Casteldaccia: la morte di 5 operai lascia sgomenti, ennesimo incidente sul lavoro grave e inaccettabile

Incidente sul lavoro a Casteldaccia: cinque lavoratori perdono la vita e un sesto è in gravi condizioni. La Cisal indice per domani, martedì 7 maggio, uno sciopero generale di 4 ore nel settore privato, a partire dall’inizio del turno di lavoro, "mentre dalle 9 terremo un sit-in di fronte alla Prefettura di Palermo”.   Palermo, 6 maggio 2024 – "L'incidente sul lavoro che a Casteldaccia, in provincia di Palermo, ha portato alla morte di cinque operai e al ferimento di un sesto, ci lascia sgomenti. Esprimiamo cordoglio e vicinanza alle famiglie dei lavoratori coinvolti e chiediamo che si accertino al più presto le cause di questo ennesimo incidente sul lavoro, grave e inaccettabile. La sicurezza sul lavoro è un'emergenza nazionale e come tale va affrontata a ogni livello, coinvolgendo sindacati, imprese e istituzioni". Lo dicono Giuseppe Badagliacca e Daniele Ciulla di Federerenergia Cisal in merito all'incidente sul lavoro avvenuto a Castaldaccia, nel Palermit

Attilio Manca: riaprire le imposte alla verità e far cambiare l'aria

Caso Attilio Manca, la morte dell'urologo al centro di una campagna mediatica secondo la quale il giovane urologo di Barcellona Pozzo di Gotto sarebbe stato vittima di un omicidio maturato in contesti criminali del Messinese, collegati all’allora latitante Bernardo Provenzano. Riaprire le imposte alla verità e far cambiare l'aria, lo chiedono ormai da tempo Gioacchino e Angela Manca, genitori di Attilio Manca, trovato cadavere nella sua abitazione di Viterbo nel febbraio 2004 e la cui morte non ha mai smesso di reclamare verità e giustizia.
 

16/02/2023 - Ora si prospetta la possibilità di riaprire le indagini sulla morte di Attilo Manca, dando nuova speranza ai suoi familieri, residenti a Barcellona Pozzo di Gotto, città di origine dell'urologo "suicidato dalla mafia". Nella scorsa legislatura la relazione della Commissione Antimafia ha gettato nuova luce sulla morte di Attilio, ricostruendo l'accadimento come omicidio di mafia: mandanti ed esecutori materiali, secondo la Commissione, andrebbero ricercanti nella mafia di Barcellona Pozzo di Gotto. L’avvocato della famiglia Manca, Fabio Repici, chiederà quanto prima alla Direzione distrettuale antimafia di Roma di riaprire le indagini. 

La relazione redatta dalla Commissione Antimafia, presieduta da Rosy Bindi e approvata nella seduta del 21 febbraio 2018, così documenta la morte di Attilio Manca, il procedimento della procura di Viterbo sul decesso di Attilio, l’iter del procedimento: 

La morte di Attilio Manca è, da anni, al centro di una campagna mediatica secondo la quale il giovane urologo di Barcellona Pozzo di Gotto sarebbe stato vittima di un omicidio maturato in contesti criminali del Messinese collegati all’allora latitante Bernardo Provenzano. Tra i vari argomenti riportati dalla stampa a sostegno di tale tesi vi è, in particolare, una fotografia della salma di Attilio Manca da cui sembrerebbe che egli, in occasione del suo decesso, abbia subito la frattura del setto nasale, circostanza questa che si porrebbe in termini di incompatibilità con le conclusioni della magistratura che ha sempre ricondotto la morte a una volontaria assunzione di eroina. 

Da più parti e da diverso tempo, pertanto, si chiede con forza che venga finalmente accertata la verità e sia fatta giustizia. La Commissione ha inteso cogliere le numerose sollecitazioni in tal senso per offrire il proprio contributo alla ricostruzione dei fatti che, per come rappresentati dalla stampa, e in virtù della diffusione di quella foto, apparivano particolarmente gravi, non solo con riguardo al presunto assassinio in sé, ma soprattutto per il suo scenario complessivo in cui, stando a tali ipotesi, si sarebbero mosse le gerarchie mafiose e si sarebbero ottenuti depistaggi con la complicità delle stesse istituzioni.

Si sono svolte, quindi, diverse audizioni (come quella, in occasione della missione a Messina del 27-28 ottobre 2014, dei genitori del dottor Manca e del loro difensore avvocato Fabio Repici; quelle del procuratore della Repubblica di Viterbo, sentito il 13 gennaio 2015 e il 9 aprile 2015; quella di un altro avvocato della famiglia Manca, Antonio Ingroia, avvenuta in data 8 aprile 2015) e si è acquisita tutta la documentazione dei procedimenti penali che, poi, è stata oggetto di minuziosa analisi e di approfondimento(1). Con la consapevolezza che non spetta alla Commissione parlamentare antimafia accertare le responsabilità penali, si riporteranno, di seguito, una serie di dati e di valutazioni che possono concorrere a fare chiarezza in un caso così travagliato e dibattuto.

L’iter del procedimento 

Il 12 febbraio del 2004, Attilio Manca, nato il 20 febbraio 1969, veniva rinvenuto cadavere nella sua abitazione di Viterbo. La competente procura della Repubblica, in base alle prime risultanze, iscriveva un procedimento penale, inizialmente a carico di ignoti, ipotizzando – non il suicidio e non, dunque, il relativo reato di istigazione al suicidio – ma i delitti di cui all’articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309 (cessione di stupefacenti), nonché quelli di cui agli articoli 586-589 del codice penale (morte come conseguenza non voluta del delitto di cessione di stupefacenti). 

Dopo gli esiti dell’esame autoptico (eseguito dalla dottoressa Ranalletta) e di quello tossicologico (eseguito dal dottor Centini), la medesima procura, in data 23 ottobre 2004, chiedeva l’archiviazione del procedimento per essere rimasti ignoti gli autori dei reati ipotizzati. La difesa dei familiari di Attilio Manca, rappresentati dall’avvocato Repici, proponeva opposizione, che, in data 13 maggio 2005, veniva accolta dal giudice per le indagini preliminari, il quale ha disposto lo svolgimento di ulteriori indagini (tra cui l’acquisizione del traffico telefonico e la redazione di note integrative da parte del medico legale e del tossicologo). 

Effettuati questi approfondimenti, la procura della Repubblica di Viterbo, in data 24 gennaio 2006, chiedeva di nuovo l’archiviazione sia dell’originario procedimento a carico di ignoti sia di quello poi iscritto a carico di noti (tra cui Ugo Manca, cugino della vittima, quale possibile cedente dello stupefacente ad Attilio Manca). Il GIP, tuttavia, accoglieva ancora una volta l’opposizione della difesa e disponeva altre indagini (riguardanti, stavolta, l’esame del DNA sulle cicche di sigarette e sugli strumenti di lavoro ritrovati nell’abitazione del dottor Manca), poi svolte nella forma dell’incidente probatorio.

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