Orchestra sinfonica siciliana: “Vergognoso quanto sta succedendo, presenterò un'interrogazione”

Cracolici: “Vergognoso quanto sta succedendo all'Orchestra sinfonica siciliana, presenterò interrogazione” Palermo, 29 Aprile - “Quello che sta succedendo all'Orchestra sinfonica siciliana è vergognoso: è assurdo che dopo mesi abbiamo un presidente che si è dimesso, un’incompatibilità del Sovrintendente e un governo regionale che non prende alcuna iniziativa per ridare delle garanzie e stabilità ai vertici della Foss. Tutto questo accade in un momento nel quale la cultura viene considerata solo un poltronificio e non uno strumento per attrarre e veicolare l'immagine di una Sicilia attiva e intraprendente”.  Lo dice Antonello Cracolici, deputato Pd all'Ars e primo firmatario di un'interrogazione presentata per “Far assumere iniziative immediate e per ridare certezza a un ente – aggiunge Cracolici – mentre il governo, ripiegato su logiche di occupazione del potere, non riesce neanche a svolgere l'attività di ordinaria amministrazione. Oltretutto, vorrei ricordare

SCILIPOTI (PDL): "DELLA CRESCITA CONOSCIAMO GLI INGREDIENTI MA NON LA RICETTA"

Il testo dell'intervento tenuto dal Senatore Domenico Scilipoti, in sede di Discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, ieri 30 Aprile 2013
Roma, 01/05/2013 - Signor Presidente del Consiglio, onorevoli senatrici, onorevoli senatori, ho ascoltato, come voi tutti, con grande attenzione e interesse il programma del primo, e spero duraturo, Governo della XVII legislatura.

Prendo la parola per svolgere a voce alta la riflessione politica che mi consentirà di esprimere il personale consenso all’azione di governo prospettata nel programma politico. Se tutte le riforme di carattere economico e istituzionali, indicate nel programma del Governo, saranno messe in atto, sono certo che il nostro Paese sarebbe sicuramente sulla buona strada per ritrovare lo «spirito della crescita».

Sia ben chiaro, la crescita e lo sviluppo economico non sono il risultato di un’equazione matematica e le scelte di politica economica possono, solo in parte, prevedere la crescita e lo sviluppo.
Come dice Bob Solow, forse il più illustre studioso di questi temi, «della crescita conosciamo gli ingredienti, ma non la ricetta esatta».

È evidente che in Italia mancano oggi molti ingredienti per tornare a crescere e queste riforme-ingredienti sono una condizione necessaria, anche se magari non sufficiente, perché ritorni il vento della crescita.
Per tornare a crescere è necessario investire. Questo non significa necessariamente trovare le risorse finanziare per costruire ponti, autostrade di asfalto o autostrade digitali. Significa soprattutto investire in riforme che cambino il funzionamento della nostra economia. L’Italia è un paese ingessato anche e soprattutto perché è un paese «vecchio», nello spirito riformatore ancor più che nella demografia.

Occorre investire in riforme a costo zero. Esistono moltissime e importantissime riforme che si possono fare «senza aumentare di un solo euro il debito pubblico». Queste riforme richiedono solo di investire capitale politico nel costruire il consenso necessario per portarle a termine, perché ogni intervento che altera uno status quo consolidato inevitabilmente scontenta qualcuno. Una classe politica all’altezza può farcela. Gli ostacoli possono essere rimossi.
La prima riforma a costo zero che propongo intende favorire e migliorare l’accesso al credito alle famiglie e alle piccole e medie imprese. È urgente e necessaria una riforma che preveda la netta separazione tra le banche commerciali e le banche d’affari. La riforma consentirà alle banche commerciali di impegnarsi esclusivamente nella concessione di credito alle imprese e alle famiglie, lasciando ad altri intermediari finanziari le attività bancarie di trading.

Negli Stati Uniti del New Deal una riforma in tal senso (la legge Glass-Stagall Act del 1933) fu adottata come risposta alla grande crisi del 1929 ed è rimasta in vigore per circa settanta anni. In seguito è stata soppressa nel 1999 durante la presidenza Clinton (Gramm-Leach-Bliley Act) e tale intervento è stato considerato al tempo stesso causa e moltiplicatore di quel processo di finanziarizzazione dell'economia che, insieme alla mancanza di controlli adeguati, ha determinato gli squilibri che sono alla base dell'attuale crisi.
In Italia la legge elaborata da Donato Menichella nel 1936, oltre a stabilire una analoga separazione, poneva dei limiti molto stretti tra attività bancarie a breve e quella a medio lungo termine. Alle banche commerciali era poi proibito detenere quote di partecipazione (ancora meno di controllo) nelle aziende non bancarie ed era altresì vietata qualsiasi attività di trading su titoli e valute. Nel 1993 è stato approvato il testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, che ha rivoluzionato l'intera struttura del sistema bancario, eliminando la distinzione introdotta nel 1936: da una regolamentazione rigorosa si passava alla «banca universale», a cui erano lasciati enormi margini di azione.

In seguito alla grave crisi finanziaria verificatasi nel 2008, soprattutto negli Stati Uniti, alcune personalità hanno incominciato ad invocare profonde modifiche del quadro normativo relativo alla struttura e all'operatività del sistema bancario. Fra questi Paul Volcker (ex Governatore della Federal Reserve) e Mervyn King (governatore della Banca d'Inghilterra), che hanno proposto di ritornare alla separazione tra banche commerciali e banche d'investimento.

In Francia, il 19 dicembre 2012 il Governo francese ha presentato al Parlamento un progetto di legge sulla separazione e regolamentazione delle attività bancarie. Il testo punta a riformare l’attuale sistema bancario francese con l’obiettivo di separare le attività bancarie “utili al finanziamento dell’economia” dalle attività “speculative”, traendo insegnamento dalla recente crisi internazionale. Il 6 febbraio 2013 la Commissione Finanze dell’Assemblea Nazionale ha approvato, con alcuni emendamenti, il
progetto legislativo ed il 12 febbraio è iniziata la discussione in Aula. La legge dovrebbe entrare in vigore nella primavera del 2015.
In Germania, nella riunione del 6 febbraio 2013 il Governo federale ha approvato il testo di un progetto di legge presentato dal Ministro federale delle finanze Schäuble, per la protezione dai rischi, la pianificazione per il risanamento e la risoluzione delle crisi di istituti di credito e di gruppi finanziari. I punti chiave della nuova disciplina riguardano: la semplificazione delle procedure di risoluzione e di risanamento degli enti creditizi e dei gruppi finanziari (art. 1); la separazione delle attività bancarie di rischio da quelle di deposito (art. 2) ; l’introduzione di chiare regole sanzionatorie per i dirigenti di banche ed assicurazioni che abbiano trasgredito i propri obblighi (artt. 3 e 4). Per quanto riguarda la previsione, relativa all'entrata in vigore delle nuove disposizioni, saranno applicabili a partire dal giorno successivo alla prossima pubblicazione della nuova legge sulla Gazzetta ufficiale federale, mentre altre modifiche entreranno in vigore dopo la legge di attuazione della direttiva Basilea III nel gennaio 2014; la separazione delle sfere di attività delle banche avverrà quindi entro luglio 2015.

Tutte queste proposte di riforme prevedono che la banca, insomma, deve fare la banca, evitando operazioni speculative: il trading su valute e titoli non deve rientrare fra le sue attività. Riacquisendo la funzione specialistica, alle banche dovrebbero essere precluse le attività di banca-assicurazione e gestione del risparmio (fondi comuni di investimento e prodotti affini), che devono essere svolte invece da altri operatori, distinti dalla prima non solo sotto il profilo giuridico ma anche organizzativo. In altri termini, se il risparmiatore intende collocare i propri risparmi in un conto corrente, libretto a risparmio, certificato di deposito, pronti contro termine, si rivolge alla banca, ma non deve essere esposto ai rischi derivanti da attività speculative.

La seconda riforma a costo zero. La seconda proposta di riforma intende offrire spunti di riflessione e analisi della apparente crisi della democrazia rappresentativa, pressata dai fantomatici vantaggi che offrirebbero gli istituti e lo spirito della democrazia diretta.
Come già indicato nella recente relazione dei saggi, che sono intervenuti con proposte di riforme dell’istituto del referendum e delle proposte di leggi popolari, occorrono altri e innovativi correttivi che favoriscono innesti di democrazia diretta.
La proposta, che anche la mia personale esperienza politica mi suggerisce, non è già la riforma dell’articolo 67 della Costituzione, ma è la necessità di prevedere nel prossimo e riformato assetto costituzionale l’inserimento dell'istituto del RECALL.

Se è vero che il programma del Governo prevede modifiche della Costituzione e della legge elettorale, magari instituendo i collegi uninominali, in queste condizioni, avrà rilevanza politica l'istituto del RECALL, già da un secolo previsto negli Stati Uniti.
L'istituto del RECALL consente, con un’ampia raccolta di firme tra gli elettori, di revocare anzitempo gli eletti immeritevoli, come accade in California, ma anche in altri diciotto Stati dell'Unione, e in Canada, Giappone, Svizzera e vari paesi latino-americani.
Il RECALL prevede, dopo un periodo successivo alla elezione di un parlamentare, di "richiamarlo" se non ha operato correttamente. "La funzione del RECALL, secondo il prof. Michele Ainis, è quella di utilizzare uno strumento di democrazia diretta per rendere più autorevole la democrazia rappresentativa".

Il RECALL non fu però, e non è tuttora, solo una sporadica vicenda nordamericana. Innanzitutto è doveroso citare l’episodio de la Comune di Parigi del 1871, in una Francia ancora provata dalla guerra Franco-Prussiana, dove i cittadini avevano il potere di revocare in ogni momento qualunque pubblico ufficiale. Da questa esperienza, Marx trasse l’opportunità per scagliarsi contro la teoria generale del libero mandato parlamentare, consolidatasi da tempo nell’Europa liberale ottocentesca. Il filosofo di Treviri teorizzò la necessaria imperatività del mandato elettorale e la revocabilità in qualsiasi momento degli eletti. Agli inizi del XX secolo anche Lenin si richiamò all’esperienza comunarda francese e alle successive critiche di Marx al libero mandato parlamentare. La concezione del mandato vincolato fu poi inserita nella Costituzione della Repubblica Socialista federativa Sovietica Russa del 1918 e via nelle successive, fino ad arrivare alla Costituzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche del 1975.

In un contesto simile però, la possibilità di revoca si rivelò uno strumento più al servizio del partito unico, interessato a fare tacere eventuali dissidenti, che non della popolazione. Il RECALL è previsto inoltre nella Costituzione giapponese del 1946 con riferimento sia ai funzionari della pubblica amministrazione sia ai giudici. In alcuni paesi dell’America latina il RECALL è stato introdotto in un’opera di più ampio respiro atta a sviluppare e rafforzare le diverse forme di democrazia diretta e partecipazione popolare alla res publica.
Anche nei paesi dell’America latina l’istituto è visto come un modo per consolidare il rapporto tra elettori ed eletti, cercando di far diventare reale la responsabilità politica dei rappresentanti del popolo.

Nel contesto della nostra struttura costituzionale, la mia proposta di istituire il RECALL, sono certo che potenzierà e sosterrà l'articolo 67 della Costituzione, a cui sono particolarmente e personalmente legato.
Non bisognerà modificare, come sostengono i fan della democrazia diretta, l’articolo 67 della Costituzione, eliminando il divieto del mandato imperativo, formulato dall’irlandese Edmund Burke il 3 novembre 1774 con il famoso “Discorso agli elettori di Bristol”, che invece deve essere considerata una conquista irrinunciabile delle democrazie liberali.
Solo per memoria di tutti ricordo i casi di coscienza di Calamandrei, di Codignola e di altri 7 deputati che nel 1953 infilarono una zeppa dentro l’ingranaggio della cosiddetta «legge truffa». Dal Patto Atlantico al divorzio, dalla Guerra del Golfo agli euromissili, l’articolo 67 ha rappresentato sempre l’antidoto al pensiero unico, la ragione vera e forse unica per tenere aperto un Parlamento.
È la modernità, con i suoi strumenti, che stabilirà il discrimine tra la rappresentanza d’interessi dalla rappresentanza politica. Sarà l’istituto del RECALL, se la proposta di riforma troverà il consenso che mi aspetto, che consentirà ai cittadini elettori, e non a un capo-partito, di stabilire caso per caso il nuovo discrimine.

Concludo, confermando il mio consenso alla nascita del nuovo Governo e, parafrasando un’espressione di kennediana memoria, confido che presto ciascun italiano «si chieda non tanto cosa il governo potrà fare per far tornare a crescere il paese, ma anche e soprattutto cosa ciascuno di noi potrà fare per far tornare a crescere il paese».

Commenti

  1. A parlare siamo tutti bravi, e' nel fare che cade l'asino!!!
    Questo e' uno di quelli che in parlamento ha votato che Ruby era nipote di Mubarak.

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