Messina, 04/06/2011 – Diciamo subito che Blaise Pascal lo considererebbe un
divertissement ed altro non è, specie in un momento tanto carico di preoccupazione per le responsabilità attribuite in alcuni Paesi europei ai
cetrioli. Ma se da un lato può servire a confortare il rassicurante ministro della salute, Ferruccio Fazio, e la nostra agricoltura, dall’altro è l’occasione per fare di bisogno virtù e cercare di riscoprire nelle tradizioni popolari della Sicilia un genere che, guarda caso, invoglia a consumare i
cetrioli con tranquillità e fiducia.
A condizione - però - che si tratti di “
cetrioli messinesi”.
“Il cetriolo messinese - infatti -
è stato sempre nominato, chi una volta lo ha provato più farne a meno non potrà”.
Così recita una ingegnosa, quanto maliziosa, canzoncina presente nel patrimonio canzonettistico tradizionale, un tempo cantata con gran divertimento (presente pure nel repertorio dei gloriosi Canterini Peloritani di Lillo Alessandro) ed oggi quasi dimenticata, proprio nel momento in cui il Governo regionale di Raffaele Lombardo ha approvato la legge che introduce la lingua e la cultura siciliana nelle scuole, come materia obbligatoria di insegnamento.
Oltre a ciò, con il pieno conforto del ministro della salute, Ferruccio Fazio, possiamo considerare il
cetriolo messinese esente dal batterio
Escherichia coli, e ricco di pregio, adattissimo alle diete (a differenza del fegato fritto che fa ingrassare) e di virtù ‘taumaturgiche’, al punto da poterlo consigliare con assoluta tranquillità, secondo il testo della canzone popolare.
Così cantava il suo imbonitore:
Mi nni vai ogni matina
cu ‘sta scecca sardignola
carricata di citrola,
furriannu la città.
Ma non finisce qua il notevole apprezzamento che questo ortaggio riscuote, testimoniato in un altro componimento presente nella tradizione popolare siciliana. Si tratta ancora di
divertissement puro, profuso in modo forse più pedante ma schietto e teatralmente malizioso.
Quest’altro canto è presente nella discografia siciliana in molteplici versioni, tra le quali spiccano quella dell’indimenticata Rosa Balistreri e l’altra della Taberna Mylaensis.
In questo canto malizioso e sboccato, le signorine si danno un gran da fare nell’invocare vari frutti, sollecitate dalle genuine e fragranti virtù di frutti ed ortaggi siciliani:
Il testo e le partiture musicali di questi brani sono presenti nel volume di Mimmo Mollica
“Le più belle canzoni siciliane”, Armenio Editore, cui potrete richiederlo.
http://www.armenioeditore.it
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