Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

'IL SUD COME OPPORTUNITÀ': IL MEZZOGIORNO NON E' LA ZAVORRA DELL'ITALIA

26/09/2011 - Pubblichiamo il documento presentato alla manifestazione di Catania con un successo di pubblico e dei media locali e nazionali. Il progetto, realizzato tra Fareitalia, l'associazione creata da Andrea Ronchi e Adolfo Urso,  e la Fondazione Farefuturo, sarà presentato anche in altre città del mezzogiorno, Bari, Napoli, Pescara, Salerno, Reggio Calabria e Palermo. Nell'occasione dela prossima iniziativa, che si terrà a Roma mercoledì 5 ottobre alle ore 17.00 alla presenza degli on. Alfano, Collino, Ronchi, Scalia, Urso e il Ministro Frattini sarà presentato il fascicolo della Rivista Charta minuta sul popularismo.

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(di Adolfo Urso) - L'associazione Fareitalia parte dal Sud. Convinta che il Mezzogiorno non è un’altra Italia e nemmeno la zavorra del paese ma la frontiera dello sviluppo dell’Italia e dell’Europa. Con tutti i problemi che ne sorgono e con le soluzioni che si impongono.
Il documento che presentiamo, realizzato con i ricercatori della Fondazione Farefuturo, ritiene che sia assolutamente necessario una nuova e diversa politica nei confronti del Mezzogiorno, tanto più oggi a fronte di una primavera araba che è fonte di inquietudine ma anche di opportunità. Lampedusa può essere considerata come avamposto d’Europa da difendere e quindi torre di una fortezza continentale, come vorrebbero i cultori di una politica chiusa, rivolta al passato, o, invece, come l’emblema di una nuova frontiera dello sviluppo, centro di un bacino che può finalmente crescere a due polmoni.

Quando cadde il Muro di Berlino, ci fu chi, anche in Italia, si oppose alla riunificazione tedesca e presagì chissà quali disastri dal crollo della cortina di ferro, evocando una presunta invasione dall’Est. E’ accaduto esattamente il contrario, grazie alla lungimiranza di Helmut Kohl che impose subito la parità del marco e una politica di investimenti nei confronti dei territori orientali della Germania che allora erano in condizioni peggiori del nostro Mezzogiorno. Vent’anni dopo dobbiamo prendere atto che quell’azione, certamente gravosa, ha portato i frutti migliori per la Germania che è diventata locomotiva dell’economia mondiale e della politica europea. Le sorti dell’Euro sono ora nella mani della Germania, ha detto di recente qualcuno. In generale, l’intera Europa dell’Est è stata, in questi venti anni, terra di investimenti e di sviluppo per le imprese e l’economia dell’Europa Occidentale, anche italiana, come ben sanno le imprese del nostro Nord Est e in generale della riviera adriatica.

Ora, vent’anni dopo, cade la frontiera meridionale d’Europa, in un contesto generale drammatico sul fronte economico e non solo finanziario, con conseguenze sociali gravissime per il nostro modello di sviluppo e tanto più nelle sue aree più deboli, come nel nostro Mezzogiorno. In questo momento, le imprese del Nord, stanno voltando pagina, grazie alla crescita delle esportazioni nei paesi emergenti. Il Mezzogiorno, però, conta appena per il 10% delle esportazioni nazionali e in gran parte nel mercato europeo che è quello che cresce di meno o non cresce affatto.

Per crescere occorre aprirsi non certo chiudersi. Il mercato interno ha bisogno di tempo e di grandi riforme e ci vuole coraggio e responsabilità. Il mercato esterno crescerà di più e più velocemente. Non solo i Bric (Brasile, Russia, India, Cina) ma ora e di pìù proprio la sponda sud del Mediterraneo, il cosiddetto Grande Medio Oriente e l’Africa. Nei prossimi vent’anni sarà questa l’area del mondo che promette di più, anche per il suo alto tasso di natalità.
Il Mezzogiorno può crescere se si concepisce come un’opportunità, ponte verso il Sud, non solo dell’Italia ma dell’intera Europa, come la Germania Orientale è stata ponte verso Est. Ma deve cambiare, profondamente cambiare. E soprattutto deve cambiare la sua classe dirigente che ancora oggi in buona parte è orfana della Cassa del Mezzogiorno, peggio ancora di fatto ancora pregna di quella cultura clientelare e assistenziale che ha sprecato tante energie e tante risorse, a cominciare da quelle europee che oggi sono in scadenza.

Fareitalia con Faresud o se volete Faresud per Fareitalia non è uno slogan ma una scommessa e nel contempo un progetto di sviluppo. Lo presentiamo a Catania, in quella che avrebbe potuto essere davvero la Milano del Sud. E poi negli altri potenziali poli di sviluppo del Mezzogiorno. Palermo, Bari, Lecce, Napoli, Salerno, Pescara e Reggio Calabria. Nella convinzione, peraltro, che il Ponte non sia solo una infrastruttura necessaria, ma un polo di sviluppo a cui non si può rinunciare; deve e può essere accompagnato da una rete portuale, ferroviaria e autostradale, che sia all’altezza del ruolo che il Mezzogiorno può svolgere nella nuova geoeconomia mediterranea.

Il progetto sul quale ci confronteremo prevede, in sostanza due tempi: il primo da realizzare in questo scorcio di legislatura nazionale e regionale: quindici mesi circa di attività legislativa: il secondo nei prossimi cinque anni, dal 2013 al 2018, se l’Italia e l’Europa saranno ancora in piedi.
Nella prima fase, occorre che il Mezzogiorno sia inserito a pieno titolo come opportunità e non certo come problema nella manovra per la crescita che, a nostro avviso, deve contenere una patto sociale tra garantiti e non garantiti, un patto generazionale tra nonni e nipoti, e un patto nazionale tra nord e sud.

Questo significa, liberalizzazioni e privatizzazioni, riforma del welfare e della PA, un aumento dell’età pensionale in cambio di detassazioni per l’impresa e il lavoro dei giovani e, inoltre infrastrutture, innovazione e internet, se occorre anche attraverso una patrimoniale di scopo. Solo investendo sul capitale umano e sul territorio, su cultura e ambiente, sul futuro e non sul passato, sarà possibile rendere appetibile la nostra economia e competitiva la nostra società nell’epoca della nuova globalizzazione, in quello che appare essere il nuovo Bacino di crescita del Mediterraneo.
Le dieci proposte che avanziamo con il nostro documento sono realizzabili da subito nel quadro di una effettiva e organica manovra per la crescita, dove, appunto, considerare il Mezzogiorno quale opportunità, affrontando nel contempo i deficit strutturali del Paese. Pochi mesi per la svolta. Se non ora quando.

Scenari e obiettivi
Il rapporto annuale dell’Istat descrive l’Italia come un paese in cui coesistono due realtà profondamente distinte: il nord con un elevato livello di benessere e il sud con gravi ed evidenti rischi di povertà. Il perpetuarsi di questo divario se non tempestivamente contrastato e superato porterà inevitabilmente ad una frattura economica con evidenti conseguenze catastrofiche per tutto il nostro paese.
È quindi ormai necessario e non più rinviabile costruire politiche che possano ridare slancio e stimolare il Mezzogiorno per permettere l’azzeramento di questa disparità e stimolare il rilancio dell’Italia sulla scena europea ed internazionale.

Affinché il Sud possa recuperare strada e non si debba più sentire parlare di Italia a due velocità sono necessarie misure mirate a:
• riformare le governance a livello locale (regionale, provinciale, comunale), creando forme di aggregazione più ampie per permettere scelte condivise e non più conflittuali, per rendere più efficiente l’amministrazione, per migliorare la qualità dei servizi e per realizzare progetti infrastrutturali di comune interesse;
• contrastare l’illegalità e combattere il sommerso attraverso misure fiscali virtuose, capaci di rilanciare lo sviluppo economico e sociale;
creare una agenzia per lo sviluppo del Mediterraneo o banca di sviluppo sub-regionale finalizzata all’attrazioni di capitali per il finanziamento di progetti di investimento delle Pmi nel Mezzogiorno e nel Mediterraneo;
• accrescere la responsabilità degli individui e promuovere una crescita economica più stabile, duratura e condivisa investendo massicciamente in capitale umano ed in innovazione

In questo grave momento di crisi, il rilancio del nostro paese passa anche attraverso un profondo cambiamento del Sud.

Analisi e proposte
Lo scorso anno un impietoso articolo del Financial Times ha paragonato la stato del Sud Italia alla situazione nazionale della Grecia. Regioni come Campania, Calabria e Lazio sono definite come “spendaccione” e bisognose di una disciplina fiscale.
Nello stesso periodo il settimanale Economist ha pubblicato una “fanta-cartina” dell’Europa ridisegnandone i confini prendendo come parametri di riferimento l’economia, la politica e i conti pubblici. Il Sud Italia, definito come “bordello” viene separato dal Nord e in deriva verso la vicina Grecia.
Per questo motivo oggi è prioritario per il centrodestra del futuro occuparsi della cosiddetta “questione meridionale” in una visione costruttiva e partecipativa, non più assistenziale.

In Italia, negli ultimi anni la crescita si è fermata, segno di un’economia bloccata e di un modello di sviluppo non adeguato, e in questo quadro si sta diffondendo l’idea che il Meridione, con la sua immagine di disorganizzazione, di apparente resa di fronte al fenomeno della criminalità, di opacità e di impianificabilità dello sviluppo, sia diventato un carico troppo pesante. Il Mezzogiorno è visto come luogo della crisi. È questa una visione sciatta e distratta che non va contrastata con astratte logiche di programma, ma in modo pragmatico partendo da una importante considerazione: l’economia meridionale non è diversa da quella italiana, ma ne rappresenta una parte con le sue specificità e le sue qualità e come tale va gestita e compresa e specialmente valorizzata.

Il primo nodo da sciogliere è la riforma della governance. Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una cattiva gestione pubblica. Troppi sprechi, pochi investimenti e soprattutto una cattiva amministrazione e uso dei fondi europei. Le istituzioni locali, in primo luogo le Regioni ma anche le Province e i Comuni, devono crescere in qualità per recuperare quel pericoloso discredito che va diffondendosi nella società civile. Devono cioè essere in grado di fornire ai cittadini servizi adeguati ed efficienti per promuovere la crescita civile responsabilizzandoli al rispetto dei valori condivisi tipici delle società avanzate. A tal fine occorre un’inversione di rotta nella formulazione delle politiche per il Sud e ciò per segnare nuove e concrete vie d’uscita all’emarginazione e al degrado, valorizzando risorse e capitale umano di cui è ricco il Mezzogiorno. Il problema sta, non tanto negli obiettivi ormai largamente diffusi, ma nei meccanismi e nelle procedure di intervento pubblico.

Diventa importante recuperare l’idea del Federalismo fiscale, visto come opportunità e non un cappio per le amministrazioni locali, per mettere ordine ai propri bilanci definendo priorità di intervento, tipologie e costi dei servizi. Dovranno essere premiati gli enti locali che si adegueranno ai costi standard medi nazionali per stimolarne la responsabilità fiscale nella gestione e fornitura dei servizi, evitando crescenti deficit di bilancio non più sostenibili. Nelle azioni di investimento pubblico le risorse dovranno essere destinate in via prioritaria alla manutenzione dell’esistente, mentre la realizzazione di nuove opere dovrà essere attuata tramite organismi tecnici indipendenti e dotati di credibilità internazionale.

In questo contesto è necessario migliorare l’Amministrazione locale. La gestione del territorio è una priorità inderogabile, non solo per scongiurare il ripetersi di eventi calamitosi conseguenti al degrado ambientale, ma anche e specialmente come azione di valorizzazione dell’enorme patrimonio artistico, culturale e paesaggistico di cui è ricco il Mezzogiorno. Replicando il modello sperimentato con successo per la gestione post-terremonto dell’Aquila, è indispensabile concentrare in un unico organismo (tipo il Prefetto) la gestione del territorio regionale ed in particolare le concessioni edilizie e i provvedimenti di contrasto all’abusivismo edilizio. Le istruttorie continuerebbero ad essere eseguite dai Comuni mentre le relative autorizzazioni e provvedimenti demolitori verrebbero delegati ad un commissario straordinario regionale per un predeterminato periodo temporale.

Ottimizzare la produzione e gestione dei servizi. È proprio in questo campo che si concentrano gran parte delle inefficienze e distorsioni. Anche qui occorre un salto di qualità per cercare nuove forme di collaborazione pubblico-privato capaci di migliorare la qualità delle prestazioni offerte ad un giusto rapporto qualità-prezzo.
Investire nei settori sensibili come la sanità, la scuola e la fornitura dei servizi sociali:
• Sanità. In attesa di un’organica riforma nazionale, il servizio pubblico deve garantire l’accesso a servizi di qualità separando le funzioni di day-hospital da quelle ospedaliere e sperimentando, di concerto con il sistema assicurativo, forme di parziale privatizzazione dei servizi e delle prestazioni.
• Utilities. Attualmente servizi quali l’energia, l’acqua, l’elettricità, l’assistenza agli anziani, ecc., sono svolti in gran parte da società pubbliche o a controllo pubblico, prefigurando situazioni di monopolio, di concorrenza sleale con il privato e di scarsa trasparenza nel rapporto qualità-prezzo. Ci si riferisce alla pletora di società municipalizzate diffusasi a macchia d’olio come bracci operativi dei Comuni, incentivando la liberalizzazione o la parziale privatizzazione.

Il secondo obiettivo è dare nuovo slancio allo sviluppo economico e sociale combattendo l’illegalità e il sommerso.
È ormai evidente che l’insufficienza di nuovi investimenti, la bassissima capacità di attrazione di investimenti esteri e l’eccessiva disoccupazione, sono tra i maggiori problemi che limitano le possibilità di sviluppo del Mezzogiorno. Carenze che derivano dalla diffusa illegalità e dalla crescita vertiginosa e incontrastabile dell’economia sommersa, fonte a sua volta di illegalità. Il Pil del Mezzogiorno si mantiene al di sotto dei livelli delle altre regioni del Centro-Nord, facendo abbassare la media nazionale.
In termini di attrazione di investimenti diretti dall’estero, le regioni meridionali presentano un notevole gap non solo rispetto alle altre regioni italiane ma anche rispetto alle altre aree europee che presentano caratteristiche socio-economiche simili a quelle del Mezzogiorno.
Il miglior antidoto a questi deprecabili fenomeni sta notoriamente nello sviluppo economico e nella conseguente crescita dell’occupazione. Ma come evitare che tale opzione resti un’affermazione di principio? Che ogni iniziativa di sviluppo poggi fondamentalmente sulle scelte e sulle risorse pubbliche? Che le modalità di intervento scadano nell’assistenzialismo e alimentino clientele e corruzione?

Occorre una discontinuità forte rispetto al passato. Gli investimenti in opere pubbliche sono carenti, mal gestiti e troppo lenti nella loro realizzazione. Gli investitori privati sono distorti nelle loro scelte dalla ricerca di contributi pubblici e non riescono perciò a realizzare progetti economicamente validi e duraturi nel tempo.
La scelta dei progetti di sviluppo, sia d’impresa che per infrastrutture, nonché del loro finanziamento, deve essere affidata ad organismi di elevato spessore tecnico ed sicura credibilità internazionale, in grado di operare senza interferenze politiche così da essere capaci di attrarre capitali sui mercati internazionali. Allo Stato e alle Regioni deve essere demandata solo la definizione delle priorità di intervento e la destinazione di risorse pubbliche ai singoli progetti a titolo di incentivazione, senza entrare nel meccanismo di valutazione e selezione.

I lavori pubblici devono rappresentare la priorità come ridurre la distanza Sud- Centro Nord, ma vanno gestiti in modo efficiente e con tempistica predefinita per evitare che il Mezzogiorno, specie le grandi città e le principali arterie di comunicazione, diventino cantieri perenni.

In questa ottica è determinante la riforma delle misure di aiuto pubblico:

1. Per le infrastrutture la copertura delle spese non dovrebbe essere totale e il sostegno pubblico dovrebbe manifestarsi in un sistema di project financing agevolato, utilizzando a tal fine risorse pubbliche (nazionali ed europee) come “leva” per l’attrazione di capitali privati. Il project financing è la migliore garanzia sulla validità dei progetti scelti, sul dimensione del finanziamento, sui tempi di attuazione.

2. In merito agli aiuti agli investimenti privati va eliminato il contributo in conto capitale, fonte di distorsione di scelte e di assistenzialismo, e previsto il contributo in conto interesse su crediti erogati dal sistema bancario e la detassazione automatica degli utili reinvestiti. Non serve replicare i crediti d’imposta, fonte di pastoie burocratiche e di comportamenti illegali.

3. Infine per favorire l’attrazione degli investimenti esteri ben venga la creazione di zone a burocrazia “zero” (proposta Tremonti), certo più efficaci delle zone franche fiscali per le quali ci sono troppi vincoli europei.

4. Per accrescere le risorse finanziarie per il finanziamento di progetti infrastrutturali e di progetti di investimento di Pmi, va realizzato un grande e ambizioso obiettivo: la creazione di una banca di sviluppo sub-regionale per il Mediterraneo (BdSM). Una delle carenze più importanti che frenano la realizzazione dei progetti di investimenti presentati da imprese o da altri organismi è dovuta al fatto che, a fronte di un sistema bancario di tipo tradizionale, mancano operatori specializzati nel settore della preparazione dei progetti, sia dal punto di vista della loro identificazione e finanziamento, sia da quello, non meno importante, della loro generazione e valutazione secondo il modello standard del “ciclo progettuale”.

 Il modello BdSM appare il più adeguato ad incorporare le caratteristiche di un operatore specializzato nel campo della promozione di progetti di investimento infrastrutturale e d’impresa in un’area diversificata e vasta quale quella del Mediterraneo, ove gli interessi italiani sono di grande rilievo. Una BdS specializzata e dotata di elevata professionalità può rappresentare un veicolo di sostegno alla cooperazione coinvolgendo capitale privato a fianco di un limitato capitale pubblico. L’idea di una banca di sviluppo per il Mediterraneo è stata a lungo dibattuta nei consessi internazionali e negli stessi ambienti della Comunità Europea. In Europa, attività tipo di BdSM sono svolte dalla BERS nei paesi dell’Est europeo ed in parte dalla BEI, che però si è limitata a costituire una facility con un impatto sul finanziamento dei progetti piuttosto limitatati e comunque non esteso al Mediterraneo. Non esiste alcun operatore che abbia allo stesso tempo rilievo internazionale nel settore dei progetti di investimento e sia radicato oggi nel Mediterraneo.

Gli elementi essenziali per la sua realizzazione riguardano:
• le modalità di istituzione da parte italiana del nuovo organismo per attribuirgli quel riconoscimento indispensabile sul piano del riconoscimento internazionale;
• la mission nella ricostruzione e nello sviluppo in linea con il rilancio della politica di cooperazione nell’area;
• la dotazione di capitale iniziale (pubblico e privato);
• l’articolazione e i contenuti della struttura, che necessariamente devono essere altamente professionali e specialistici;
• la specializzazione territoriale in un’area con un fabbisogno acuto di infrastrutture;
• la specializzazione funzionale nel risk management e nel project financing.
L’internazionalizzazione dello sviluppo, problema fondamentale di una economia aperta in una società globalizzata, avrebbe nella BdS uno strumento e un'opportunità strategica di primaria grandezza, che potrebbe fare del Sud-Europa l’epicentro di un circolo virtuoso di crescita endogena.

5. Il quinto obiettivo è il sostegno al capitale umano. È fondamentale far crescere la responsabilità degli individui e promuovere una crescita economica più stabile, duratura e, specie, condivisa.
Rispetto ai primi anni 2000 sono aumentati i giovani meridionali trasferitisi al Centro-Nord, ed è in crescita la percentuale dei laureati “eccellenti” che hanno lasciato il Mezzogiorno: nel 2004 partiva il 25% dei laureati meridionali con il massimo dei voti; già nel 2010 la percentuale è balzata a quasi il 40%.

Riguardo all’occupazione, nel 2010 su 106mila laureati meridionali 38mila erano disoccupati (il 78% residente al Sud), e dei 62mila occupati, 26mila lavoravano al Centro-Nord.
Tra il 2007 e il 2010 il peso della disoccupazione meridionale è risultato nettamente maggiore alla media italiana con un divario particolarmente ampio rispetto alle regioni settentrionali.

È necessario che il riscatto del Mezzogiorno sia generato dagli individui stessi. Non mancano le capacità, ma manca l’impegno da parte delle istituzioni alla crescita del capitale umano dei singoli. Un impegno che deve essere costante e duraturo e realizzato stimolando l’accesso ai bisogni essenziali del vivere civile, all’abitazione, ai servizi pubblici essenziali (sanità e formazione in primis), alla sicurezza, ecc.

In tutte le società meno sviluppate il degrado sociale è causato dal degrado civile, per cui occorre agire con decisione su questo per ridare fiducia agli individui e responsabilizzarli sulle loro scelte. Il decoro urbano e il rispetto delle regole è condizione essenziale per favorire il recupero di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e migliorarne le condizioni di vita. Su questi ed altri temi che riguardano la gamma dei bisogni essenziali occorre mobilitare e responsabilizzare le autorità locali, riservando allo Stato la facoltà di surroga in casi di palese inadempienza. Per rilanciare l’occupazione, sull’esempio francese va eliminata l’Irap e sospeso il pagamento dei contributi per un anno, almeno per le piccole imprese.

Particolare attenzione va alla formazione, un buon livello di preparazione porta a un buon livello dei servizi. Proprio in questo campo la parte di competenza dei Comuni è quella di maggiore importanza nella fondamentale azione di sostegno e crescita del capitale umano, di cui il Mezzogiorno è particolarmente carente. Per questo motivo andrebbe istituito un organo di valutazione della qualità dell’insegnamento e degli edifici scolastici con sistemi di premi e sanzioni per stimolare la crescita delle eccellenze.

Conclusioni

Quasi tutti gli analisti sono convinti che lo sviluppo del mezzogiorno possa partire da un significativo miglioramento dell’intero quadro della governance locale che dovrà essere perfezionata in modo da gestire i compiti assegnati alle specificità locali.

Più in generale è necessario dare il via a un vero e proprio processo di “re-istituzionalizzazione” intendendo tale termine nel suo significato più ampio. Istituzione infatti non è solo lo Stato ma tutto ciò che aiuta le persone a superare una condizione di isolamento e solitudine. L’esperienza ci insegna che vincono le società coese e governate come ad esempio la Germania con la sua riedizione di una economia sociale di mercato che vede la compartecipazione equilibrata di mercato, Stato, parti sociali, con ruoli non confusi ed in ogni caso responsabili. Re-istituzionalizzare il Mezzogiorno quindi significa ripartire dai luoghi dove gli individui cercano insieme di costituire comunità aperte nella vita civile e nella vita economica e sociale: nella famiglia e l’associazionismo, la politica ed il tessuto amministrativo. Una buona società significa buona politica e buona amministrazione.

Sappiamo di partire da una base fragile: anche l’associazionismo più motivato e gli amministratori più preparati e convinti possono fare poco da soli di fronte ad un compito che finisce troppo spesso per essere di pura difesa. Sentire la presenza dello Stato nel mezzogiorno è importante per rendere normali i processi amministrativi di base e per difendere e assicurare i cittadini nel loro impegno civile.

Una normalità amministrativa è l’obiettivo primario che può portare il Mezzogiorno fuori dalla attuale situazione di stallo. Per ottenere questo occorre intervenire sui processi amministrativi con la stessa determinazione con la quale si sta combattendo il male della criminalità e il sommerso: tempi e qualità delle decisioni devono rapidamente migliorare. Occorre una forte componente di affiancamento alle amministrazioni meridionali di professionalità eccellenti che possano presidiare tutta la catena operativa dalla progettazione alla realizzazione degli interventi. Si può partire dalla gestione dei fondi strutturali con “l’obiettivo 100%”: 100% di impegno, 100% di spesa effettiva, 100% di qualità dei progetti e degli interventi entro i termini che l’UE pone. Per fare questo lo Stato non deve stanziare risorse aggiuntive, ma esercitare la sussidiarietà nei processi, proporzionalmente al loro livello di criticità e di efficienza, al limite sostituendosi alle amministrazioni palesemente incapaci di decidere e di intervenire: la mancata utilizzazione delle risorse in un momento di crisi e di forti vincoli di bilancio è un fatto non più tollerabile.


La crescita del Mezzogiorno in dieci priorità
1. Riduzione della spesa pubblica di parte corrente degli enti locali, finalizzata ad operare risparmi di almeno il 5% all’anno attraverso un’operazione di trasparenza delle voci di spesa e della maggiore sinergia territoriale tra le Regioni meridionali.

2. Patto di stabilità della spesa sanitaria regionale applicando i costi standard nazionali.

3. Vendita graduale del patrimonio immobiliare pubblico inutilizzato o reso ridondante in seguito a riforme già effettuate e introduzione di un meccanismo di incentivo-disincentivo nella distribuzione dei contributi nazionali alle Regioni per stimolarle alla dismissione.

4. Lotta al sommerso riducendo le addizionali Irpef regionali e comunali sui nuovi imponibili emersi.

5. Lavoro e giovani*
• eliminazione dell’Irap e dei contributi previdenziali per due anni per le piccole imprese che creano nuovi posti di lavoro creati (un sistema analogo è applicato in Francia).
• sospensione dell’Irap sulle assunzioni di giovani fino ai 30 anni di età
• introduzione di un’imposta unica pari al 10% del reddito imponibile e per un periodo di 10 anni, comprensiva di ogni prelievo fiscale e previdenziale, sulle imprese create da giovani fino ai 35 anni di età;
• istituzione di un fondo di partecipazione al 50% del capitale di rischio per le imprese create da giovani fino ai 35 anni di età.
• creazione di un fondo di garanzia sui prestiti concessi per le imprese create da giovani fino ai 35 anni di età.

6. Investimenti *
• detassazione degli utili reinvestiti in nuovi investimenti operati da qualsiasi impresa nazionale o estera.
• creazione di 10 zone a burocrazia zero beneficianti di un’imposizione forfettaria ridotta al 15% per un periodo di 10 anni per attrarre in particolare investimenti esteri.

7. Impresa, ricerca e innovazione *
• aumento dei fondi di venture capital per partecipazioni al capitale di rischio di imprese innovative per un periodo massimo di 7 anni e con diritto di riscatto al valore attuale di mercato.
• detassazione degli utili d’impresa destinati al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo e di trasferimento tecnologico realizzati in collaborazione con centri di ricerca universitari e privati
• deducibilità dall’imponibile d’impresa delle spese relative alla brevettazione di innovazioni e alla sperimentazione in laboratori per un periodo di 2 anni.

8. Infrastrutture
• ricorso al partenariato pubblico-privato attraverso forme di project financing agevolato per il finanziamento delle opere; il contributo pubblico dovrà operare da “leva” per l’attrazione di capitali privati e dei fondi europei;
• creazione di una Banca Sub-regionale di Sviluppo per il Mediterraneo, in partenariato pubblico-privato, per favorire investimenti in infrastrutture e in progetti d’impresa attraverso mirate misure di funding sul mercato internazionale dei capitali, per migliorare e rendere più efficiente la selezione dei progetti, per migliorare l’assistenza tecnica, per ottimizzare l’impiego dei fondi europei e del Fas.

9. Formazione
• accorpare le competenze in tema di formazione delle scuole secondarie di ogni ordine e grado nei Comuni;
• introduzione nei programmi formativi di base come materia obbligatoria l’educazione civica, indispensabile per la formazione del capitale umano;
• introdurre incentivi all’accorpamento delle funzioni didattiche, di ricerca e di trasferimento tecnologico degli Atenei meridionali.

10. Risparmio energetico *
• Attuazione di un piano di incentivi-disincentivi per il risparmio energetico e l’autonomia energetica di aree industriali e artigianali. In alcuni paesi (Austria) e Regioni (Trentino-Alto Adige) si sono ottenuti risultati di risparmio e sostituzione di fonti tradizionali con fonti rinnovabili di circa il 40%.

* previa negoziazione in sede UE.

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