La scomparsa di Totò Schillaci: Ciao Totò, addio campione

Totò Schillaci è morto a 59 anni. Era stato ricoverato in gravi condizioni lo scorso 7 settembre nel reparto di pneumologia dell'ospedale Civico a Palermo. Il calcio italiano dice addio a Salvatore Schillaci. Il cancro aveva fatto aggravare le sue condizioni.  Schillaci: addio al ragazzo del Sud diventato eroe dell’Italia intera 18/09/2024 - “Con la scomparsa di Totò Schillaci va via un pezzetto di giovinezza di ciascuno di noi. Un gregario col cuore immenso, un attaccante rapace e fulminante, diventato in pochi anni l’eroe di una Nazione intera.  Il simbolo delle notti magiche di Italia ‘90, il ragazzo del Sud, siciliano verace di Palermo, che era riuscito a scalare l’Olimpo dei campioni più amati. Per me e per tanti miei concittadini anche il goleador che per tanti campionati ha fatto impazzire di gioia Messina, lo storico stadio ‘Celeste’, una generazione di sportivi che grazie alle sue prodezze ha sognato ad occhi aperti. Ciao Totò, addio campione” Palermo, 18 settembre 2024 –

Genfest 2024. “Costruire un Mediterraneo di fraternità: una sfida ma non un’utopia”. Le testimonianze.

Prendiamoci cura dalla Calabria al Brasile: a Lamezia Terme la serata finale del Genfest 2024. “Costruire un Mediterraneo di fraternità: una sfida ma non un’utopia”. Le testimonianze.  Costruire un mediterraneo di fraternità: una sfida, ma non un’utopia. È questo uno dei leitmotiv della serata finale del Genfest 2024 a Lamezia Terme, dal titolo “PRENDIAMOCI CURA dalla Calabria al Brasile ". 

Lamezia Terme, 31 luglio 2024 - Nella grande spianata del lungomare Falcone – Borsellino, si è conclusa la kermesse che per tre giorni ha condotto circa 400 giovani a vivere un’esperienza travolgente che ha toccato vari temi della vita, dell’impegno civile, solidarietà, del volontariato e infine della speranza del cambiamento, della costruzione di un mondo nuovo.

Ci hanno creduto fino in fondo i giovani protagonisti del Genfest che, dopo aver dato una testimonianza forte con il flash mob sulla grande spiaggia di Steccato di Cutro, sono tornati a Lamezia Terme per la serata conclusiva, presentata da Vittorio e Fortunata. Due i momenti salienti: una tavola rotonda, con la presenza di alcuni testimoni del nostro tempo e l’esperienza concreta di giovani e meno giovani che vivono e danno la vita per costruire un futuro di cambiamento. Sul palco, le riflessioni e le testimonianze sono state guidate da Maria Chiara Cefaloni, coordinatrice nazionale di slot mob ed Economia disarmata del Movimento dei Focolari. Ospiti:

Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera, il cantautore Giovanni CaccamoVincenzo Linarello, presidente del gruppo cooperativo Goel, Stefano Scarpa, della Sardegna, attivo sul tema del disarmo, Marian Nabil, proveniente da Il Cairo, dottoranda all’Istituto universitario Sophia e il giovane Alfusaeney, dal Gambia, mediatore interculturale in Italia hanno offerto la loro testimonianza e narrato la loro storia, la storia di chi attraversa la strada della vita non con indifferenza, ma seguendo un grande ideale e mantenendo accesa la speranza. Perché l’obiettivo è la “pace” e la convivenza tra i popoli. Fare delle diversità tra le persone, le culture e i tanti popoli nel mondo un punto di forza. “Persone e popoli – hanno detto Vittorio e Fortunata dal palco del Genfest - facciano rete senza rinunciare ciascuno alla propria identità”.

Alfusaeney ha raccontato la sua storia di migrante. Ha lasciato il suo paese nel 2015, inseguendo il sogno di un futuro e di una prospettiva positiva. “Ho attraversato tanti paesi con tante difficoltà, siamo stati arrestati, torturati, ma abbiamo continuato e siamo andati avanti. Siamo arrivati nel Niger e da lì per raggiungere la Libia dovevamo attraversare il deserto, con poca acqua e cibo, non sapendo quanto tempo sarebbe stato necessario per raggiungere la Libia. Abbiamo impiegato più tempo del previsto. A volte alcuni non ce la fanno perchè finiscono il cibo e l’acqua. Ma anche la Libia non è un posto sicuro per noi. Tante persone vengono arrestate torturate e si chiedono riscatti. I migranti vengono utilizzati per lavorare senza pagarli. Così abbiamo deciso di prendere la barca per arrivare in Italia. In Africa da piccoli impariamo che l’Europa è la terra di libertà dove si può costruire il futuro. La speranza di farcela ci ha spinto a correre questo rischio. Per realizzare alcuni sogni si deve attraversare il mare”. Oggi Alfusaeney sogna di tornare un giorno nel suo paese per amore del suo paese e per aiutare altri giovani che, come lui, vogliono costruire la speranza. “Non voglio che questo fenomeno migratorio continui a mietere vittime. Tutti dovrebbero poter viaggiare e andare in altre parti del mondo. In realtà, oggi, sulla terra, alcuni hanno questo diritto e altri no”.

Quale futuro possiamo immaginare per l’umanità. Come poter andare oltre la crisi attuale ? È questa la domanda posta a don Luigi Ciotti. Don Ciotti ha ricordato che il Mediterraneo viene definito “culla di cultura e di civiltà. La sua estensione è l’1 per cento rispetto agli oceani, ci sono ventitre stati che si affacciano sul Mediterraneo, tante lingue, culture e storie. Qui è nata la cultura europea. Qui è nata la luce delle tre religioni monoteistiche: cristianesimo, Islamismo, ebraismo”.

Ma il Mediterraneo è oggi anche il luogo della crisi. “Bisogna fermare la deriva etica che abbandona un pezzo di umanità più povera e più fragile – ha detto don Ciotti - I migranti morti sono la coscienza sporca che volge la testa da un’altra parte. L’Occidente ha tradito la sua storia.  La lezione del Covid avrebbe dovuto dirci che siamo tutti sulla stessa sbarca. Quella lezione, dell’epidemia che ha fatto migliaia di morti, avrebbe dovuto farci sentire consorti, accomunati da una simile sorte. Non è stato così”. Secondo don Ciotti “Le migrazioni sono deportazioni indotte perché i migranti sono costretti a fuggire dalla fame. Ci sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa e parlare una necessità etica”. Ha ricordato la tragedia di Cutro e le parole di Mattarella sulla spiaggia che chiedeva scusa. E i sindaci del crotonese in ginocchio con il vescovo e l’imam.

Uno sguardo sul mondo. Ha ricordato che “oggi nel mondo ci sono 78 muri, 78 barriere e alcuni si stanno ancora costruendo. Ci sono oltre 55.000 chilometri di recinzione e di fili spinati. I muri e i fili spinati sono maggiori della circonferenza del pianeta. E altri muri sono i mari. E dobbiamo denunciare le leggi che creano le barriere. Papa Francesco ci ha detto che i migranti vanno accolti protetti, accompagnati. Oggi ci viene chiesto un supplemento in più di impegno”. Ha ricordato che anche la storia di papa Francesco è una storia di “migrazioni”. I nonni di papa Francesco abitavano a Portocomaro, in provincia di Asti. Avrebbero dovuto prendere una nave per andare in Argentina, portando con se’ il figlioletto, che fu poi il padre di Papa Francesco. Non riuscirono a raccogliere i soldi e ne presero un’altra molti mesi dopo. La nave che avrebbero dovuto prendere affondò e molti morirono.

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