1° Maggio: «Festa del Lavoro», la filastrocca di Mimmo Mòllica

1° Maggio Festa del lavoro. La «Filastrocca del Lavoro» di Mimmo Mòllica racconta in versi e strofe questa importante ricorrenza. E noi la proponiamo a grandi e piccini per celebrare la «Festa del Lavoro e dei Lavoratori».  «Filastrocca del lavoro» di Mimmo Mòllica   Caro babbo che cos’è il lavoro? dei bambini domandano in coro a un papà stanco e pure affannato, dal lavoro appena tornato. Ed il babbo risponde a fatica «serve a vivere, è una regola antica». Ed aggiunge: «… ed inoltre, sapete il lavoro è passione, è volontà e decoro». «E che cosa vuol dire decoro?», ribatterono subito loro. «È nell’opera di un falegname, è Van Gogh, è in un vaso di rame». «È Geppetto e il suo pezzo di legno, è Pinocchio, è Collodi e il suo ingegno, è donare qualcosa di noi senza credersi dei supereroi». «È costruire un gran bel grattacielo, è Gesù quando spiega il Vangelo, compiacersi di quello che fai, è dolersene se non ce l’hai!». Però un tipo iniziò a blaterare: «È pagare la gente per non lavorare, s

LA VIOLENZA DEL POTERE SORDO E CIECO

06/10/2011 - Il Gen.Charles De Gaulle, durante il maggio francese, indusse il suo primo ministro Pompidou a trattare con i sindacati e concludere gli accordi di Grenelle e così rispose al movimento rivoluzionario che da settimane bloccava la Francia assecondando una uscita negoziata della grande crisi sociale e politica della Francia moderna.

Anche i governi di centro-sinistra degli anni settanta che affrontarono le grandi tensioni sociali e politiche del maggio italiano e dell'autunno caldo trattarono e diedero alla luce importanti fondamentali provvedimenti: lo Statuto dei diritti dei Lavoratori e la riforma della scuola.

Insomma il potere ha dialogato e trattato con i movimenti. Non si è chiuso a riccio e non ha derubricato la questione sociale a questione di ordine pubblico. Questo succedeva in una realtà sociale e politica in cui esistono vere opposizioni politiche in Parlamento che sostenevano e truducevano in provvedimenti legislativi le rivendicazioni degli studenti, degli operai, degli insegnanti. A far da sfondo a questa realtà c'era l'URSS con la sua Costituzione e la sua gestione socialista di tutti i beni della società, una URSS la cui esistenza costringeva le classi dirigenti dell'Occidente a non tirare troppo la corda, ad offrire una qualche risposta alla domanda di diritti e di rinnovamento.

Ma oramai, da molti anni, le cose non stanno più così. I governi ignorano la protesta delle masse. Vanno avanti per la loro strada fatta di tagli ai salari al welfare e di finanziamenti delle guerre colonialiste.

In molti, anche a sinistra, hanno osservato che le violenze degli estremisti a Roma hanno rovinato una grande manifestazione pacifica fatta di almeno trecentomila persone. E' vero. Ma è anche vero che nessuna risposta sarebbe stata data nè sarà data ai pacifici come ai bellicosi, ai miti come ai violenti. Il potere è sorto e cieco. Lo abbiamo già visto. Migliaia di manifestazioni di protesta dei precari della scuola con stiliti, scioperi delle fame e quant'altro non hanno prodotto neppure un incontro tra il Ministro Gelmini ed il personale della scuola. La scuola è stata spogliata di nove miliardi della sua dotazione e ridotta a classi-pollaio con trenta o quaranta alunni. Il potere non si è fatto raggiungere da nessuna invocazione, da nessuna protesta. E' andato avanti per la sua strada.

Ora per giorni i massmedia si occuperanno delle violenze romane che finiscono con il riverberarsi su tutto il movimento degli indignati inceppandolo e mettendolo sulla difensiva, nella necessità di difendersi dalle accuse che arrivano a sfiorare financo il terrorismo. Ma il governo non farà assolutamente niente e l'imbelle opposizione presente in Parlamento si preoccuperà sopratutto della propria "rispettabilità" e farà a gara con i Gasparri ed i La Russa a chi si distanzia di più dai movimenti rivendicativi.

Basterebbero alcuni segnali di apertura del Parlamento e del Governo per rispondere, nei limiti di una situazione difficilissima, in modo civile e democratico a Piazza san Giovanni, alla piazza dei miti ed a quella dei rivoltosi: Un Salario Sociale della durata di un anno per i giovani laureati in cerca di prima occupazione; Un Salario Minimo Garantito ai giovani biagizzati oggi brutalmente sfruttati con retribuzioni meschine inferiori financo a 500 euro mensili. Un aiuto straordinario alle famiglie monoreddito che non riescono più a galleggiare nella crisi.

Non si farà niente di tutto questo e si parlerà soltanto della violenza di Piazza San Giovanni.Ci si inquadrerà nelle decisioni del G20 che vogliono drenare tutte le risorse verso il sistema finanziario e spogliare le popolazioni di tutto dal salario al welfare. I banchieri passati dalla derisione dello cham pagne bevuto in faccia agli indignati di WallStreet alla pietà pelosa ed alla condivisione ipocrita ed insincera del segretario al tesoro USA Geithner, di Soros, di Passera, di Draghi, di altri marpioni della finanza.

L'Italia non è la Grecia. E' la quinta potenza economica del mondo con il 3,3 per cento di produzione del Pil. Può aprirsi alle richieste degli indignati guadagnandoci in possibilità di crescita. La paralisi italiana è dovuta anche alla precarietà ed al disagio sociale enorme.
Una classe dirigente se si limita a criminalizzare la violenza senza dare risposte ai movimenti si dimostra non credibile ed in malafede. Una classe dirigente deve dare risposte anche alla violenza dimostrandone l'arbitrarietà in un sistema democratico funzionante. Ma non è funzionante un sistema che ignora sistematicamente il malessere e si chiude in se stesso e continua a produrre altre cause di malessere.

Pietro Ancona

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