L’Istat e il Dipartimento per le Pari Opportunità rendono disponibile, tramite uno specifico sistema informativo, un quadro integrato e tempestivamente aggiornato di informazioni ufficiali sulla violenza contro le donne in Italia 2 . L’obiettivo è fornire dati e indicatori statistici di qualità che offrano una visione di insieme su questo fenomeno attraverso l’integrazione di dati provenienti da varie fonti (Istat, DPO, Ministeri, Regioni, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Centri antiviolenza, Case rifugio e altri servizi come il numero di pubblica utilità Anti Violenza e Stalking.14/04/2025 - Nel 2023 sono state 7.731 le persone accolte nelle strutture residenziali specializzate (Case
rifugio) e non specializzate (Presidi residenziali assistenziali e socio-sanitari) per motivi legati alla
violenza di genere.
Sono 3.574 le donne vittime di violenza, di cui 3.054 ospiti di Case rifugio e 520 di presidi
residenziali.
Sono 4.157 i minori ospiti delle strutture: 2.875 sono i figli delle donne vittime di violenza accolte in
Casa rifugio, che potrebbero avere assistito o subito a loro volta la violenza, mentre 1.282 sono i
minori vittime di violenza ospiti in strutture non specializzate.
Nel 2023 è aumentata del 3,1% rispetto al 2022 l’offerta delle Case rifugio (sono 464), raddoppiate
rispetto al 2017 primo anno della rilevazione Istat.
Il tasso di copertura delle Case rifugio è tuttavia ancora basso (0,15 ogni 10mila donne in Italia)
con differenze territoriali importanti (si va dallo 0,21 del Nord-ovest allo 0,09 al Centro e al Sud).
Sono aumentate anche le donne ospiti delle Case rifugio, da circa 1.800 nel 2017 a oltre tremila
nel 2023.
Sono di più le donne ospitate nel Nord-est (1,5 per 10mila donne), nel Nord-ovest (1,2 per 10mila
donne) e nelle Isole (1,0), rispetto al Centro e al Sud (entrambe 0,7 per 10mila donne), rispetto al
valore di 1,0 del totale Italia.
In aumento anche i figli accolti, circa 2.900 nel 2023 (erano 2.670 nel 2022). Soltanto 10 Case non
accolgono i figli delle donne.
Il 97,6% delle Case rifugio riceve fondi pubblici, il 2,4% invece attinge solo a fondi privati.
Si conferma elevata la specializzazione delle Case in tema di violenza di genere (il 74% dei gestori
ricopre questa funzione da più di 13 anni e il 93,1% del personale ha seguito un percorso di
formazione).
Sono tante le figure professionali che operano nelle Case per supportare il cammino delle donne
verso l’uscita dalla situazione di violenza e l’autonomia: sono soprattutto coordinatrici, operatrici,
educatrici, psicologhe, avvocate e assistenti sociali. In media, in ogni Casa sono impegnate 11
operatrici (17 nelle Case del Centro, 8 nel Nord ovest e 9 nel Sud). Molte sono ancora le
professioniste volontarie.
I servizi offerti sono molteplici, erogati spesso con il supporto dei Centri antiviolenza e dei servizi
sul territorio, con i quali le Case lavorano in rete (il 91,2% delle Case aderisce ad una rete
territoriale di soggetti istituzionali). Tra i servizi offerti, i più frequenti sono il supporto psicologico e
la consulenza legale, l’accompagnamento agli altri servizi, l’orientamento al lavoro e all’autonomia
abitativa, il supporto alla genitorialità e i servizi dedicati ai minori ospiti.
Nel 2023 sono 2.106 le donne uscite dalle Case rifugio. Di queste, 753 hanno lasciato la Casa
perché hanno raggiunto gli obiettivi del percorso di uscita dalla violenza concordato con le
operatrici della Casa, mentre 227 sono tornate dal maltrattante e 235 hanno abbandonato il
percorso di uscita dalla violenza. Le restanti 891 donne hanno lasciato per il trasferimento ad altre
strutture o abitazioni private, la conclusione del percorso in ospitalità ed altri motivi.
Oltre alle Case, le donne vittime di violenza possono essere ospitate in strutture residenziali, sia in
alternativa al percorso in Casa rifugio, sia successivamente nel cammino verso l’uscita dalla
situazione violenta. Le donne vittime di violenza ospiti al 1° gennaio 2023 in 213 strutture
residenziali non specializzate sono 520, di cui 172 (33,1%) sono ospitate in strutture non
specializzate ma dedicate alla violenza di genere.
Al 1° gennaio 2023 i minori vittime di violenza nelle strutture residenziali non specializzate sono
1.282. Il 66% (843) è costituito da bambine e ragazze, ospitati in 473 strutture (generalmente di
ridotte dimensioni, 421 strutture non arrivano a 15 posti letto).
Aumenta il numero delle Case rifugio
Nel 2023 è cresciuta l’offerta delle Case rifugio (CR), anche grazie all’aumento dei finanziamenti erogati
negli anni da parte del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio: le donne vittime
di violenza possono contare su 464 CR, il 3,1% in più rispetto alle 450 attive nel 2022, il doppio delle Case
attive nel 2017 (primo anno di riferimento dell’Indagine).
La distribuzione territoriale delle Case rifugio non è omogenea sul territorio nazionale. Nelle regioni del
Nord-ovest si trova il 36,4% delle Case, il 23,7% nel Nord-est, il 14,0% al Sud, il 13,8% nelle Isole e il 12,1%
nel Centro.
Se si rapportano le strutture alla popolazione femminile cui potenzialmente sono rivolte, l’offerta delle Case
rifugio è pari a 0,15 per 10mila donne residenti in Italia; considerando esclusivamente le donne vittime di
violenza, l’offerta sale a 1,99 ogni 10mila vittime.
Le differenze territoriali risultano ancora più marcate quando si tiene conto della numerosità della
popolazione femminile nelle varie aree geografiche: l’offerta delle Case nel Nord-ovest (0,21 per 10mila
donne residenti), nelle Isole e nel Nord-est (rispettivamente 0,20 e 0,19 per 10mila donne residenti) è circa il
doppio dell’offerta al Centro e al Sud (0,09 in entrambe le aree).
I gestori sono in prevalenza soggetti privati
Le Case rifugio che hanno risposto alla Rilevazione 4 si caratterizzano per la natura privata del loro ente
promotore. Quattro Case su cinque (78,1% nel 2023; 82,1% nel 2022) hanno un ente promotore privato
qualificato nel sostegno e nell’aiuto alle donne vittime di violenza; il valore massimo si registra nelle Isole
(88,6%).
Le quote più elevate di promotori di natura pubblica, nella forma di enti locali in forma singola o associata,
sono invece al Centro (33,3%).
Inoltre, nella maggior parte dei casi (82,1%) l’ente promotore e quello gestore che fornisce il servizio
coincidono. Nei casi in cui il gestore è un ente diverso dal promotore (67 su 375), si tratta per lo più di un
promotore pubblico che delega a un ente privato l’erogazione dei servizi (86,6%).
Il livello di professionalità delle Case rifugio è molto alto. Il 95,6% degli enti promotori privati e il 94,6% dei
gestori privati hanno più di cinque anni di esperienza in materia di violenza contro le donne; più in particolare
il 74% ha maturato un’esperienza di oltre 13 anni, valore che sale a circa l’89% tra gli enti che si occupano
esclusivamente di violenza di genere.
L’elevata specializzazione emerge anche considerando l’attività principale dell’ente promotore o gestore. Il
43,3% dei promotori privati delle Case rifugio e il 42,8% degli enti gestori privati si occupa esclusivamente di
violenza di genere. L’attività di prevenzione e contrasto alla violenza maschile è indicata quasi sempre negli
statuti degli enti promotori privati (90,8% di essi) e di frequente negli atti costitutivi degli stessi (69,3%).
Le Case rifugio che nel 2023 hanno risposto all’Indagine sono 375 su 464. I dati che seguono nel report si riferiscono solo alle Case rispondenti.
Fonte: Istat, Rilevazione sui servizi e prestazioni erogate dalle Case rifugio.
Ancora insufficiente la disponibilità dei posti nelle Case rifugio
Sono 3.054 le donne che hanno trovato ospitalità nelle Case rifugio nel corso del 2023 (nel 2022 erano
2.698; nel 2017, anno di inizio della serie storica, erano 1.786). In oltre il 60% dei casi (63,1%, ossia 1.928
donne) si tratta di donne straniere, non sempre residenti.
Le donne restano nella Casa rifugio in media 141 notti (erano 138 nel 2022). Il valore più basso di
permanenza media si rileva in Molise (15 notti), quello più alto nella Provincia Autonoma di Trento (197
notti).
Le Case rifugio rilevate hanno in media 7,2 posti letto autorizzati (lo stesso nel 2022) ma, come accaduto
negli anni precedenti, per far fronte alle molteplici richieste di accoglienza hanno attivato, laddove possibile,
nuovi posti letto. Il numero medio di posti letto effettivamente attivati è pari a 8,6 (8,5 nel 2022).
Va detto, inoltre, che 165 Case hanno segnalato la difficoltà ad accogliere donne per indisponibilità di posti
e, di queste, 51 Case hanno dichiarato di avere bisogno di una capacità di accoglienza almeno tripla rispetto
a quella attuale.
Le donne ospitate nelle Case rifugio sono sostenute nel loro percorso individuale in vari modi. In quasi tutte
le Case (oltre il 90%), le operatrici offrono il servizio di orientamento e accompagnamento delle donne
ospitate presso gli uffici giudiziari e gli altri servizi della rete territoriale, garantiscono il supporto psicologico e
la consulenza legale, l’orientamento al lavoro e all’autonomia abitativa (Figura 2).
I figli ospitati sono stati 2.875 (2.670 nel 2022). Solo 10 Case (il 2,7%) non accolgono i figli della donna, 117
li accolgono senza restrizioni, mentre 248 Case offrono ospitalità con limitazioni, spesso relative all’età dei
figli.
Spesso sono forniti servizi rivolti alle figlie e ai figli delle donne accolte, come i servizi educativi e il sostegno
scolastico per i minori e il sostegno alla genitorialità (oltre l’87%), anche in collaborazione con i Centri
antiviolenza e altri soggetti della rete. Inoltre, circa tre Case su quattro mettono a disposizione dei minori un
sostegno psicologico dedicato (76,5%).
Circa il 95% delle ospiti ha un piano di sicurezza individuale
Il piano di sicurezza individuale è stato predisposto per il 94,9% delle ospiti (+4,8 punti percentuali rispetto al
2022). Inoltre le Case sono in grado di offrire protezione e ospitalità in urgenza (84,8%) sulla base della
valutazione del rischio.
Fonte: Istat, Rilevazione sui servizi e prestazioni erogate dalle Case rifugio.
Rispetto al 2022 è aumentato soprattutto il numero di Case che offrono servizi particolarmente utili per le
donne straniere, quali la mediazione linguistico-culturale (87,5%; era 76,5% nel 2022) e i corsi di italiano
(80,0%; era 71,9% nel 2022).
Le donne ospitate partecipano attivamente alla cura della Casa e alla preparazione dei pasti: se ne
occupano da sole nell’82,1% delle Case mentre nel 16,5% lo fanno insieme alle operatrici. Le Case
organizzano laboratori artigianali e ricreativi per le donne e per i figli (75,7%).
Circa il 40% delle donne raggiunge gli obiettivi del percorso concordato con la Casa
Tra le donne che hanno lasciato la Casa rifugio durante l’anno e di cui si conoscono i motivi di uscita dalla
casa (1.962), il 38,4% (753 donne) ha raggiunto gli obiettivi del percorso personalizzato di uscita dalla
violenza concordato con le operatrici della Casa; un ulteriore 26,6% (521 donne) si è trasferito in un’altra
struttura o in una residenza privata. L’11,8% delle donne (231) ha abbandonato il percorso intrapreso,
l’11,6% (227) è tornato a vivere con l’autore della violenza e il 5,6% ha concluso il periodo di ospitalità nella
struttura (il 5,9% ha indicato altri motivi).
Il sostegno alle donne continua anche dopo la loro uscita dalla Casa: le donne continuano infatti ad essere
seguite dalle operatrici del 63,5% delle Case rifugio.
Elevata la specializzazione del personale
Nelle Case rifugio nel 2023 hanno lavorato 4.056 donne, il 25,9% (1.051) delle quali è composto da
volontarie (con un minimo del 19,5% al Sud e un massimo del 32,9% nel Nord-est).
Il 38,1% delle Case non ha personale volontario (Figura 4), quota che raggiunge il valore massimo nelle
Isole (62,9%). Al contrario la quota di Case che si reggono soprattutto sul personale volontario sono pari al
2,4%
(nove Case hanno tra il 76 e il 100% di personale volontario).
Le Case rifugio con meno di 10 operatrici rappresentano il 77,3%; il 15,7% ne ha da 11 a 15 e solo il 6,9%
ne ha più di 15.
Oltre alle coordinatrici (95,7%) e al personale amministrativo (73,9%), le figure professionali più spesso
presenti nelle Case sono le operatrici di accoglienza (87,7%), le educatrici (76,8%) e le psicologhe (69,3%).
In circa la metà delle strutture ci sono avvocate (52,5%) e assistenti sociali (40,5%). Le figure meno frequenti
sono le mediatrici culturali (32,0%) e le addette alla comunicazione (29,6%).
Alle operatrici e al personale, sia retribuito sia volontario, è stata garantita una formazione obbligatoria
almeno una volta all’anno (93,1% delle Case; 349 sulle 375 rispondenti). Nelle regioni del Nord-est si
trovano le Case più virtuose, che hanno ottemperato a questo obbligo nel 98,2% dei casi, rispetto alle meno
virtuose nelle Isole (77,1%). Per il 7,7% delle Case la formazione obbligatoria è mensile, per il 16,3%
trimestrale.
Nel corso del 2023 il 72,8% delle Case ha organizzato corsi di formazione o aggiornamento specifici per il
personale. Laddove vengono organizzati, i corsi riguardano nel 94,5% dei casi l’approccio di genere e la
metodologia dell’accoglienza, nel 79,5% la gestione e la progettualità delle vittime di violenza assistita, nel
70,0% i contenuti della Convenzione di Istanbul e nel 63,0% la valutazione del rischio.
Il 90,9% delle Case rifugio ha realizzato durante l’anno attività di supervisione sull’operato del personale e
sulla qualità delle relazioni personali instaurate tra le operatrici e tra queste e le donne accolte nelle strutture.
Nella maggior parte dei casi (71,6%) tale attività è stata svolta con una frequenza mensile, nel 15,0%
trimestrale, nel 9,1% settimanale e nel 4,4% dei casi semestrale o annuale.
CASE RIFUGIO PER PRESENZA DI PERSONALE VOLONTARIO E PER RIPARTIZIONE. Anno 2023, valori percentuali
Senza personale volontario0,1% - 25% volontarie26% - 50% volontarie51% - 75% volontarie76% - 100% volontarie
0.0
20.0
40.0
60.0
80.0
100.0
Nord-OvestNord-EstCentroSudIsoleItalia
Fonte: Istat, Rilevazione sui servizi e prestazioni erogate dalle Case rifugio.
Garantita la sicurezza e la privacy delle donne
La sicurezza e la privacy delle donne ospitate sono garantite dall’indirizzo segreto delle Case (90,1%) e da
altri sistemi di sicurezza come ad esempio il servizio di allarme (46,7%), la presenza di una linea telefonica
diretta con le forze di polizia (28,5%), il servizio di sorveglianza notturna (10,1%) e quello di portineria
(9,9%). Solamente il 3,5% delle Case dichiara di non aver previsto alcun sistema di sicurezza per garantire
la protezione delle donne ospitate dagli autori di violenza. Inoltre, quasi tutte le Case (90,7%) offrono una
reperibilità 24 ore su 24. La grande maggioranza delle Case rifugio (il 90,7%), senza differenze sostanziali a
livello territoriale, dispone di locali da utilizzare per consulenze e colloqui, assicurando la privacy delle utenti.
Il 65,9% delle Case è inoltre dotato di una linea telefonica dedicata ai vari operatori della rete, quali forze
dell’ordine, pronto soccorso, assistenti sociali, operatrici dei Centri antiviolenza.
Quasi tutte le Case (98,9%) operano in modo integrato con i servizi socio-sanitari e assistenziali del
territorio.
Nella maggior parte dei casi (91,2%), il collegamento delle Case con gli altri servizi territoriali è garantito
dall’adesione alle reti territoriali di governance contro la violenza (intesa come gestione, direzione e
conduzione dei servizi offerti dai vari soggetti istituzionali). Le reti sono coordinate più frequentemente dai
Comuni (36,5%), seguono gli Ambiti della programmazione sociale e socio-sanitaria (20,2%), le Prefetture
(11,4%), le Regioni (10,8%) e le Case rifugio stesse o i Centri Antiviolenza (nel 9,9% dei casi).
Fondi pubblici e contributi degli enti locali per quasi tutte le Case rifugio
Il 77,9% delle Case rifugio riceve esclusivamente fondi pubblici 5 , il 19,7% sia fondi pubblici sia privati, il 2,4%
solo privati.
Nel 2023 soltanto tre Case rifugio hanno beneficiato di finanziamenti direttamente legati a un progetto
dell’Unione europea.
Alle Case arrivano finanziamenti pubblici di importi molto diversi: si va da meno di 10mila euro (per l’11,3%
delle Case) a più di 100mila euro per il 17,1% delle case.
Il valore più frequente dei finanziamenti pubblici è tra 25mila e 50mila euro e riguarda il 30,6% delle Case.
Poco meno della metà delle Case (46,2%) riceve più di 50mila euro.
Durante il 2023 il 71,7% delle Case rifugio (269 su 375) ha percepito dall’Ente locale una retta o un
contributo giornaliero per le donne ospitate, di queste 226 Case (84,0%) avevano avuto accesso anche altri
fondi pubblici. Le Case che hanno beneficiato delle rette da parte degli enti locali sono più spesso nelle
regioni del
Nord-ovest e nelle Isole, rispettivamente il 90,2% e il 74,3%. La quota invece è più bassa nel resto d’Italia:
hanno ricevuto una retta dall’Ente locale il 63% delle Case del Centro e del Sud e il 59,1% delle Case che si
trovano nel Nord-est.
Gli importi relativi ai finanziamenti da fonte privata sono molto più bassi: l’ammontare non supera i 10mila
euro per il 59% delle Case che ne ha ricevuti, contro il 7,2% che ha ricevuto più di 50mila euro.
1.802 vittime di violenza nei presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari
In alcuni casi l’accoglienza delle donne e dei minori vittime di violenza avviene presso strutture residenziali
non specializzate, quando, ad esempio, la donna non trova posto in una Casa rifugio o quando rifiuta la
Casa rifugio, privilegiando strutture che implicano un minore sradicamento dalla quotidianità; in altre
situazioni, invece, si tratta di donne che, dopo il periodo di permanenza in Casa rifugio, vengono ospitate in
strutture residenziali di primo e di secondo livello (vedi Glossario) che le accompagnano verso una nuova
autonomia. I minori invece, in caso di violenza, vengono presi in carico dai servizi sociali, allontanati
dall’autore della violenza e inseriti in un percorso di protezione presso le strutture socio assistenziali 6 .
In Italia al 1° gennaio 2023 sono 520 le donne vittime di violenza ospiti in 213 strutture residenziali non
specializzate 7 : il 60,7% ha un’età compresa tra i 25 e i 44 anni, il 26,6% ha tra i 18 e i 24 anni e il restante
12,7% tra i 45 e 64 anni. L’analisi dei tassi evidenzia una maggiore prevalenza di ospiti vittime di violenza
nelle Isole, con un tasso di 5,2 per 100mila donne ospiti delle strutture, segue il Centro con il 4,4 per 100mila
donne. Più in basso si pone il Sud con un tasso dello 0,9 per 100mila donne. Le straniere rappresentano il
58,4% del totale delle donne vittime di violenza ospitate (304 donne) e sono maggiormente presenti (più di 1
su 3) nel Centro e nel Nord-ovest.
AL 1° GENNAIO 2023 PER RIPARTIZIONE GEOGRAFICA, tassi per 100mila donne.
5 Nei fondi pubblici sono inclusi i finanziamenti di enti territoriali o centrali, finanziamenti per progetti specifici da parte del Dipartimento
per le Pari Opportunità, finanziamenti per progetti specifici da parte dell’Unione europea e le rette ricevute da Enti locali.
6 L’esito del percorso prevede comunque che il minore dopo una permanenza, più breve possibile, presso una struttura residenziale
venga affidato ad una famiglia o laddove questa soluzione non sia percorribile venga ospitato presso una comunità di tipo familiare.
7 In Italia al 1° gennaio 2023 le strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie destinate all’accoglienza di differenti target di
utenza sono più di 12mila. Le “unità di servizio” che operano al loro interno ammontano a 14.977 e dispongono complessivamente di 407.957 posti letto, sette ogni 1.000 persone residenti.
Al 1° gennaio 2023 nei presidi i minori vittime di violenza sono 1.282, il 6,6% del totale degli ospiti minori 8 . Il
65,7% dei minori vittime di violenza è di sesso femminile, gli stranieri sono il 34,5% (386).
L’analisi per ripartizione territoriale vede una prevalenza di minori vittime di violenza nelle strutture del
Nord-ovest, con un tasso pari a 22,8 per 100mila minori.
FIGURA 7. MINORI VITTIME DI VIOLENZA OSPITI NEI PRESIDI RESIDENZIALI SOCIO-ASSISTENZIALI E SOCIO-SANITARI
AL 1° GENNAIO 2023 PER RIPARTIZIONE GEOGRAFICA, tassi per 100mila minori
172 le ospiti di strutture residenziali non specializzate dedicate alla violenza di
genere
Le strutture residenziali socio assistenziali e socio sanitarie vengono descritte in base a quattro variabili che
ne identificano la tipologia: il carattere della residenzialità che identifica la dimensione organizzativa della
struttura (familiare, comunitaria), la funzione di protezione sociale che individua la tipologia di servizi ed
assistenza erogata (accoglienza di emergenza, prevalente accoglienza abitativa, prevalente funzione
tutelare, socio-educativa, educativa-psicologica, socio-sanitaria), il livello di assistenza sanitaria dei servizi
erogati (assente, bassa, media, alta), il target di utenza prevalente - che indica la mission principale della
struttura (minori, persone con disabilità, persone con dipendenze patologiche, anziani autosufficienti, anziani
non autosufficienti, immigrati/stranieri, adulti con disagio sociale, persone affette da patologie psichiatriche,
vittime di violenza di genere, multiutenza).
Delle 520 donne vittime di violenza accolte nei presidi residenziali, sono 172 quelle accolte in strutture che
hanno come target di utenza prevalente quello della violenza di genere (33,1% del totale delle donne vittime
di violenza). Queste strutture hanno prevalentemente un’organizzazione di tipo comunitario (tre strutture su
8 I minori ospiti delle strutture socio sanitarie sono in totale 19.491, mentre l’offerta di posti letto è di più di 21mila. quattro) sono di dimensioni medio piccole (otto strutture su 10 hanno al massimo 15 posti letto), offrono
prevalentemente servizi di tipo socio educativo (più della metà delle strutture), tutelare o di accoglienza in
emergenza (quasi due strutture su dieci) e hanno un livello di assistenza sanitaria pressoché assente in
quasi otto strutture su 10.
Le strutture che non hanno come target di utenza prevalente la violenza di genere nella loro mission e si
occupano, ad esempio, di stranieri o adulti con disagio sociale, ospitano le altre 348 donne vittime di
violenza; hanno prevalentemente un’organizzazione di tipo comunitario (83,8%) e sono di medie e piccole
dimensioni (il 47,7% delle strutture ha un massimo di 15 posti letto e un altro 40% di strutture ha da 16 a 45
posti letto).
Queste strutture offrono prevalentemente servizi di tipo socio-educativo (70,5% delle strutture), ma anche
accoglienza abitativa (12,1% delle strutture) e di funzione tutelare (11,4 % delle strutture). Il livello di
assistenza sanitaria è assente nel 78,7% dei casi, cui si aggiunge un 16,1% di strutture in cui il livello di
assistenza sanitaria è basso. Il target di utenza prevalente è nel 51,5% dei casi quello dei “minori”, poiché
molto probabilmente le donne sono state accolte insieme ai figli; per il 32,6% dei casi si tratta di strutture che
accolgono “adulti con disagio sociale” e nel 9,8% di “strutture per stranieri”.
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