Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

GIOIOSA MAREA: I BAMBINI SENZA GIUSTIZIA NON VINCERANNO MAI IL CARRO ARMATO

● GIOIOSA MAREA: “QUANDO LA GIUSTIZIA E’ INGIUSTA. NON PUO FINIRE COSÌ!”
Perché per un ragazzo la 'vita è bella' perfino in un lager, se a tenerlo per mano è l’adulto amorevole,  coraggioso e giusto, capace di inventarsi i carri armati pur di non cedere alla disperazione e alla morte morale. 
Si chiederanno quei bambini di Gioiosa Marea per quale ragione delle centinaia di persone che occuparono la stazione ferroviaria quel giorno ne siano state condannate solamente 28? "Che giustizia è questa?", si diranno e rimarranno feriti. Sarà per loro un deludente impatto con le istituzioni e con la realtà. Ingiustizie piccole ed enormi cui non è bene che i ragazzi si abituino. Meglio indignarsi e sapere riconoscere la palese ingiustizia 
Gioiosa Marea, 13/11/2011 - C’è una giustizia cui va il merito di avere fatto l’Italia. Magistrati eroici, cui va la nostra imperitura gratitudine per essersi immolati o per avere strenuamente lottato la mafia e salvato questa Terra da arroganze e violenze ulteriori e ancora peggiori. Ma c’è una magistratura cui non importa niente della pedagogia? Che si fa beffe delle sorti delle nuove leve, dei tanti giovani che osservano noi adulti, nei nostri compiuti comportamenti, per scegliere i modelli da emulare, per capire come gira la ruota, per strutturare in sé il senso stesso dell’etica o della giustizia?

Vogliamo credere di no: la pedagogia è fatta di etica e sudore, di coraggio e profondo senso di giustizia. E un magistrato, in genere, ha molti più ‘figli’ degli altri cui indicare la diritta via. Come il prete o l'insegnante...
Il 24 novembre 2009 migliaia di persone presero parte alla grande manifestazione di protesta contro l’immobilismo delle istituzioni cui competeva il dovere di permettere alla 'cittadina' di Gioiosa Marea di uscire dall’isolamento in cui era piombata da quando una frana sulla SS 113, in località Capo Skino, l’aveva isolata, escludendola da ogni forma di comunicazione con il mondo circostante.

Il corteo fu davvero imponente. Vi prese parte l’intera cittadinanza e, a sostenere la legittima protesta dei cittadini gioiosani, vennero sindaci e cittadini di varie località dei Nebrodi e della provincia di Messina. L’epilogo della manifestazione portò i manifestanti ad occupare la linea ferrata nel tratto della stazione Fs di Gioiosa Marea: centinaia di persone e perfino bambini occuparono i binari.

Per quella occupazione il Gip di Patti, Onofrio Laudario, ha ora condannato 28 persone al pagamento di 3.750 euro cadauna, con l'accusa di interruzione di pubblico servizio.

In quel corteo che nella mattinata del 24 novembre 2009 attraversò compostamente Gioiosa Marea, portandosi poi sulla linea ferrata, c’erano intere scolaresche, centinaia erano i genitori con i propri figli, stanchi dell’acquiescenza con cui fino a quel giorno si era sopportato il muto isolamento, con cui si era stata tumulata l’ignota salma di un povero viandante, precipitato in una voragine di quella strada interrotta, ignaro che Capo Skino in quel tratto potesse nascondere insidie ancora sconosciute: la morte e probabilmente il delitto!
Ma forse il delitto ha le sue leggi. Si conclama o si prescrive a seconda dei casi? A seconda della persona o dell’ente che lo commette o lo patisce?

Quelle scolaresche di bambini erano state messe dagli adulti dinnanzi alla responsabilità di incamminarsi sulla diritta via, di tenerla dritta la schiena, per crescere forti non solo di vitamine. Per crescere saldi di valori e virtù, per credere che l’Inno di Mameli sia palpito di identità e giustizia, che la Bandiera italiana sia cromatismo di candida verità e di sangue puro, come quello di Cristo e (più ‘modestamente’) come quello degli eroi che hanno pagato alla libertà, alla giustizia o alla mafia molto più che 3.750 scudi, molto più di 3.750 marenghi, euro o lire.

Compresi quei magistrati cui, nelle scuole come nelle sedi istituzionali, nelle piazze e in televisione, rivolgiamo ogni anno un solenne pensiero di gratitudine e commemorazione.
Si chiederanno ora quegli stessi bambini di Gioiosa Marea per quale ragione di quelle centinaia di persone che occuparono la stazione ferroviaria quel giorno ne siano state condannate solamente ventotto?
"Che giustizia è questa?", si diranno di certo e rimarranno feriti. Sarà per loro un deludente impatto con le istituzioni e con la realtà, per quanta possa passarne ogni giorno in tv, per la tardiva condanna dell’omicida di Elisa Claps, per l’impunita morte di Yara Gambirasio, per un rigore non concesso dall’arbitro.

Ingiustizie piccole ed enormi cui non è bene che i ragazzi si 'abituino'. Meglio indignarsi e sapere riconoscere la palese ingiustizia. Perché per un bambino 'la vita è bella' perfino in un lager, se a tenerlo per mano è l’adulto amorevole, coraggioso e giusto, capace di inventarsi i carri armati pur di non cedere alla disperazione e alla morte morale, molto prima che il padreterno l'abbia rivoluta indietro la vita concessaci.

Forse deludere i bambini, negare loro il senso della giustizia, è delitto di Stato e andrebbe punito minimo con 6.800 scudi, lire, euro o taralli siciliani.

Perché il bambino cui tocchi di finire in un lager con un genitore privo del coraggio che deriva dalla fede e da un profondo senso di giustizia, ammesso che sopravvivrà, non vincerà mai il carro armato.
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Nel film di Roberto Benigni 'La vita è bella', proprio nel giorno del suo compleanno il piccolo Giosuè, suo padre Guido e lo zio vengono deportati in un campo di concentramento. Pur di proteggere Giosuè dagli orrori della realtà, Guido si spaccia come interprete di un caporale tedesco e "traduce" tutte le regole del lager in un emozionante gioco in cui si dovranno affrontare prove tremende per vincere il fantastico premio finale: un carro armato.

Quando i soldati tedeschi abbandonano tumultuosamente il lager, facendo strage degli ultimi deportati, Guido riesce a nascondere il piccolo Giosuè in una cabina, con la vana promessa di ritornare: scoperto, infatti, viene fucilato. Ma il piccolo Giosuè è ignaro, crede al padre e spera tanto in quel premio finale: il carro armato.

Salvato da un soldato, il piccolo Giosuè, ormai uscito dalla cabina in cui era rimasto nascosto come per gioco, viene fatto salire su un carro armato. Giosuè è convinto di avere vinto il premio finale e grida: “È verooo!!!

Il film ‘La vita è bella’ si conclude col bambino che ritorna felice dalla madre, mentre la voce narrante commenta: “Questa è la mia storia, questo è il sacrificio che mio padre ha fatto, questo è stato il suo regalo per me!”

Domenico Molica Colella

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