a Dio. Certo non rimase in Sicilia, dove il feroce Pietro Talamanca La Grua, che nella provincia palermitana incuteva spavento pure ai più forti, l’avrebbe scannato perfino sugli altari, come racconta in rima l'originale filastrocca di Mimmo Mòllica.
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