Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

‘PAGATE FRATELLI’, I FRATI DI MAZZARINO A BARCELLONA P.G. TROVANO LE FORZE DELL’ORDINE AL COMPLETO

Barcellona P.G., 30/01/2013 – Mazzarino, in provincia di Caltanissetta fa 11.700 abitanti, Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina ne fa 42.000, circa. Capo d’Orlando di abitanti ne fa 13.000 e si trova pure in provincia di Messina. E’ proprio qua, a Capo d’Orlando, che nel 1990 nasce l'Acio, la prima associazione antiracket italiana, frutto di quella che venne denominata ‘primavera orlandina’.

Primavera perché dalla ribellione e dalla denuncia (l’opposto dell’omertà) germogliava una nuova Agatirno, una nuova Sicilia, una nuova coscienza. Novelli Colapesce mettevano nuovo, solido cemento in quella famosa terza colonna che, erosa dal fuoco, minaccia sempre di crollare: il fuoco minaccioso e distruttivo del malaffare, del racket, del pizzo, della criminalità che avanza e che da località già ‘effettive’ nella geografia della malavita organizzata (mafiosa) cercava nuovi territori, voleva fare proseliti, tentava di inaugurare spazi incontaminati e fiorenti, dove allevare nuove 'vacche da mungere', dove istituire nuove ‘centrali del latte’, dove aprire nuovi sportelli per la ‘riscossione’ forzosa: il pizzo.

Qua però il progetto criminale fallì, come fallì a Mazzarino e come è in via di fallimento a Barcellona Pozzo di Gotto, una delle cittadine a più alto tasso di mafiosità della Sicilia.
Ieri proprio a Barcellona P.G. si è vista la 'foto di gruppo' di un’epoca e di un progetto, quello della lotta alla mafia e all'illegalità, riunito nella sala cinematografica Corallo per prendere parte alla ‘prima’ messinese del film “Pagate fratelli”, un documento sulla tristemente famosa vicenda dei frati di Mazzarino, nella versione del regista Salvatore Bonaffini.

Ieri al cinema Corallo, in un colpo solo, si è ‘inaugurata’ una pellicola e si è ‘celebrata’ la cattura dell’ultimo latitante del ‘Gotha’ barcellonese, il boss della famiglia mafiosa del Longano, Filippo Barresi, scovato avantieri dalla Polizia di Barcellona P.G. nell’abitazione di un complice, latitante dal 24 giugno del 2011. Tra i presenti il dirigente del Commissariato di Barcellona, Mario Spurio Ceraolo, il sindaco di Barcellona Pozzo di Gotto, Maria Teresa Collica, il presidente della federazione nazionale Antiracket, Pippo Scandurra e Salvatore De Luca, procuratore della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto.

Filippo Barresi era l’unico esponente di vertice di cosa nostra barcellonese ad essersi sottratto alla cattura, continuando a gestirne le strategie criminali; autore ed esecutore di efferati delitti commessi nell'89 e nel 91, con personali interessi in società riconducibili a personaggi di spessore criminale, in combutta con altri elementi di vertice del clan.

Barresi è accusato di due efferati delitti commessi di recente a Barcellona P.G.: il primo avvenuti l’1dicembre 2012, vittima un giovane di 23 anni; il secondo consumatosi il giorno di Capodanno 2013, quando all’interno di un bar in pieno centro un killer uccise a colpi di fucile a pallettoni un esponente della criminalità organizzata a capo di un gruppo dedito alle estorsioni.

I fatti di Mazzarino e il film ‘Pagate Fratelli’

Il 16 febbraio 1960 la Procura di Caltanisetta emise l'ordine di arresto per quattro frati del convento francescano di Mazzarino, in provincia di Caltanissetta. I frati erano accusati di estorsioni, violenze ed altre nefandezze assortite. La storia di quei frati avrebbe pure potuto intitolarsi “Sotto il saio la mafia” o “La mafia sotto il saio”, avrebbe smosso ugualmente le acque stagnanti del perbenismo, avrebbe allo stesso modo inquietato le sacrestie e i luoghi di culto, quando si coltiva l’ipocrisia e il troppo quieto vivere.
Alla fine dell'aprile 1957, il padre provinciale dell'ordine dei francescani, in visita pastorale nel convento di Mazzarino, prende atto che qualcuno lo vuole morto, tranne che - per salvare la pelle - non decida di pagare 600.000 lire: oggi si pagano di sola IMU per una casa di 100 mq., s e è prima abitazione. Un vero affare - dunque - per quei tempi, quando le estorsioni provenivano per lettera da ‘balordi’ pronti ad ammorbare il territorio della loro cieca arroganza, di quella tracotanza che genera violenza, ingiustizia e morte!

Mazzarino nel film non viene raccontata (per immagini) nel suo patrimonio monumentale, storico e paesaggistico. Peccato! Il film ‘Pagate Fratelli’ tuttavia esprime, attraverso alcuni indizi importanti, la storia di un paese moderno e vitale, reso tale non certo dai frati-banditori (e banditi), propagandisti del potere munifico della Democrazia Cristiana che “dà a tutti da mangiare”.

Nel film l’indizio meno ostentato ma più vitale - piuttosto - è nei manifesti del Partito Comunista, che lotta per spostare l’asse della società verso la strada della ribellione, della presa di coscienza, disposta a rivoltarsi e a reagire per non farsi pecora matta, per saper dire di no all’arroganza e all’acquiescenza, per contrastare la protervia del potere che non accetta la legge e non tollera la sconfitta.
E non saremo certo strabici noi se abbiamo visto (nella pellicola ‘Pagate Fratelli’) i carabinieri allontanare dalla piazza, dove si tiene un comizio del Partito Comunista, un uomo che ad alta voce inveisce contro i giovani attivisti del Partito, che incitano la piazza alla ribellione. Una scena inusitata visto che di norma, in quegli anni, erano i ‘sovversivi’ ad essere placcati dalla Forza pubblica, semmai. Ma c’è in questo film una rappresentazione piuttosto positiva delle Forze dell’ordine e della Giustizia. Una interpretazione decisamente interessante di Salvatore Lazzaro nel ruolo del maresciallo. Si, è vero, c’è aria di tenentino torinese; affiora qualcosa de L'amante di Gramigna e della novella di Giovanni Verga.

Carlo Lizzani impiantò il suo set a Palagonia e a Licodia Eubea, tra gli ori della Santa patrona e gli stendardi della festa patronale in processione. Salvatore Bonaffini, a Mazzarino, porta in processione Maria Santissima, Patrona della cittadina e protettrice delle vittime del ‘saio’.

E se è interessante l’interpretazione di Salvatore Lazzaro nel ruolo del maresciallo dei carabinieri, parole di encomio vanno pure a Tony Sperandeo nei panni di un vigile urbano credibile, integro, tutto sommato positivo e splendidamente iracondo.
La figura femminile nella pellicola di Bonaffini esime la donna mazzarinese da un ruolo sociale succube e angusto, perché arcaico. La figura femminile in ‘Pagate Fratelli’ è paritaria e moderna, talvolta perfino emancipata nella personalità e nell’atteggiamento. Così sono spesso le donne a recitare il ruolo di mediatrici nel trattare con i ‘cassieri’ col saio.

E che dire della ‘Millecento’, la ‘nave scuola’ del sesso a pagamento, rea solo (nella pellicola) di una lingerie troppo ardita, perché fatta di articoli non ancora in commercio in quelle epoche, come le autoreggenti, divenute calze di ordinanza alcuni ventenni dopo il… ventennio.

Mazzarino come Milano e come il mondo intero...

Milano ebbe Veronica, il primo amor di tutta via Canonica / con te, non c'era il rischio del platonico. / Veronica, da giovane per noi eri l'America: / davi il tuo amore per una cifra modica.. / Veronica, l'amor con te non era cosa comoda, / nè il luogo, forse, era il più poetico… 

Bonaffini &  C. concedono un certo spazio al cabaret in una pellicola che non riecheggia certo simili atmosfere e sorprende (positivamente) che a concedersi tale libertà non sia il barbiere (nel film) Salvatore La Mantia, uno dei Toti e Totino, eredi palermitani di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.

Ma se un film può farsi metafora ed auspicio, trasposizione di umane qualità, un Oscar personale vorremmo assegnarlo ad un grande Luigi Maria Burruano, eccezionale nel ruolo del farmacista Ernesto Colajanni, pronto a ruggire come un leone ferito ma non vinto, contro la tracotante richiesta di denaro fattagli giungere attraverso lettere tanto puntuali da fare invidia alle poste odierne.
L’interpretazione di Luigi Maria Burruano è una rappresentazione toccante di umana verità; lo spaccato di un modello antropologico sofferente e sovversivo. Sovversivo perché sovverte ogni immaginario collettivo, consegnando alle ‘stampe’ una umanità speculare rispetto allo stereotipo informe e indolente, vigliacco e meschino, cementificato nella struttura portante di certa letteraura (cinema e cronaca) che in effetti è degna solo dei manifesti elettorali e delle cronache parlamentari, ma non vive e non opera nella case semplici o modeste, non ha dimora nemmeno in quelle decorose o bugiarde: bugiarde sono le case quando spesso ammantano di discrezione e normalità la vita vera, le qualità di un popolo e dell’individuo.

Le mele marce di Mazzarino, in quegli anni erano quattro balordi, un ortolano e pochi frati.

In Italia, oggi, l’unica mela marcia rimasta era il calciatore Mario Balotelli, prima che andasse al Milan per la somma di 22 milioni di euro. Un po' il denaro c'entra sempre...

m.m.
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