Capizzi, studente modello di 16 anni ucciso in piazza da un ventenne armato di pistola

Uno studente di 16 anni,  Giuseppe Di Dio, è stato ucciso sabato 1° novembre a Capizzi, piccolo comune dei Nebrodi in provincia di Messina, mentre un suo amico è rimasto ferito nella sparatoria. Fermate tre persone.  Giuseppe Di Dio frequentava la terza classe  dell'istituto alberghiero di Troina (Enna) e sarebbe stato attinto per errore dai colpi mortali esplosi da  Giacomo Frasconà Filaro , il 20.enne presunto assassino . 3 nov 2025 - Giuseppe Di Dio, 16 anni, e i suoi amici si trovavano  davanti a un bar di via Roma, a Capizzi, quando da un'automobile sarebbero scese tre persone, una delle quali avrebbe esploso i colpi di arma da fuoco che hanno attinto mortalmente il sedicenne, ferendo un altro giovane di 22 anni.  Si tratta di  Antonio Frasconà Filaro , 48 anni, e dei figli Mario, 18 anni, e Giacomo, 20 anni. Quest'ultimo, armato di pistola avrebbe fatto fuoco sulle persone presenti all'esterno del  bar di via Roma, a Capizzi, uccidendo ...

I BENI CONFISCATI ALLA MAFIA NON DEVONO ESSERE VENDUTI MA UTILIZZATI PER FINI SOCIALI

10/05/2012 - I beni confiscati alle mafie non vanno venduti. Non sono beni come tutti gli altri. Sono beni che hanno un forte valore simbolico, sono uno dei pilastri sui quali i mafiosi fondano il loro potere. I beni confiscati vanno utilizzati per fini sociali: è questo il modo per restituire credibilità e autorevolezza alle istituzioni, per togliere consenso sociale ai mafiosi, per dimostrare che è possibile sconfiggere le mafie, per affermare la convenienza della legalità.
Lo hanno affermato Andrea Campinoti, Presidente di Avviso Pubblico, Carolina Girasole, Sindaco di Isola Capo Rizzuto (e vice presidente di Avviso Pubblico) ed Elisabetta Tripodi, Sindaco di Rosarno alla presentazione del Rapporto di Avviso Pubblico intitolato “Amministratori sotto tiro. Intimidazioni mafiose e buona politica”, a Cinisi, mercoledì 8 maggio, in occasione della manifestazione organizzata in memoria di Peppino Impastato. All’iniziativa erano presenti anche Giovanni Impastato, fratello di Peppino, Salvatore Palazzolo, Sindaco di Cinisi, Giuseppe Cicala, responsabile nazionale Anci per la legalità. A moderare: Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico.
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NO ALLA VENDITA DEI BENI CONFISCATI. DA CINISI LO DICONO ANDREA CAMPINOTI, PRESIDENTE DI AVVISO PUBBLICO, CAROLINA GIRASOLE ED ELISABETTA TRIPODI, PRIME CITTADINE DI ISOLA CAPO RIZZUTO E ROSARNO

Firenze, 10 maggio 2012 - I beni confiscati alle mafie non vanno venduti. Non sono beni come tutti gli altri. Sono beni che hanno un forte valore simbolico, sono uno dei pilastri sui quali i mafiosi fondano il loro potere. I beni confiscati vanno utilizzati per fini sociali: è questo il modo per restituire credibilità e autorevolezza alle istituzioni, per togliere consenso sociale ai mafiosi, per dimostrare che è possibile sconfiggere le mafie, per affermare la convenienza della legalità.

Lo hanno affermato Andrea Campinoti, Presidente di Avviso Pubblico, Carolina Girasole, Sindaco di Isola Capo Rizzuto (e vice presidente di Avviso Pubblico) ed Elisabetta Tripodi, Sindaco di Rosarno alla presentazione del Rapporto di Avviso Pubblico intitolato “Amministratori sotto tiro. Intimidazioni mafiose e buona politica”, a Cinisi, mercoledì 8 maggio, in occasione della manifestazione organizzata in memoria di Peppino Impastato. All’iniziativa erano presenti anche Giovanni Impastato, fratello di Peppino, Salvatore Palazzolo, Sindaco di Cinisi, Giuseppe Cicala, responsabile nazionale Anci per la legalità. A moderare: Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico.

“I beni confiscati sono fastidiosi per le famiglie mafiose, non per il danno economico, ma per il ricordo, per la memoria che il mafioso ha di quel bene – ha spiegato Carolina Girasole, Sindaco di Isola Capo Rizzuto – Nel mio paese fino a quattro anni fa l’argomento bene confiscato non veniva trattato, la nostra amministrazione invece ha portato i bambini delle scuole elementari su quei terreni, facendo capire loro il significato di quel bene e questo i mafiosi non possono accettarlo”. “Quello che abbiamo fatto noi è stato soltanto governare con trasparenza e legalità, toccando alcuni argomenti considerati impopolari, interessi mafiosi che hanno scatenato il fuoco, portando a bruciarmi 4 macchine in 4 notti”.

Gli esempi di minacce e intimidazioni – ben 212 quelle documentate nel Rapporto di Avviso Pubblico per il solo 2010 – sono stati ripresi da Elisabetta Tripodi, Sindaco di Rosarno, che ha spiegato come le mafie hanno un modo di agire identico e utilizzano gli stessi mezzi. “Le mafie non vogliono che i paesi cambino, per questo provano continuamente a destabilizzarci. Noi abbiamo inaugurato un nuovo modo di amministrare, contrastando tutti coloro che portano danni alla comunità e che vogliono continuare a fare i loro sporchi affari. E quando operi con disciplina, onore e imparzialità, secondo quanto previsto dalla nostra Costituzione – ha concluso Elisabetta Tripodi – rappresenti un ostacolo per le mafie”.

“Questo è stato un paese dominato, strangolato e assediato dal fenomeno mafioso e il contesto in cui è morto Peppino Impastato lo documenta – sono state queste le parole introduttive di Salvatore Palazzolo, Sindaco di Cinisi - oggi però qualcosa è cambiato: mentre prima la città di Cinisi era conosciuta come il Paese di don Tano Badalamenti, oggi è diventata quella di Peppino Impastato e credo questa sia già una grande vittoria”.

Andrea Campinoti, presidente di Avviso Pubblico, ha illustrato quali sono stati i motivi che hanno spinto l’associazione a redigere il Rapporto: “Questo lavoro mostra la realtà che vivono tanti amministratori locali ogni giorno nel nostro Paese, le loro difficoltà, le minacce e le intimidazioni che subiscono. Come Avviso Pubblico vogliamo far sentire agli amministratori locali minacciati la nostra vicinanza, dire che la loro battaglia è anche la nostra e sottolineare che non siamo tutti uguali: ci sono politici che lottano contro la mafia ed altri no. Bisogna ritrovare l’orgoglio di riaffermare una diversità – ha concluso Campinoti - e tutti noi cittadini dobbiamo riappropriarci di questa battaglia di discernimento perché la buona politica esiste ma ha bisogno di essere incoraggiata”.

A seguire Giuseppe Cicala, responsabile nazionale Anci per la legalità, ha illustrato il protocollo di collaborazione tra Avviso Pubblico e Anci: “Lo Stato non deve lasciare soli i tanti amministratori locali minacciati, anzi bisogna metterli nelle condizioni di fronteggiare la criminalità e l’unione di queste due realtà cercherà di fare proprio questo”.
Oggi alle ore 11,30, tanti sindaci, provenienti da diverse regioni italiane, percorreranno i cento passi che separano casa Impastato da quella che era la casa del boss Gaetano Badalamenti. Cento passi di legalità, cento passi di buona politica.

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