Ponte sullo Stretto: “LiberiAmo Messina dal Ponte di Matteo Verdini"

“LiberiAmo Messina dal Ponte di Matteo Verdini”. Con questo slogan il leader di Sud chiama Nord Cateno De Luca dà appuntamento giovedì 25 aprile a Messina dalle 17,30 in poi a Torre Faro nei pressi del Pilone, al locale La Pinnazza.   Messina,  23/04/2024 - Presente il sindaco di Messina Federico Basile il cui intervento insieme a quello del leader di Sud chiama Nord, Cateno De Luca, è previsto alle 19:00. “Siamo contrari al ponte di Matteo Verdini che dovrebbe essere realizzato con una rapina del Fondo Sviluppo e Coesione che appartiene alla Sicilia -afferma De Luca-. È impensabile che due miliardi di euro che servono per gli invasi, che servono per le strade, per le scuole, per i depuratori vengano scippati alla Sicilia per il ponte sullo Stretto di Messina. Noi siamo per il corridoio Berlino-Palermo che prevede l'alta velocità da Salerno fino a Villa San Giovanni, la sostituzione della monorotaia dei Borboni in Sicilia, il potenziamento del Porto di Gioia Tauro e di Augusta e c

LA BARONESSA DI CARINI: LA MOGLIE DEL BARONE È BARONESSA, MA LA MOGLIE DEL POETA NON È POETESSA

Il re Filippo IV concesse ai Baroni di Carini il titolo di Principe il 19 settembre 1622. La nostra Caterina della leggenda della Baronessa di Carini fu chiamata dal popolo principessa, e chiamato principe il padre, ma siccome nel 1563 non avevano ancora tale titolo è stato sostituito 'barone' o 'baronessa' a 'principe' o 'principessa'. La stessa causa che imponeva il silenzio agli storici doveva con più ragione imporlo ai poeti, che in quell’epoca miseranda strisciavano ai piedi della Corte e della Nobiltà, avvilivano nel fango dell’adulazione la santità della poesia, nata a sublimar Dio e la Patria, a infuturare gli Eroi e i Benefattori dell’Umanità

14/08/2019 - «Il sabato 4 dicembre 1563 successe il Caso della Signora di Carini,  Valerio Rosso Palmerino ed altri due Diaristi, copiandosi, pur dicono le parole di Filippo Paruta. Solo un anonimo, in potere del Marchese della Favarotta (paesello vicino a Carini), sollevò un po’ più il velo dicendo: «1563. Sabato 4 dicembre fu ammazzata la Signora Donna Caterina La Grua, Signora di Carini». Ma a ciò pongasi mente, che nessuno si attenta non che di accennar la cagion della morte, ma di nominar l'uccisore. E la ragione è patente: Pietro Talamanca La Grua, di alto e antico lignaggio spagnuolo, imparentato a due case regnanti, ricchissimo e potentissimo, orgoglioso più che altro grande di Spagna, talché in questa palermitana provincia è passato in proverbio, incuteva spavento ai più forti e più ricchi.

Vincenzo Vernagallo dovette nascondersi, fuggire ad un convento fuori dell’Isola. Caterina venne scannata, e la Giustizia non ardì proferir verbo. Erano i tempi corrotti ed iniqui che portavano a ciò: tempi di schiavi e di tiranni, di rivoltosi e di assassini, senza religione, senza patria, senza onore. In altra epoca, in cui nel cuore de’ nobili al fumo e all'orgoglio toglieva il posto il cortese e generoso
sentimento cavalleresco e il rispetto squisito al bel sesso, abbiam noi visto il Conte signor di Borgetto cedere ai preghi della figlia, assolvere l’infido scudiero e farlo suo genero. Che abisso fra queste due età, fra questi due titolati !

La stessa causa che imponeva silenzio agli storici dovea con più ragione imporlo ai poeti, che in quell’epoca miseranda strisciavano ai piedi della Corte e della Nobiltà, avviliano nel fango dell’adulazione la santità della poesia, nata a sublimar Dio e la Patria, a infuturare gli Eroi e i Benefattori dell’Umanità, a percuotere con implacabile flagello i vizi ed i delitti, o coronali, o mitrati, o imberrettati. Ciò che avveniva alla corte di Leon X e di Cosimo de’ Medici, avveniva tra noi: nel Continente e nell’Isola correvan le lettere uguale fortuna: e se al Varchi in Firenze una stilettata insegnava che dovesse mutar tuono scrivendo l’istoria; in Palermo si faceva scoppiare la polveriera del forte di Castellamare, dove stava chiuso il siculo Petrarca, l’immortale Antonio Veneziano, perchè il suono della sua lira seppe acre di molto al Viceré Conte di Albedelista.

Ma se il feudale potere chiudeva agli scrittori la bocca, perché l'oblio involvesse nella sua notte scelerità sì nefanda; non poteva imporre sul sentimento del popolo che da essa nelle intime fibre del cuore fu scosso. Un suo ignoto cantore a melodiosa cetra affidò gli amori infelici di Caterina, e innanzi al tribunale de’ secoli futuri chiamò l’empio Barone, cui marchiò d’infamia non peritura.
Ma a ciò torneremo più tardi: adesso ci incombe di cercare che un lume più certo venga a diradare il pauroso buio che ricopre la storia dell’amica di Don Asturi. — Siamo al sec. XVIII, ed è il ricco ed autorevole marchese di Villabianca, solito a ficcare il naso in tutte le minuzie private di nobili e di volgo, che ci soccorre nelle nostre ricerche. A suo tempo i Talamanca La Grua esiston tuttavia, anzi col titolo di Principi, ma non son più quelli del secolo XVI.

Il titolo di Principe concesse a’ Baroni di Carini il re Filippo IV il 19 settembre 1622, come si vede nel Villabianca, Sicilia nobile, vol. I, parte 2^. lib. 1°, pag. 56. La nostra Caterina della leggenda il
popolo chiama principessa, e principe il padre, anco ne’ versi: ma siccome al 1563 non aveano questo titolo, come dal citato documento risulta, così ho sostituito barone e baronessa ov’era principe e principessa.

(da La Baronessa di Carini, leggenda storica popolare del sec. XVI in poesia siciliana con discorso e note di Salvatore Salomone-Marino, Palermo, Tipografia del Giornale di Sicilia, 1870)
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LA BARONESSA DI CARINI
L'amaro caso, in versi e strofe
di Mimmo Mòllica
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