Ponte sullo Stretto: da sì al ponte a no al ponte è un attimo

Da sì al ponte a no al ponte è un attimo: basta che De Luca lo richiami all'ordine e il sindaco di Messina Federico Basile, obbedendo agli ordini di scuderia, rinnega una parte importante del proprio programma elettorale”. Roma, 23 aprile 2024 -  Così gli ingegneri Giacomo Guglielmo e Mauro Fileccia, fondatori insieme al senatore Nino Germanà del Comitato Ponte e Libertà.  " Ma una città come Messina, con un futuro tutto da disegnare, può accettare che il proprio sindaco sia teleguidato per gli interessi elettorali di chi non ha completato il proprio mandato per inseguire il sogno, poi infranto, della presidenza della Regione Siciliana? - incalzano Guglielmo e Fileccia. Altro aspetto sconcertante è quello della “preoccupazione” di Basile per la quantità di acqua necessaria per la costruzione del ponte sullo Stretto. Un aspetto squisitamente tecnico, che però non ha sfiorato Basile se riferito al fabbisogno dei cantieri del passante di Palermo, del raddoppio ferroviario Messina

MESSINA: UN SINDACO NÉ BUROCRATE NÉ ILLUSIONISTA, GIORNALISTI A CONFRONTO PER UNA 'NUOVA POLITICA'

Un sindaco né burocratico né illusionista, più economia privata per non morire di spesa pubblica, meno stipendi d’oro e più servizi
Messina, 6 aprile 2013 - Sono queste le tre proposte di Nuova Politica sulle quali la stampa cittadina dovrà confrontarsi ed esprimere la propria opinione domani alle 10 al Monte di Pietà di Messina.
“Le gravissime condizioni dell’economia, dell’occupazione e della qualità della vita a Messina - dichiara Pierangelo Grimaudo, presidente di NP - sono il risultato prevedibile di una mentalità, talvolta grigia e miope, talaltra evanescente e spregiudicata, diffusa non solo nell’ambiente politico-burocratico, ma anche nella cosiddetta società civile.
Non ci sarà futuro se non si abbandonerà il provincialismo. Non ci sarà futuro inseguendo progetti irreali ed immaginifici. La drammaticità del momento esige un impegno straordinario per il bene della città”.

TESI PER IL FORUM DEL 6 APRILE 2013

La situazione della nostra città non può essere compresa se non nella consapevolezza che la crisi ha una dimensione multilivello (mondiale, europeo, nazionale, regionale, locale) ciascuno dei quali ha specifiche ragioni e reciproche connessioni.
A livello globale, i Paesi dell’area occidentale liberal-democratica subiscono la concorrenza delle economie accomunate da una condizione di maggiore competitività fondata sulla bassa retribuzione dei lavoratori ed in generale, sull’assenza di sistemi normativi di salvaguardia di diritti sociali.

Nello stesso contesto, l’economia finanziaria aggredisce i debiti sovrani degli stati sociali più sbilanciati sul versante della spesa pubblica e mette in seria difficoltà il sistema bancario.
L’Europa della moneta unica, priva come è di istituzioni realmente in grado di esprimere politiche unificanti, è lacerata dalle divergenze tra Paesi forti e deboli. Prevale un rigorismo di bilancio, fino ad ora sordo alle conseguenze depressive che genera.
Nel contesto italiano, ad una forte crisi economica (di produzione, occupazione e competitività) se ne aggiunge una di natura politica ed istituzionale.

La Sicilia, da parte sua, resta afflitta da mali antichi quali ad esempio, la scarsa quantità e qualità delle infrastrutture essenziali (di trasporto ed energetiche) e il sovradimensionamento del comparto pubblico.
Messina soffre particolarmente le conseguenze del tramonto del modello di città-capoluogo di provincia basata sul pubblico impiego, chiusa in una mentalità burocratica, diffidente nei confronti di qual si voglia iniziativa dell’imprenditoria privata, paralizzata da una ragnatela di veti incrociati posti in essere dalle diverse autorità pubbliche presenti nel territorio, preoccupate principalmente di rivendicare un “ruolo” di vana prevalenza sulle altre.

In una quadro di debolezza dei sistemi istituzionali e politici di livello vasto, il ruolo delle classi dirigenti locali diventa ancor più determinante per i destini della comunità.
Ciascuna città dovrà quindi trovare la sua strada, senza illudersi che qualcosa o qualcuno, altrove, possa risolverle i problemi e trovarle una prospettiva per il futuro.
In una situazione di straordinaria sofferenza, la città di Messina deve dismettere le consuete prassi politiche, ed assumere un impegno straordinario di rinnovamento e di sprovincializzazione.
Da parte sua, la cosiddetta società civile non può tirarsi indietro, aspettando pigramente che i giochi siano fatti da una ristretta cerchia costituita dal ceto politico “professionale”.
Le realtà associative, e in esse ciascun cittadino, devono assumere la responsabilità di indirizzare le idee per una prossima amministrazione della città.

Ciò non significa auspicare una sorta di polverizzazione dell’offerta politica generata da una nebulosa di realtà associative che diventano liste civiche.
Le forze politiche organizzate vecchie e nuove, d’altra parte, conservano una capacità di raccolta del consenso non indifferente, che impone loro in questo momento l’onere di aprirsi al contributo di rinnovamento della società.
E’ auspicabile semmai, da parte delle stesse chiarezza e riconoscibilità di posizione rispetto ai problemi ed alle strategie di uscita. Questa responsabilità, in particolare, grava sui leader politici.
Sburocratizzare la città incominciando dal Sindaco. La politica non può rimanere prigioniera della mentalità immobilista propria di corpi burocratici incapaci di esercitare l’attività gestionale che pure la legge assegna loro.
Un sindaco forte della legittimazione popolare dovrà assumere su di sé la responsabilità delle scelte politiche per il raggiungimento di traguardi vantaggiosi per l’intera comunità.

Occorre una personalità di alto livello pronta ad interloquire con le altre autorità che esercitano funzioni altrettanto importanti sul territorio di Messina (Sovrintendenza, Genio Civile, autorità militari, Ferrovie, Autorità Portuale, Cas) per sciogliere i nodi che impediscono la realizzazione dei progetti di pubblica utilità, alcuni dei quali realizzabili con esclusivo capitale privato.
Dovranno essere posti traguardi realistici, non miraggi.

Non è realistico ad esempio, un programma di sviluppo della città fondato esclusivamente su risorse pubbliche in un periodo che vede i trasferimenti regionali, statali e comunitari contrarsi, e che in ogni caso, non dà certezze per il futuro.
Occorre semmai, puntare sullo sviluppo dell’economia reale, liberando per quanto possibile, le attività private dalla palude di prassi amministrative di interdizione (ad es. favorire la nascita di centri commerciali naturali e di connesse isole pedonali, stabilire protocolli tra diversi uffici per l’espletamento in tempi brevi di procedimenti amministrativi, con relative premialità per il personale e sanzionare gli appesantimenti burocratici arbitrari – vedi l’Urbanistica).

Nuove opportunità sono probabilmente offerte dalla costituenda città metropolitana per quanto riguarda gli insediamenti produttivi, che oggettivamente sono alquanto problematici nel territorio di pertinenza del Comune, ma che in un contesto più vasto possono trovare sviluppo ( vedi l’area industriale di Giammoro).

Va anche ridimensionata la pretesa di elaborare programmi di sviluppo particolareggiati, apparentemente magnifici, ma spesso elaborati senza tenere nel debito conto l’appetibilità per gli interlocutori privati investitori e, in buona sostanza, ignari delle vocazioni imprenditoriali realmente esistenti nel nostro territorio.
Programmare, in un epoca di grandi e repentine trasformazioni economiche, ha un senso se ci si pone obbiettivi essenziali di carattere generale e se si è pronti a raccogliere dall’economia reale gli stimoli e le disponibilità.
Superare la dimensione asfittica di un sindaco burocratico non significa affatto disconoscere l’importanza di un’attenzione particolare agli uffici ed al personale comunale.

Al contrario, va posta da subito la questione della dirigenza e del suo costo spropositato, mettendo mano ad una contrattazione decentrata più rigorosa sulla retribuzione d’obiettivo, sull’indennità di posizione e, in generale, sui meccanismi di valutazione del personale dirigente.
Altrettanto importante è l’introduzione di forme di flessibilità nell’utilizzo del personale, privilegiando i servizi alla città rispetto all’espletamento di mere funzioni provvedimentali attualmente prevalente.
Per un’amministrazione moderna che abbandoni l’approccio afflittivo nei confronti del personale, dovranno essere introdotte forme di maggiore flessibilità dell’orario di servizio, spesso improduttivo, ed una più precisa assegnazione di obiettivi utili alla comunità.





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