
22/03/2010 – Partito del Sud? E’ probabile che non se ne farà mai. E’ possibile che si tratti di una transazione ‘interiore’, di una sentita esigenza per potere ‘culturalmente’, ideologicamente gestire tutto ciò che attraverso gli strumenti politici al momento disponibili non è gestibile. Così tra buona e cattiva fede, tra buoni propositi e saggio realismo, è probabile che il Partito del Sud resterà ancora a lungo (o per sempre?)
ciò che attualmente è (e resterà): una ridondanza della coscienza, un urlo di rabbia represso, un’arma impropria per la guerra preventiva.
Ma se si dovesse davvero fare, e farlo come scaturigine dell’innaturale imeneo tra Gianfranco Miccichè e Raffaele Lombardo, quale miracolo della chimica potrebbe consentire all’idrogeno e all’ossigeno di mescolarsi, senza farli scoppiare?
Il nucleare, forse?
Un partito in comproprietà tra un ‘nuclearista’ a tutti i costi e un ‘antinuclearista’ pure a tutti i costi? Tranne che uno dei due non si converta.
E senza andare lontani, sarebbe forse la riforma elettorale a tenerli assieme, così come viene descritta da Lombardo: vale a dire una sorta di ritorno al proporzionale, affinché non siano più i
capipartito a scegliere i papabili, la loro posizione in lista e gli eredi per i prossimi 30 anni?
Neppure questo. Se il Partito del Sud dovesse davvero nascere, e nascere su queste basi, potrebbe somigliare al massimo ad un vecchio ‘carranco’ catarroso e zoppicoso, con troppi vizi antichi per potere aspirare a qualcosa di nuovo (oltrechè aspirare il sigaro toscano). Un 'carranco' di poca curiosità e di
angustiosa vita.
Una sorta di governo Prodi, con le varie
anime incastrate tra loro. Come le bambole Matrioska: ognuna delle quali predisposte per cercare di fagocitare la precedente e la successiva.
Perché una riforma elettorale del terzo millennio non può non nascere consapevole che
non nella formula risiede l’inganno, il bieco, il vecchio, ma nelle
regole vere del reclutamento dei rappresentanti.
E l’obiettivo vero dovrebbe essere quello di consentire a chiunque di concorrere, pure senza possedere una barca di soldi da investire in campagne elettorali; consentire pure ai poeti di aspirare alla politica, pure agli scienziati e alle persone buone e per bene, benché di normali disponibilità economiche.
Ma essenzialmente i rappresentanti eletti, sia prima che dopo, dovrebbero
non essere esposti alle orde barbariche dei soliti traffichini, trafficanti, questuanti, affaristi, corruttori, tangentisti, etc.
E per sperare ciò, dipendesse da me, i politici li farei stare bene, bene, bene: al punto da non avere bisogno delle categorie succitate per navigare nell'oro e, quindi, poterli mandare ‘
affanculo’ con una certa facilità e convenienza.
Se qualcuno decidesse di candidarsi in qualunque partito con tali progetti è pregato di farsi sentire: lo voterei subito. Se poi dicesse che è pure interessato a riformare profondamente il sistema giudiziario in Italia mi metterei a piangere di gioia.
D.M.C.
Foto Ansa
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